Capitolo 41

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«Ci vediamo presto, ok?» saluto Sharon quando sta per andare, dopo una lunga cena in cui abbiamo chiacchierato del più e del meno, proprio come due amiche che non si vedono da un po' di tempo. Sono contenta di aver recuperato il rapporto con lei dopo la discussione dell'altro giorno e, stare un po' insieme, mi ha aiutata a distrarmi dalla lite di ieri.

«Sì, promettimi che parlerai a Zayn della festa.» si assicura lei in un abbraccio, mentre mi stringe forte a sé.

«Sì, certo.» rispondo a bassa voce mentre i suoi capelli mi solleticano il viso e le sue mani accarezzano la mia schiena. Perché è così importante questa festa per Sharon?

Le faccio un cenno con la mano quando esce, poi chiudo la porta non appena la vedo scendere le scale del condominio, sparecchio la tavola mettendo i piatti nel lavello e gli avanzi dei noodles nel frigorifero, poi passo la spugna sulle superfici bianche della cucina.

Stanchissima, spengo tutte le luci del salotto e mi dirigo in bagno per lavarmi i denti e rinfrescarmi il viso prima di indossare il mio pigiama e infilarmi sotto alle coperte, non potendo fare a meno di pensare al fatto che non ho visto e sentito Zayn per tutto il giorno.

L'idea che la nostra relazione possa essere rovinata dalla discussione di ieri sera mi provoca una dolorosa fitta allo stomaco e un nodo alla gola. Pensare che sia ancora arrabbiato mi fa girare e rigirare nel letto finché, distrutta, dopo qualche ora di infernali riflessioni, non mi lascio andare contro al cuscino e mi addormento.

Mi sveglio sentendo bussare freneticamente alla porta, mi giro su un fianco mentre i battiti continuano e sento il cuore in gola quando, sbloccando il mio cellulare, leggo l'orario sul display.

Chi viene a bussare a casa mia alle tre e mezza di notte? Mi alzo con il respiro affannato, accendendo la luce della mia camera e del corridoio, poi prendo una padella dalla credenza in cucina e mi avvicino cautamente alla porta.

«Chi è?» provo a chiedere con la voce spezzata dalla paura ma non ricevo risposta.

Il salotto non è illuminato e solo ora mi rendo conto che, forse, sarebbe stato meno inquietante se avessi acceso anche il lampadario sopra di me. Con l'ansia che cresce nel mio stomaco, cammino lentamente, giro la chiave nella serratura mentre deglutisco a fatica, poi abbasso la maniglia e, mentre spalanco la pesante porta, alzo il braccio per tenere in alto la padella, non sicura di riuscire a scaraventarla contro qualcuno nel caso di pericolo. Sei la ragazza di un criminale, penso per darmi coraggio.

«Zayn!» esclamo sollevata, abbassando anche l'utensile, mentre il mio respiro lentamente ritorna ad essere normale e provo un senso di liberazione mentre squadro il mio ragazzo, «Zayn!» ripeto, ma con il tono completamente diverso da prima, terrorizzato e molto preoccupato, non appena vedo del sangue colare dalla sua guancia.

Lo esamino nonostante la poca luce. È in piede, appoggiato allo stipite della porta e leggermente piegato in avanti: un taglio è aperto sul suo viso, la sua maglietta bianca è colorata di chiazze di un rosso scuro mentre cerca di nasconderla con una felpa che tiene semichiusa con le mani. Mi porto una mano alla bocca spalancata, sgranando gli occhi mentre fanno su e giù per tutto il suo corpo, con la paura di trovare altre ferite. La sua espressione è dolorante mentre il suo sguardo non ha il coraggio di incontrare il mio.

Lo prendo dal braccio e lo tiro dentro, sporgendomi per controllare che nessuno lo abbia visto stare, tutto sanguinante, sul pianerottolo di casa mia.

Chiudo la porta ed accendo la luce e, quando lui lascia la presa sulla sua giacca leggera, posso notare che la situazione è più grave di come avevo previsto poco fa.

«Dio mio, ma cosa ti è successo?» mi rivolgo a lui portandomi una mano alla bocca, con gli occhi sgranati, per poi mettermi a frugare in un mobiletto cercando la scatola dove tengo le garze e i cerotti.

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