Capitolo 19

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Non riesco ancora a realizzare di essere su un aereo privato e di stare per atterrare a Dubai, non vedo l'ora di dirlo ad Amanda quando uscirà dalla clinica e vedere la sua reazione di sgomento. Magari potrei tornarci con lei se continuerò a lavorare per Zayn e la mia situazione economica si stabilizzerà.

Sarà difficile riabituarsi a viaggiare nella scomoda classe economica di un aereo in cui servono riso bianco, pane e burro per pranzo, al posto di un jet su cui si può sorseggiare costoso champagne.

Mi guardo attorno per l'ennesima volta notando l'ambiente immacolato ed elegante intorno a me. Il piccolo aereo ha una predominanza di colore panna, ci sono otto comodissimi sedili in tutto, dotati di ogni comfort e di una piccola televisione per ogni posto a sedere, grazie a cui sto guardando Il Diavolo Veste Prada. Davanti a me, su un tavolino, ho un calice con ancora un po' di champagne, una rivista e i resti di un pezzo di torta che stavo mangiando poco fa.

Di fianco a me, invece, da una parte ho la vista meravigliosa del cielo con le nuvole bianchissime che ci fanno strada, dall'altra ne ho una ancora migliore: Zayn che dorme con la testa appoggiata alla parete dell'aeroplano, lasciando il suo cuscino bianco inutilizzato.

"C'è una ragione per cui il mio caffè non è ancora qui? È morta per caso?" si lamenta Miranda Priestly nelle mie cuffie mentre il capitano annuncia che atterreremo tra poco, svegliando anche il mio capo.

«Mi sono addormentato...» osserva raddrizzando la schiena, mi rivolge un lieve ed imbarazzato sorriso mentre piega la testa da una parte e dall'altra, forse il suo collo è dolorante per colpa della posizione scomoda.

«In effetti non sei stato di grande compagnia.» lo prendo in giro sogghignando e poi finisco l'ennesimo calice di vino, ormai ho perso il conto di quanti ne ho bevuti per il nervosismo.

La gentilissima hostess sgombra il tavolino prima di richiuderlo e, in pochi minuti, le ruote toccano terra e la pista dell'aeroporto ci porge il benvenuto a Dubai.

«È la prima volta che vieni qua?» domanda Zayn quando siamo già sull'auto che ci accompagnerà al nostro hotel.

«Oh, no, ci vengo almeno una volta alla settimana per fare un po' di shopping.» rispondo, il sarcasmo colora ogni mia parola provocandogli un risata divertita.

«Ti ho già detto che sei proprio simpatica?» ironizza lui e, non so se è merito del viaggio, ma sembra molto più rilassato, sciolto e divertente.

«Sì, poco dopo avermi trascinata dal braccio, se non ricordo male.» gli ricordo facendo spallucce.

«Ti conosco da poco, ma posso affermare con certezza che non sei affatto una persona rancorosa.» replica in tono beffardo ed entrambi cerchiamo di contenere una risata.

«Uno dei miei tanti talenti.» scherzo spazzolando vanitosamente le mie spalle con una mano.

Mi volto per ammirare la splendida città dal finestrino: i grattacieli ci lasciano passare, alzandosi fino a fondersi con le nuvole.

«Bella, simpatica e anche brava a girare attorno a un palo.» continua lui alzando l'angolo della carnosa e rosea bocca, «Cos'ho fatto per meritarmi tutto questo?»

So che probabilmente sta solo continuando a prendermi in giro, ma un sorriso spunta inevitabilmente sulle mie labbra non appena sento i suoi complimenti, spero con tutta me stessa che lo pensi davvero.

«Hai pagato.» ribatto lasciandomi andare con la schiena contro alla pelle nera dei sedili della grande Range Rover.

Capisco che siamo arrivati a destinazione quando un maestoso cancello si apre per lasciarci entrare, facendoci raggiungere un'imponente fontana con attorno tanta vegetazione. Scendiamo mentre l'autista prende i nostri bagagli lasciandoli ad un ragazzo con un simpatico cappello rosso, e percorriamo un tappeto che ci fa strada fino alla porta scorrevole che si apre davanti ai miei occhi increduli.

Mi aspettavo il lusso sfrenato, ma questo hotel supera ogni mia aspettativa. Veniamo accolti in una hall dal pavimento di marmo chiaro che gira tutt'attorno ad un salottino con un tappeto bordeaux, divanetti scuri con stampe dorate e, al centro, un'altra fontana con l'acqua che sgorga e crea un piacevole fruscio. Una ragazza ci porge il benvenuto quando arriviamo al bancone della reception dello stesso materiale del pavimento, mentre due uomini ben vestiti ci seguono con le nostre valige.

Zayn saluta calorosamente i ragazzi, facendomi intuire che è un posto che frequenta spesso, poi firma un paio di fogli e si fa consegnare le chiavi. Ci avviamo verso una grande scalinata che rende l'albergo un luogo estremamente regale, entriamo nell'ascensore che ci porta al ventunesimo piano.

Il profumo di Zayn, nonostante il lungo viaggio, è come sempre piacevole ed intenso. Ne approfitto per specchiarmi: il trucco se ne è completamente andato e sono pallida, i capelli sono crespi per colpa dell'umidità e i miei jeans preferiti, sicuramente comodi, non mi sembrano più molto belli ora.

L'ascensore si apre emettendo un suono, noi usciamo e io seguo il mio capo per un lungo corridoio dalla moquette di colore rosso scuro, muri tappezzati da qualche stampa dorata e piccole lampade dalla luce debole che creano un ambiente intimo ma estremamente chic.

Zayn si ferma davanti alla stanza 820 e appoggia una carta di fronte ad un chip per aprire la porta.

«La mia carta?» domando dubbiosa prima di lasciarlo entrare nella stanza.

Lui si blocca, si volta e aggrotta la fronte in un'espressione confusa, «La tua carta? Questa è la tua carta.» mi mostra quella che tiene tra le mani.

«Indendi dire che abbiamo la stessa stanza?» chiedo sgranando gli occhi, sono troppo sorpresa per capire se ne sono contenta.

«S-sì, non ho pensato di prenotare due camere...» sfrega la sua barba con la mano, capisco che è terribilmente a disagio, «Se vuoi possiamo chiederne un'altra...»

«Oh, n-no, non importa.» scuoto velocemente la testa facendo un gesto con la mano per fargli capire che è tutto a posto. Sicuramente non potrei permettermi neanche un bicchiere d'acqua in questo hotel e non voglio costringerlo a spendere soldi per un'altra stanza.

O forse, semplicemente, l'idea di dormire con lui non mi dispiace poi così tanto.  

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