Capitolo 24

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«No, no!» scuoto la testa velocemente, con convinzione.

«Vai!» una voce potente e leggermente roca grida alle mie spalle, come se mi pregasse di fare ciò che chiede.

«No, non posso.» mi lamento io inginocchiandomi a terra, le ferite sanguinanti sulle ginocchia bruciano, i palmi delle mani sono ricoperti da graffi.

«Sophia vai, sbrigati, vai!» non so a chi appartiene la voce ma comincia ad essere più familiare.

Mi alzo e faccio qualche passo indietro con cautela, con la paura di cadere, il mio sguardo sempre fisso sullo stesso punto, il mio udito attento ad ascoltare chiunque mi stia pregando di andare via. Sento le guance avvampare, tutto il mio corpo è coperto di sudore e la mia bocca si bagna di salate lacrime.

«Veloce, corri!» mi ordina la voce maschile, mi sta pregando di farlo.

Comincio a correre, inciampo e mi rialzo immediatamente per poi continuare. Non voglio farlo ma è come se le parole dell'uomo mi obbligassero, per qualche strano motivo mi fido di lui. Mi fermo per un momento, con il fiatone mentre tutto attorno a me diventa scuro, il fumo si fa man mano sempre più fitto e, voltandomi, riesco solo a vedere una figura alta, robusta.

«Papà!» grido con tutta la forza che ho in corpo, le ginocchia non mi reggono più e cado a terra, sento le lacerazioni aprirsi ancora di più.

«Chloe...» mi supplica la stessa voce, meno roca e molto più calma, non urla più.

«Papà, papà!» farfuglio dimenandomi nonostante io senta il morbido lenzuolo tra le mie dita.

«No, sono io, Zayn.» mi scuote leggermente da una spalla per farmi svegliare.

Apro immediatamente gli occhi, sgranandoli non appena lo vedo vicino a me, con l'espressione leggermente preoccupata.

Mi metto seduta, cercando di riprendere a respirare normalmente, asciugo le guance bagnate e, d'istinto, mi guardo attorno spaventata per capire che mi trovo nella lussuosa stanza, appena illuminata dalla lampada accesa sul comodino del mio capo.

Faccio spesso lo stesso incubo e mi sveglio sempre distrutta dal pianto, in un bagno di sudore, con la tachicardia e un senso di ansia che ci mette ore ed ore a passare.

«Ehi, Chloe, va tutto bene?» la voce rasserenante di Zayn mi rende leggermente più calma, scuoto debolmente la testa ma la sua espressione e le delicate carezze sul mio braccio mi tranquillizzano. Non ci pensa troppo e mi tira a lui lasciandomi appoggiare la fronte alla sua spalla e, senza indugiare, posa la mano sulla mia schiena e mi culla dolcemente. Alzo lo sguardo per un attimo per capire che è sorpreso del suo gesto tanto quanto me.

«Era solo un incubo.» cerca di tranquillizzarmi. Mi osserva con la fronte leggermente corrugata e un dolcissimo broncio che mi fa dimenticare di tutto il resto per qualche secondo.

Inoltre, le sue mani ora percorrono il mio corpo in modo delicato e fraterno, accarezzandomi quasi con la paura di provocare in me una reazione sbagliata.

«Scusa, non volevo svegliarti.» riesco a dire sottovoce mentre mi stacco da lui, molto imbarazzata.

«Non c'è problema,» scuote la testa con un sorriso, «stai meglio?»

«Sto bene.» rispondo decisa, ma la verità è che non riuscirò più a dormire e mi aspettano ore di interminabili riflessioni e ricordi.

«Ti preparo un tè, una camomilla?» domanda, sembra quasi leggermi nel pensiero o capire che, in realtà, non sto poi così bene come cerco di fargli credere.

Vorrei dirgli di no, lasciare che torni a dormire e non disturbarlo più di quanto abbia già fatto ma tutto ciò che riesco a fare è annuire. Lo seguo nella zona giorno, nella immacolata cucina bianca e mi siedo su uno sgabello, poggiando i gomiti all'isola di marmo e il mento sulle mani. Osservo Zayn che, con un'agilità che non mi aspettavo, si muove aprendo e chiudendo ante e cassetti, prendendo due tazze e due bustine di tè.

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