Capitolo 7

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Sono seduta da almeno dieci minuti in un bar piccolo e carino in una famosa via di New York, come ho stabilito con Zayn ormai una settimana fa.

Sono stati giorni davvero complicati, tra Amanda che è entrata in clinica e io che ho dovuto raccogliere le mie cose e salutare per sempre il Paradise. Anche se odiavo quel lavoro, non è stato facile dire addio all'ambiente che mi ha accolta per quattro lunghi anni e alle persone che sono state praticamente una famiglia per me.

A Jen che ha sempre avuto un sorriso affettuoso quando le cose non andavano bene, a Sharon che mi ha accolta da subito e mi ha insegnato tutto quello che so, mi è sempre stata accanto e mi ha sostenuta sul lavoro e fuori dal lavoro. E anche a Paulina, senza la quale non avrei superato neanche i primi mesi con Amanda, quando non sapevo neanche di dover pagare la scuola, le bollette. Devo molto a tutte loro.

«Scusa per il ritardo.» la voce potente ed impostata del bel moro lo precede quando, dalle mie spalle, compare bello ed elegante come sempre nel suo cappotto nero e nei suoi pantaloni blu.

Lascia una scia di profumo mentre mi supera, si toglie la giacca rivelando una camicia bianca e poi si siede di fronte a me.

«Ho delle condizioni.» inizio a dire quando, dopo aver ordinato un caffè, mi rivolge la sua completa attenzione.

«Sarebbe a dire?» domanda esaminandomi con i suoi grandi, intensi e magnetici occhi.

«Nessuna prestazione sessuale, i clienti devono sempre indossare i pantaloni e non avrò alcun contatto con loro senza indossare gli slip.» lo informo a bassa voce, alzando le dita della mano per tenere il conto.

«Assolutamente, non ti chiedo di prostituirti. Quello che ti chiedo è di flirtare e intrattenere uomini esattamente come facevi al club, ma ad alcune feste private, qualche riunione o ad alcune serate particolari.» mi spiega e poi beve un sorso di caffè.

«Voglio essere pagata in anticipo e voglio avere sempre qualcuno che si occupa della mia sicurezza, che intervenga nel caso in cui le cose si mettessero male.» continuo io spostando i miei lunghi capelli castani da una spalla all'altra.

«I soldi non sono un problema e sarai sempre al sicuro.» accetta lui reggendo il mio sguardo con le sue bellissime iridi che, grazie ad un raggio di sole che le illumina, sembrano color caramello. Senza volerlo, un sospiro esce dalle mie labbra socchiuse mentre ammiro i suoi lineamenti.

«Va bene.» faccio sì con la testa. Vorrei potermi fidare di lui ma non posso fare a meno di essere dubbiosa e preoccupata.

«Te lo prometto.» scandisce bene, come se riuscisse a capire che non sono molto convinta, i suoi occhi incontrano i miei e ci fissiamo per un po', come se nessuno dei due potesse guardare altrove.

Mi limito ad annuire, mordicchiando nervosamente l'interno della mia guancia, per un attimo che sembra lunghissimo mi sento rapita dal suo sguardo enigmatico e sensuale, la sua espressione non lascia trasparire i suoi pensieri e le sue sensazioni ma non posso fare a meno di continuare a guardarlo. Perché mi fa questo effetto?

«Anche io ho delle condizioni.» interviene poi guardando altrove per un momento, versa un po' d'acqua nel mio bicchiere e poi nel suo, portandolo poco dopo alla bocca.

«Sentiamo.» gli faccio un cenno con il capo per fargli capire che lo sto ascoltando.

«Preferirei che tu ti trasferissi a casa mia, almeno per i primi tempi. Quasi tutte le persone che lavorano con me vivono lì.» mi spiega con calma, la sua mano passa attraverso i suoi folti capelli mossi e li pettina, «Ovviamente avrai la tua stanza e tutta la privacy di cui hai bisogno.»

«Per controllarmi?» lo provoco aggrottando la fronte e incrociando le braccia al petto lasciandomi andare all'indietro contro allo schienale della panca.

«Per assicurarmi che tu sia sempre al sicuro.» si giustifica senza scomporsi, facendo spallucce.

«Ora non avrei problemi ma...» i miei denti torturano nervosamente il mio labbro cercando le parole giuste, «Tra un paio di mesi avrei bisogno di ritornare a casa...»

«Potrai tornare a casa quando vorrai, non sei in una prigione.» scuote la testa velocemente come se fosse ovvio, lasciandosi scappare una risatina.

«Va bene.» acconsento controllando ogni sua mossa per capire se fidarmi o meno della persona di fronte a me. E giungo alla conclusione che non mi fido.

«E poi, cosa fondamentale, discrezione.» ora mi guarda così intensamente che mi sembra che i suoi occhi siano diventati addirittura più scuri, alza un po' il mento guardandomi, anche lui mi sta analizzando.

«Discrezione?» ripeto con una smorfia confusa dipinta sui tratti tesi e seri del mio viso.

«Ti capiterà di conoscere alcune persone, ascoltare accordi e affari importanti, alcuni non del tutto legali.» ammette e io sgrano gli occhi ripensando alle parole di Jen che, a quanto pare, aveva ragione, «Nessuno deve sapere niente.»

«Che tipo di affari illegali?» lo interrogo sfregando nervosamente i palmi delle mie mani sul materiale ruvido dei jeans, «Non voglio entrare in giri strani.»

«Oh, nulla di cui dovrai preoccuparti e, soprattutto, di cui dovrai parlare.» taglia corto, il suo sguardo pungente come non mai, quasi cattivo.

La sua espressione è seria mentre si guarda attorno con aria disinvolta, le sue labbra sono serrate e la sua mano ha iniziato a fregare insistentemente la sua barba curata, come se fosse pensieroso. Sistema il colletto della camicia e poi si lascia andare con la schiena contro alla panca, sembra aver trovato una posizione piuttosto comoda quando ricomincia a squadrarmi con insistenza, impenetrabile ed indecifrabile come sempre.

«Non ti pago così tanto solo per un paio di mosse sensuali. Ti pago soprattutto per essere discreta.» insiste dopo aver passato parecchio tempo in silenzio, a fissarmi, mentre entrambi cercavamo di capire il più possibile l'uno dell'altra, solo dallo sguardo.

«Sarò discreta.» accetto con decisione e annuisco velocemente, mi serve questo lavoro più di qualsiasi altra cosa e, finché verrò lasciata fuori dai suoi affari illegali, non mi interessa di cosa fa.

«Bene.» annuisce lui con un sorrisetto soddisfatto, «Prepara le tue cose, manderò un auto a prenderti nei prossimi giorni.»

Si alza per infilare il suo cappotto, lanciare una banconota sul tavolo e mettere il suo cellulare nella tasca dei suoi pantaloni. Mi rivolge un'ultima occhiata e poi, a passo lento, si avvicina, si piega leggermente e le sue labbra raggiungono il mio orecchio, facendosi posto attraverso i miei folti capelli mossi.

«Voglio darti fiducia Chloe, ed è sempre meglio non tradirla.» conclude in un sussurro talmente profondo da gelarmi il sangue. Sembra divertito e, quando se ne sta andando, lo osservo per trovarlo con una smorfia furba dipinta in volto mentre cammina con aria sicura e decisa.

Rimango seduta a sospirare per lui un'altra volta e, poco dopo, sento il rumore del motore della sua costosa auto che sfreccia immettendosi nel traffico della caotica New York.

Sto facendo la cosa giusta?

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