Capitolo 43

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«Che cosa mi preparerai per cena?» domanda smanioso Zayn, tenendo saldamente la mia mano nella sua, incrociando le dita alle mie mentre camminiamo diretti al supermercato.

«Non lo so, che cosa ti va?» chiedo guardandolo per un attimo.

«Un risotto che non costa quarantotto dollari?» fa spallucce con un sorriso provocatorio.

«Sai quanto tempo ci vuole per preparare un buon risotto ai funghi?» mi lamento io scuotendo la testa velocemente.

«Ti prego!» mi supplica estendendo le vocali, quando mi volto verso il suo profilo posso vedere che ha piegato le labbra in un tenero broncetto ed ha ingrandito gli occhi.

«Non funziona con me, Malik.» gli tiro una leggera spinta facendolo cadere dal marciapiede, per un attimo, sulla strada vuota.

«E questo funziona?» mi prende dei fianchi per voltarmi e stringermi a lui, i nostri bacini sono attaccati e sono sicura che il mio prema sulla ferita che ha in un angolo dell'addome.

Si inumidisce più volte le labbra passandoci sopra la lingua, poi si avvicina con lo sguardo basso sulla mia bocca e i denti che torturano insistentemente la sua. Mi accarezza il fianco nonostante la giacca non mi lasci percepire molto il suo tocco, poi scende dietro la schiena e mi afferra un gluteo coperto dai caldi pantaloni della tuta, facendomi sussultare quando una signora passa e ci osserva un po' indignata.

Lo spingo via con una risata divertita e lui finge di esserne offeso, poi prende di nuovo la mia mano e culla il mio braccio muovendo il suo.

«Allora?» indaga lui mentre ricominciamo a muoverci.

«Non è male come inizio,» ammetto io mordendomi il labbro, «forse a casa potresti continuare e potrei decidere di farti il risotto.»

«Sei proprio instancabile tu, eh?» mi provoca sogghignando finché io vedo il Paradise davanti a noi e lui segue il mio sguardo per capire che cosa fisso.

Davanti a me c'è il locale in cui ho lavorato per quattro lunghi anni. Nonostante siano solo le sei del pomeriggio, l'insegna è già accesa e ben visibile, mentre la luce bianca lampeggia alternandosi a quella rossa ed io immagino Paulina che prepara i tavoli, Jen che appende i costumi, riordina il camerino, segna le ultime cose sulla sua agenda di pelle marrone.

«Ti manca?» mi chiede Zayn non appena ricominciamo a camminare, ancora mano nella mano anche se ora non la stringe più.

«No!» mi affretto a dire e lui si volta alzando un sopracciglio come se avesse capito che sto mentendo, «Forse un po'...» rettifico io e faccio sparire le labbra all'interno della bocca.

«Credevo che odiassi lavorare lì.» insiste lui e dalla sua espressione posso capire che è confuso.

«Odiavo dovermi spogliare davanti a quegli uomini, odiavo le stanze, odiavo il corridoio.» concordo io annuendo appena, «Ma questo posto mi ha fatta crescere.»

«Cioè?»

«Sono arrivata qua a diciotto anni appena compiuti, ero totalmente persa perché mia madre ci aveva appena abbandonate, ero timida, impacciata e non avevo idea di cosa fare.» inizio a raccontare io, lascio la mano di Zayn per raccogliere i miei lunghi capelli e faccio un lungo respiro prima di continuare, «E piano piano, nonostante le difficoltà, mi sono rialzata, ho superato la morte di mio padre, l'abbandono di mia madre, il fatto che io e mia sorella fossimo sole... Sono diventata quella che sono oggi grazie al Paradise.»

«Quel posto ha fatto davvero un gran bel lavoro, allora.» mi rivolge un dolce, tenerissimo sorriso.

«È merito delle ragazze che ci lavorano. Per quattro lunghi anni, Jen mi ha fatto da mamma portandomi i maccheroni al formaggio perché mi vedeva troppo magra, Sharon era come una sorella maggiore e mi stava accanto, mi faceva regali su regali, e Paulina mi ha aiutata così tanto con Amanda...»

«Sono state la tua famiglia.» osserva Zayn annuendo lentamente.

«Nel momento in cui ne avevo più bisogno... Il peggiore della mia vita.» specifico io e avvolgo di nuovo la mia mano attorno a quella del mio ragazzo.

«Ti capisco, Kevin è stato la mia famiglia.» si confida lui e accarezza la mia pelle con il pollice.

«Ah sì?»

Lui annuisce con decisione, «Kevin è come un secondo papà per me. Si è preso cura di tutti noi quando mio padre è morto e poi si è occupato di me quando... Quando ho perso tutto.»

«Hai mai pensato a quante cose abbiamo in comune?» chiedo io alzando le sopracciglia in una smorfia sorpresa, «È incredibile!»

«È vero. » concorda lui sghignazzando, «Non avrei mai pensato di avere qualcosa in comune con te quando ti ho vista le prime volte.»

«Non dirlo a me! Mi sembravi un bellissimo riccone pieno di te che buttava i suoi soldi per una notte con una spogliarellista.»

«E tu una bellissima spogliarellista piena di te che buttava i numeri di telefono dei ricconi non appena usciva dal locale.» ribatte con sicurezza ed entrambi scoppiamo a ridere.

L'aria fredda colpisce i nostri visi mentre, continuando a scherzare, arriviamo al supermercato quando il sole è già calato e si sta facendo buio.

«Ho avuto un'idea.» annuncia Zayn con aria soddisfatta mentre percorriamo una corsia dell'illuminatissimo supermarket, «Perché non andiamo al Paradise stasera?»

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