Capitolo 15

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Ho acconsentito a seguirlo a patto che dopo mi riporti a casa mia e mi lasci in pace e lui, stranamente, ha accettato.

Adesso riesco a distinguere gli alberi e i rami a terra grazie alle prime luci del mattino, mentre l'aria fredda colpisce il mio viso e, nonostante io abbia ancora la coperta ad avvolgermi le spalle, anche il corpo. La terra sotto di noi è molto umida e per poco non cado quando il tacco dei miei nuovi sandali italiani affonda nella fanghiglia. Zayn, prontamente, mi sorregge prendendomi il braccio per non lasciarmi scivolare e io abbozzo una smorfia riconoscente che scompare subito non appena ricordo che poche ore prima mi stava stringendo lo stesso braccio per trascinarmi con forza dentro casa, facendomi male.

«Dove stiamo andando?» chiedo piuttosto impaziente, voglio solo tornare a casa, togliermi queste scarpe doloranti e trovare un nuovo lavoro, dimenticandomi di tutto questo.

«Ci siamo quasi.» mi fa segno di seguirlo, non riesco a capire se sia esaltato o teso.

«Non riesco a credere di essere in un bosco con una coperta addosso e con questi tacchi e soprattutto con-» mi lamento bofonchiando tra me e me.

«Con un criminale?» mi precede come se mi leggesse nella mente, si ferma un attimo per guardarmi mentre lo dice, posso quasi percepire l'amarezza nei suoi occhi nonostante la poca luce.

Mi mordo il labbro per non rispondere alla domanda e abbasso lo sguardo, non so bene per quale motivo. Non mi sento affatto in colpa a definirlo tale, è quello che è. Io sono una spogliarellista e lui è un criminale, è un dato di fatto.

Seguo il suo sguardo quando gira la testa e ammiro ciò che stava guardando con aria sognante: dal nostro punto di vista si riesce a vedere gran parte della città anche se è ancora spenta, come se dovesse ancora risvegliarsi. L'alba colora il cielo con un insieme di sfumature in grado di lasciare senza fiato, il rosso insegue il giallo, si mescola con il blu, con l'arancio, mentre il sole è ancora pallido. Le prime luci del giorno si fondono a quelle dei pochi edifici già illuminati, a quelle delle strade, delle auto che sfrecciano in vie non molto trafficate. Da qualche parte, laggiù, c'è anche casa mia, quella di Zayn, il Paradise, l'hotel della sparatoria, la clinica in cui è Amanda, ma per qualche strano motivo è come se tutti i problemi rimanessero laggiù, lontani da me. Riesco quasi a svuotare la mente, a rilassarmi.

«Che ne pensi?» mi chiede Zayn dopo essere rimasto parecchio tempo in silenzio accanto a me, contemplando anche lui la bellezza e la pace di questo posto.

«È bellissimo.» ammetto io sedendomi su una piccola ed irregolare roccia, «Sembra un posto magico.»

Lui si limita ad annuire e si siede vicino a me con le gambe stese in avanti, lascia uscire un sospiro liberatorio dalle sue labbra e continua ad ammirare il panorama davanti a noi. Mai come in questo momento vorrei poter leggere nella mente e riuscire a capire cosa gli passa realmente per la testa.

«Come hai trovato questo posto?» domando curiosa dopo un po', quando il sole ha ormai già preso più colore e il cielo si sta schiarendo.

«È una storia lunga e banale.» sembra imbarazzato. Non so se preferisce non parlarne o se non vuole annoiarmi.

«Beh, io ho tempo.» faccio spallucce provocandogli una risatina silenziosa, incrocio le gambe per essere più comoda e sistemo meglio la coperta siccome si sta alzando un vento freddo.

«Avevo sedici anni.» comincia dopo essersi schiarito la voce, poi passa la lingua sulle labbra per inumidirle e continua, «Mio padre era appena morto e io, mia madre e mio fratello siamo venuti a nasconderci qua.»

«Mi dispiace.» sussurro d'impulso, lui mi rivolge un sorriso dolce. Devo ammettere, almeno a me stessa, che è uno dei sorrisi più belli che io abbia mai visto.

«Una notte non riuscivo a dormire e sono uscito per prendere un po' d'aria. Mio fratello mi ha seguito e siamo rimasti tutta la notte seduti qua, dove siamo ora, a parlare.» il suo tono di voce è calmo, profondo, non è impostato come la maggior parte delle volte e mi stupisce il fatto che anche il freddo, distaccato Zayn provi delle emozioni e che sappia condividerle. «Siamo rimasti qua fino all'alba e ho scoperto la magia di questo posto.»

«Non è per niente una storia noiosa. È molto bella.» ammetto trovando il coraggio di guardare il suo profilo che sembra disegnato, quando si volta e i nostri occhi si incontrano è come se ci creasse una connessione tra di noi.

«Mi dispiace realmente per quello che è successo, non volevo metterti in pericolo...» mormora e toglie la coperta dalle sue spalle per posarla sulle mie quando una folata di vento freddo mi fa tremare.

«Avevi promesso.» replico a bassa voce, tenendo gli occhi sulle mie gambe mentre sono sicura che mi stia guardando, «Faceva parte delle mie condizioni e tu mi avevi promesso che sarei sempre stata al sicuro.»

«Lo so.» annuisce lui lentamente chiudendo gli occhi per un attimo, «Quello che è successo non sarebbe dovuto succedere, è stato un incidente, ma sai perché non ti è successo niente? Perché ero lì e non l'avrei permesso.»

Lo esamino per un attimo mentre, stranamente, i muscoli del suo viso sono rilassati, le sue labbra non sono fastidiosamente serrate o imbronciate e la fronte non è corrugata. Sorrido nel sapere che, forse, voleva proteggermi mentre lui, bellissimo come sempre, è concentrato a fissare un punto davanti a lui, pensieroso.

«Farei di tutto per la sicurezza della mia squadra.» si affretta a precisare non appena si volta e io ritorno immediatamente seria per non fargli credere di essermi fatta chissà quali illusioni.

E poi perché dovrei illudermi? A me nemmeno interessa di quello che farebbe o non farebbe per me, io non lavorerò neanche più per lui.

«Ma certo.» farfuglio io comprensiva, anche se un po' delusa.

«Chloe-» mi chiama per costringermi a guardarlo, la sua mano si appoggia delicatamente alla mia coscia coperta dalla lana blu, «non posso prometterti che quello che è successo in hotel non succederà di nuovo, ma posso prometterti che io e il resto della squadra faremo il possibile per far sì che non ti capiti niente.» Riecco il solito tono impostato da persona fine ed elegante, da capo che parla alla sua dipendente, non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo.

«E poi stasera Lorenzo prepara la pizza, non puoi perdertela!» alza un sopracciglio e attorciglia le labbra per trattenere un sorriso.

«Non ti arrenderai, vero?» lo squadro con una lieve smorfia divertita e lui scuote la testa alzandosi e porgendomi le mani per aiutarmi.

Le afferro e mi tiro su prima di continuare, «Sei fortunato, vado matta per la pizza. La assaggerò e poi deciderò.» concludo facendo spallucce, provocando una risata ad entrambi.

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