Prefazione

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Prefazione


In principio ci furono le fiamme.

Rosse, peccaminose, guizzanti. Tutto ebbe inizio con loro e tutto vi finì, come se l'intera totalità del mio mondo fosse stata ingurgitata dalla rovente bocca di un vulcano in eruzione.
Il buio mi accecava, il silenzio mi assordava mentre precipitavo sempre più giù, sempre più in basso, tra le viscere dell'abisso.
Stavo bruciando e volevo gridare, sì.
Ma con quale bocca?
Non riuscivo più ad individuare le parti del mio corpo.
Ciononostante, sentivo l'aria venirmi meno, i polmoni chiudersi e la gola raschiare. Era un dolore immenso, quello che provavo. Qualcosa di completamente disarmante. Ma per quanto cercassi la sua origine all'esterno, era pressoché impossibile individuarla: il fuoco ero io, ce l'avevo dentro e mi scorreva nelle vene al posto del sangue.
D'un tratto però, qualcosa cambiò e al crepitare delle fiamme si aggiunsero dei mugolii arrochiti. Suoni ruvidi, bassi, gutturali... più ringhi che vere e proprie voci umane. Allarmata, smisi di annaspare tra un respiro e l'altro.
Non c'era tempo da perdere: dovevo andare via, scappare lontano! Ovunque ed in qualunque luogo, purché fossi stata al sicuro da loro.
Mi feci forza e con grande fatica, cominciai a correre.
Percepivo il pericolo alle spalle, ma non avevo il coraggio di voltarmi... avevo troppa paura. Così continuai a fuggire, muovendo le gambe come un automa: era l'adrenalina a farmi andare avanti, nient'altro. Ma per quanto avrei resistito ancora? Avevo il fiato corto, la gola riarsa e la milza in fiamme.
Nel tragitto verso la salvezza, inciampai ripetutamente, rialzandomi di volta in volta sempre più fiacca, svigorita, esausta. Finché le forze non mi abbandonarono del tutto, facendomi stramazzare al suolo. Fu allora che chiusi gli occhi e quando li riaprii, mi ritrovai completamente circondata.

"Arrenditi ..." mugugnarono all'unisono, storpiando le parole con grida incredibilmente roche, graffianti.

"Arrenditi a noi...

Ed erano tanti, troppi. Un'invasione. La mole talmente vasta che non riuscivo nemmeno a contarli.
Indietreggiai disgustata, trascinandomi via con le braccia. Era assurdo... del tutto irreale! Ma loro erano lì, davanti ai miei occhi e non potevo fare a meno di credere a quello che vedevo: creature deformi, ingobbite, con arti ricurvi e scapole incredibilmente sporgenti. Se ne stavano ritti e immobili, le fauci spalancate, mentre gli occhi erano fissi su di me, intenti a divorarmi pezzo per pezzo.
Rabbrividii dal terrore, portando una mano all'altezza della bocca per fermare i conati di vomito. Poi venne il buio e mi ritrovai prigioniera, bloccata a terra sotto l'asfissiante peso dei loro corpi plumbei e putrefatti.
Le creature sfoderarono gli artigli, dopodiché cominciarono ad incidere sulla mia pelle uno strano marchio stilizzato, dalla forma ricurva, simile a dei viticci.
Le ferite che all'inizio mi furono inferte, presero gradualmente ad espandersi da sole, tingendo il mio corpo di rosso. Man mano che aggirava il seno, il disegno diventava sempre più complesso, ramificandosi in venature curve, arcane, fin troppo elaborate, per poi scendere sul ventre e percorrere tutta la gamba destra.
Il dolore era indescrivibile; talmente intenso che cominciai a urlare infinite volte, fino a sentire le corde vocali lacerarsi e bruciare all'interno della gola.
Mi tapparono la bocca, mentre dal basso si alzarono sommessi dei sussurri silenziosi, flebili versi continui recitati in una lingua aspra, dura, incomprensibile alle mie orecchie.
Poi, tutto cambiò e quei brusii si tramutarono in urla disperate, acute, assordanti.
Semplicemente insopportabili.
Sentii i timpani incrinarsi, far male da morire, finché non si aggiunse altro dolore a quello preesistente.
Restai di sasso.
Uno di loro, mi aveva appena trafitto il cuore, trapassando il petto con la mano.
Subito dopo sentii il mio ventre lacerarsi, le mie gambe spezzarsi ed il mio polso sanguinare sotto le loro zanne. Ogni cosa si dipinse di rosso, eppure non provai dolore. Non più, perlomeno.
Colta dal panico, mi chiesi che cosa stesse accadendo.
Loro potevano farmi ciò che volevano, tuttavia nulla aveva effetto perché io rimanevo comunque in vita.
Le urla di morte che mi circondavano, continuarono il loro abominevole requiem salendo di tono, fino a raggiungere le vette dell'impossibile. Poi, di colpo, cessarono. Ed il silenzio calò improvvisamente come un maestoso sipario, lasciandomi del tutto sola al di là del palcoscenico. I mostri erano scomparsi.
Mi alzai faticosamente in piedi, barcollando per trovare l'equilibrio.
Che strano, mi sentivo osservata ma non vedevo nulla. D'un tratto sentii freddo. 

"Vieni da me ..." disse flebilmente una voce.

Sembrava così lontana, eppure di consistenza piena, quasi palpabile; avevo l'impressione di poterla sfiorare con la punta delle dita solamente alzando un braccio.
Chiusi gli occhi per concentrarmi e capire da dove provenisse, ma non riuscii a darmi una spiegazione.
Era ovunque e in nessun posto.
Riaprii gli occhi e di scatto indietreggiai spaventata.
Un'ombra scura si ergeva dinanzi a me in tutta la sua cupa e minacciosa figura, mentre un leggero profumo muschiato si faceva strada tra le mie narici. Almeno in apparenza quell'essere sembrava un umano, ma qualcosa nella sua postura mi diceva il contrario.
Aguzzai la vista senza però scorgere nulla, poiché un mantello nero come la pece gli celava il viso... sì, ma non gli occhi.
In un solo secondo quello sguardo fu capace di imprigionare il mio, facendomi sprofondare in un vortice azzurro, quasi irreale, freddo come il ghiaccio.
Lui mi fissava intensamente, con bramosia ed io, incantata, non potevo fare altro che restituire lo sguardo senza riuscire a staccare i miei occhi suoi.

"Amelia ..." sussurrò languidamente.

Che bel suono aveva il mio nome pronunciato dalle sue labbra.
Avevo sentito dire che il canto delle sirene ammaliasse i marinai attirandoli verso la morte, ma al posto delle sirene, erano quegli occhi che mi stavano stregando, distruggendo ogni mia difesa. 

"Prendi la mia mano..." disse con voce procace, sensuale, vellutata.

Con un movimento fluido ed aggraziato mi tese dolcemente il palmo ed io l'afferrai senza indugi.
Non appena le nostre pelli si sfiorarono, i suoi occhi si accesero di rosso.
Un rosso fiammeggiante, intenso, scarlatto... come il sangue vivo!

***

Rosso Scarlatto - Prima Parte: Virgo IntactaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora