Capitolo 8

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I miei tacchi sprofondano un po' nella ghiaia quando scendo dalla grande e lussuosa auto che Zayn ha mandato sotto casa mia per portarmi nella sua. Un po' esagerato, ma avevo già intuito che il ragazzo è piuttosto teatrale.

Un uomo pelato, alto e robusto, vestito completamente di nero, mi scorta facendomi attraversare un grande giardino curato e recintato da una siepe tagliata alla perfezione.

Dopo aver salito qualche gradino mi ritrovo all'ingresso e il ragazzo muscoloso spalanca la porta e mi fa cenno di entrare con la testa, con l'espressione decisamente poco amichevole.

Faccio come dice e avanzo mentre lui mi segue e sembra non voler perdere nemmeno un mio movimento.

Il pavimento di finto legno risuona sotto al tintinnio dei miei sandali dal tacco basso che ho comprato solo per l'occasione, e sembra essere l'unico rumore all'interno della lussuosa villa. Due lunghi divani grigi e due poltrone abbinate sono disposti al centro della stanza su un tappeto bianco che sembra morbidissimo, a destra una grande scala dalla balaustra in vetro, a sinistra un largo e spesso tavolo in marmo circondato da eleganti sedie bianche da cui si gode della vista sull'enorme piscina grazie ad una vetrata che illumina gran parte della casa. Mi basta fare qualche passo per scorgere anche una moderna cucina, poco più indietro, divisa dal resto della stanza grazie ad un imponente arco. Non ho mai visto nulla di simile.

«Puoi sederti.» mi invita il ragazzo indicandomi una delle poltrone.

«No, grazie.» gli rivolgo un sorriso amichevole che, ovviamente, non ricambia.

«Ho detto di sederti.» ripete alzando la voce che diventa quasi roca, mi volto per vedere le sue folte sopracciglia aggrottate in un'espressione severa.

«E io ho detto no grazie.» enfatizzo le ultime parole fissandolo per fargli capire che non riesce ad intimidirmi.

Al club ho imparato a non farmi mettere i piedi in testa. Quando ero nuova, timida ed impacciata, mi sono fatta trattare male da parecchie persone, soprattutto dagli uomini, e credevo di dover soddisfare qualsiasi loro richiesta, qualsiasi ordine. Fortunatamente Jen e Sharon mi hanno insegnato a farmi rispettare e, se oggi riesco a non lasciarmi spaventare da un po' di muscoli, è solo grazie a loro.

«Come vuoi.» si arrende facendo spallucce.

Continuo a camminare per tutta la stanza e lascio passare l'indice del dito sul freddo marmo di un mobiletto accanto al muro.

«Bella casa,» mi complimento senza guardare il ragazzo, «un po' anonima se vuoi la mia sincera opinione ma non è male.»

«Puoi tornartene a casa tua allora.» sbotta chiaramente infastidito dalla mia presenza più che dai commenti sulla casa.

«Uhm, siamo un po' permalosi?» lo prendo in giro, ora voltandomi per guardarlo.

Sta per rispondere quando una voce profonda attira l'attenzione di entrambi. «Grazie Carlos, ora ci penso io.» mi volto per incontrare Zayn, capirei subito che è il capo anche se non lo sapessi già. Ha un'aura attorno a lui, sprizza potere da tutti i pori.

L'uomo si limita ad annuire e, dopo avermi indirizzato un ultimo sguardo, si congeda salendo le scale e io ne approfitto per rivolgergli un sorriso schernevole e salutarlo con la mano.

«Scusalo, non ama le novità.» sogghigna Zayn non appena rimaniamo soli, sistemando il bavero della sua giacca di alta sartoria.

«Non fa niente...» rispondo io cercando di sembrare molto meno nervosa di come, in realtà, sono anche se credo che la mia espressione mi tradisca. Perché questo ragazzo mi rende così insicura?

«Siediti pure, posso portarti qualcosa da bere?» domanda con fare cordiale ed estremamente elegante.

«Vino bianco.» annuisco io sedendomi su una delle poltrone, accavallo le gambe con fare femminile, è così scomodo che non capisco perché la maggior parte delle donne lo faccia.

Non appena sparisce in cucina oltrepassando l'arco, io lascio uscire l'aria in un lungo sospiro liberatorio che mi sembra di aver trattenuto per tutto questo tempo. Chiudo gli occhi per un momento e poi li riapro lentamente e cerco di concentrarmi il più possibile. Appoggio la borsa ai miei piedi e mi siedo composta, aspettando il mio nuovo capo che non tarda ad arrivare con due bicchieri tra le mani.

Ne approfitto per osservarlo mentre cammina verso di me: i suoi capelli sono perfettamente pettinati all'indietro, la sua barba curata delinea ancora meglio il suo viso e la sua mascella scolpita, mentre le sue labbra si piegano in un sorriso educato. È una delle persone più attraenti che io abbia mai visto.

«Ecco il tuo vino bianco.» mi porge il calice non appena mi raggiunge.

«A cosa brindiamo?» domando alzando gli occhi per guardare dritto nei suoi.

«Al destino...» propone prima di alzare il suo bicchiere. Subito dopo lo porta alla bocca per bere il buonissimo spumante, io faccio lo stesso, «E alla fiducia.»

«Alla fiducia?» ripeto io pensierosa, mi metto più comoda domandandomi che cosa intenda.

«Sì.» annuisce con convinzione, «La fiducia è la cosa più importante nella vita.»

«Dici?» alzo un sopracciglio con una lieve smorfia curiosa sulle labbra.

«Certo, pensaci. Noi non riusciremmo a fare nulla se non avessimo fiducia in noi stessi, nessuno concluderebbe un affare senza aver fiducia nella persona di fronte, non esisterebbero i matrimoni, e tu non lavoreresti per me.»

«Quindi credi che io mi fidi di te?» lo stuzzico con lo sguardo di sfida, incrocio le braccia al petto e i miei occhi si stringono in due fessure.

«E io di te.» fa sì con la testa con convinzione, «Altrimenti non ti avrei fatta entrare in casa mia. E se tu non ti fidassi di me, sicuramente non saresti venuta, non avresti bevuto il mio vino e accettato la mia proposta di lavoro.»

«A volte si tratta più di necessità che di fiducia.» controbatto distogliendo lo sguardo dal suo, il mio viso si incupisce non appena mi ritorna in mente Amanda, spero solo che stia bene.

«A proposito, ho cercato qualche informazione in più su di te...» comincia lui e si mette seduto più composto, piegandosi in avanti con i gomiti sulle sue ginocchia e le mani incrociate, «Come faccio con chiunque lavori per me.»

«E?» alzo un ciglio scuotendo leggermente la testa in confusione, fissandolo come lui sta facendo con me. Non sono per niente sorpresa del fatto che indaghi sui suoi dipendenti.

«E c'è qualcosa di strano, è come se tu non fossi esistita prima di cinque anni fa.» il suo sguardo inquisitorio pesa su di me.

Il mio cuore salta un battito non appena mi ritorna in mente il momento in cui mia madre, prima di sparire, mi ha consegnato i documenti falsi per me e mia sorella, permettendoci di ricominciare da capo, con una nuova identità e in una nuova città.

Non ho mai capito il perché, ma lei diceva che il nostro cognome ci avrebbe perseguitate, che vivere nella nostra casa non sarebbe stato sicuro e io, frastornata da tutto quello che stava succedendo, avevo semplicemente deciso di ascoltarla e diventare Chloe Smith.

«Uhm, strano!» provo a fingermi disinvolta, ma credo che lui riesca ad intuire che sono più preoccupata di come voglio fargli credere, «Come vedi non ho cinque anni e non sono nemmeno un fantasma.» mi lascio sfuggire una risatina nervosa.

«Lo vedo, e ho deciso di fidarmi di te. Spero solo di non dovermene pentire.» sussurra con la voce bassa, profonda, inviando numerosi brividi alla mia schiena. 

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