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"Abbiamo preso due strade diverse dimenticando che il mondo è rotondo."
(anonimo)

Perché succedeva sempre a me? Ogni volta che uscivo di casa una stramaledetta auto doveva passare sulla pozzanghera vicino al marciapiede e inzupparmi da capo a piedi. Scossi la testa e subito le punte dei miei capelli fradici mi frustarono in piena faccia, lasciando con sé fango e inquinamento da gas di scarico.
-E anche oggi un asciugamano nuovo.- Alzai la testa e vidi, dipinto sulla faccia della mia coinquilina, un sorriso sornione. Ogni mattina coglieva l'occasione di deridermi, appoggiata con le sue gracili braccia sul davanzale della finestra del nostro appartamento, che affacciava proprio sulla strada. -Divertente.- Dissi, scuotendo la testa come un cane bagnato. -Cazzo! Lo zaino!- Guardai in basso e la zip della mia sacca era aperta. Scrutai all'interno e le mie sbobinature di psicologia dinamica erano completamente zuppe. Alzai gli occhi al cielo e imprecai. Alice scoppiò a ridere di gusto e mi lanciò un pacchetto di fazzoletti. -Di cosa dovrei farmene? Non asciugheranno di certo questi fogli maledetti!-
-Ma quelli sono per le tue lacrime e se non ti dai una mossa piangerai anche per l'esame bocciato.- Guardai l'orologio ed erano già le otto passate, tra meno di mezz'ora avrei avuto l'orale con i professori. Imprecai per l'ennesima volta e iniziai a correre, cercando di scansare più pozzanghere possibili, maledicendo il giorno in cui avevo deciso di fare l'università in una delle città più umide che conoscevo, dimenticandomi sempre l'ombrello e indossando sempre le mie amate converse, che non andavano molto d'accordo con la pioggia.
Raggiunsi l'entrata dell'Università, oltrepassai l'enorme atrio, impregnato del sudore di decine di studenti ansiosi di entrare in aula. -Lu! Lu! Ti ho preso un posto!- Alzai la testa e le punte dei piedi per cercare la fonte di quelle urla, strizzai gli occhi e vidi una mano sventolare a destra e a sinistra in modo esagerato. Mi spinsi in avanti, facendo a gomitate con le persone, e calpestai qualche piede di troppo, infine raggiunsi Giacomo. -Cos'hai fatto? Sei completamente fradicia.- Posò le sue labbra sulle mie. Starnutii poco dopo.
-Qualcuno nell'alto dei cieli mi odia a morte! Ogni volta che devo dare un esame decide di mandare giù il diluvio universale.- Giacomo sorrise e mi prese per mano.

L'esame fu un disastro, ma almeno riuscii a passarlo. In caffetteria avevano solo panini freddi e poco conditi e la mia pancia brontolava come non mai. -Ti va un panino al Mc?- Mugolai, facendo gli occhi a cerbiatto. Giacomo roteò gli occhi e sospirò. -Sai che ci abbiamo mangiato anche ieri sera, vero?- Io annuii, continuando con la mia bella espressione da cucciolo smarrito. -Ti prego! Qui hanno solo panini al tonno e pomodoro ed io ho una fame da lupi. Mi va bene anche un piatto di pasta caldo, basta toglierci da qui.-
-Mi aspettano in aula studio.-
Sbuffai. -Che noia! Almeno stasera ci sarai al ricevimento di mia madre?- Giacomo bevve un sorso d'acqua e sgranò gli occhi. -Come faccio a mancare? Tua madre non aspetta altro che chiedermi quando deciderò di sposarti.-
Ridacchiai. -È per questo che voglio che tu venga! Almeno posso vedere la faccia di mia madre corrucciata e delusa dalle mie decisioni.- Il mio ragazzo scosse la testa. -Anche la mia vorrebbe vederci convolare a nozze, sai? Forse dopo la laurea...- Lo bloccai, sollevando la mano per coprirgli la bocca. -Non mi sposerò ora. Abbiamo ventitré anni! E voglio continuare a studiare dopo la triennale, Giacomo.-
-Ma tua sorella...-
-Mia sorella ha trent'anni e già due figli. Lavora nell'impresa di famiglia e ha un marito ricco e noioso. Vuoi che faccia la sua fine?-
-Ah pensi che io sia noioso come lui?-
Sbuffai. -Sai cosa intendo. E adesso vado al Mc.-
-E va bene, tanto mi trovi qui nel pomeriggio.- disse Giacomo, sospirando. Io scossi la testa.
-Oggi pomeriggio, sul tardi, vado con mamma in centro a comprare il vestito per stasera. Io volevo un paio di jeans, ma sai com'è fatta!- Gli scoccai un fugace bacio sulle labbra e corsi verso la porta della caffetteria. Non appena la pioggia mi prese in pieno, imprecai. Mi guardai intorno e vidi che c'erano ombrelli su ombrelli piegati verso il muro. Tanto poi lo riporto. Ne presi uno e fuggii verso il McDonald più vicino, cioè quello della stazione. Arrivai davanti alla porta principale e mi chiesi dove avrei potuto lasciare l'ombrello che avevo appena preso in prestito da uno sconosciuto. Mi scrutai intorno e vidi che c'era una bella moto nera parcheggiata lì vicino. Sicuramente era di qualche dipendente del fast food, quindi non si sarebbe mossa da lì per tutta la giornata. Feci spallucce e mi convinsi che la mia teoria fosse veritiera, allora poggiai l'ombrello bagnato e gocciolante sul sellino. Così nessuno lo porterà via. Entrai dentro e mi guardai allo specchio, appeso subito dopo l'ingresso. Avevo i capelli gonfi per l'umidità e la matita nera era colata fin sotto ai miei occhi, accentuando quelle occhiaie violacee che tanto erano affezionate alla mia pallida pelle. Bagnai la punta del mignolo con la saliva e cercai di sistemare quel casino. Sarà stata anche una matita di Anastasia Beverly Hills, ma colava non appena sentiva una goccia di troppo posarsi sul mio occhio.
Feci la fila per pagare e mi misi a sedere in uno dei posti più isolati del locale. Afferrai il mio panino con il pollo e cominciai a leggere le notifiche sul telefono. Giacomo mi aveva scritto che sarebbe andato al sushi con i suoi amici dell'università. Tipico, se glielo chiedo io si deve lamentare, se glielo chiedono i suoi amici invece...finii il mio pranzo e mi trascinai fuori, irritata dall'atteggiamento del mio ragazzo. Spalancai la porta e girai la testa, sicura di trovarci la moto e l'ombrello. E invece non c'erano né l'uno, né l'altro.
-Perfetto! Giornata di merda mode on.- Urlai, guardando il cielo grigio, coperto da nuvole cariche d'acqua.
-Bhè, invece trovarsi il sellino della moto completamente bagnato è proprio divertente.- Una voce profonda e dal tono alterato mi fece drizzare i peli del corpo. Respirai a fondo e decisi di stamparmi sulla faccia un sorriso più falso di quello di mia madre durante i ricevimenti.
-Oh! Ma che sbadata...devo averlo dimenticato proprio lì...-
-Non credo proprio. Ce l'hai lasciato sperando che nessuno se ne accorgesse. Peccato che chi deve usare la moto sono io.-
Il mio sorriso si spense e l'ariete che era in me prese il sopravvento. -Senti, chiunque tu sia, non farla tanto lunga per un ombrello! C'è chi ha dovuto mangiarsi un panino da sola dopo aver fatto un esame di merda! Quindi ora dammi quello stramaledetto ombrello e lasciami andare.-
Il ragazzo dovette palesemente strozzare una risata e ciò mi fece innervosire ancora di più. -Tieni. E prendi anche una camomilla.- Sghignazzò, allungandomi l'attrezzo incriminato e una bustina trasparente dal contenuto scuro. Io sgranai gli occhi. -Mi stai vendendo dell'erba per caso?- Il ragazzo rise, stringendo l'involucro morbido tra le dita. -Ti ho detto di prenderti una camomilla non di fumarti una canna.-
-Ma tu mi stai vendendo altro.- Chinai la testa verso quella bustina. Lui si chinò, in risposta, in avanti e ciò permise di annullare quasi del tutto la sua considerevole altezza. -Se vuoi ho anche l'erba, ma in questo momento ne sono sprovvisto.- Disse a bassa voce, sollevando un angolo della sua bocca. Aveva due occhi azzurri penetranti e due ciuffi dei suoi capelli scuri facevano loro da cornice. Aveva i capelli mossi, tendenti al riccio. Leggermente più lunghi davanti, sembravano così morbidi. I suoi occhi, però, erano magnetici, ti guardavano come se fossero stati arrabbiati con il mondo. Due sopracciglia folte accigliate e un sorriso da malandrino che avrebbero fatto sciogliere i cuori di migliaia di donne. Ma io volevo quell'ombrello. -Smettila di fissarmi.- Prorompette, rimettendo in tasca la bustina che aveva in mano. -Non ti stavo fissando, stavo capendo quale segno zodiacale fossi.- Mentii. Era la prima cosa che mi era balzata in mente, visto che nell'ultimo periodo ero diventata un'ossessionata di astrologia, il che poteva sembrare strano per una studentessa di psicologia.
-Indovina.- Rialzò la schiena e mise le mani in tasca. Il giubbotto di pelle si aprì, mostrando al di sotto una camicia beige leggermente aperta sul collo. Io mi schiarii la voce e decisi di alzare il mio sguardo da quel ben di Dio ai suoi occhi. -Visto quanto sei maleducato...-
-Ah, adesso il maleducato sono io? Chi ha lasciato un ombrello zuppo di acqua sul sellino della mia moto?- Si morse il labbro inferiore. Scossi la testa, facendo una smorfia. -Dicevo...visto quanto sei maleducato e altezzoso credo tu sia proprio un mix tra gemelli e leone oppure un bell'aquario.-
Il ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi azzurri accennò ad un sorriso. -Quanti stereotipi. Sono un ariete comunque.- Spalancai gli occhi. -No! Non ci credo.-
-Perché?- Fece spallucce. -Perché sono anche io ariete! È impossibile, sei così presuntuoso.-
Lui alzò un sopracciglio e mi guardò curioso. -Tu invece brilli per gentilezza e modestia infatti.-
Feci per aprire bocca, ma lui mi sorpassò per sedersi sulla sella della moto. -Hai bisogno di un passaggio?- Io rimasi di stucco.
-Pensi che possa montare dietro ad un perfetto sconosciuto?-
-Fai troppe domande retoriche. Ti serve o no?- Aveva il casco in mano. Guardai l'orologio e mi resi conto che mi sarebbe iniziato un corso proprio in quel momento. Non ci pensai su molto e scivolai sulla sella. -Tieni il mio casco. Dove devi andare?-
Io afferrai quell'aggeggio pesante e gli risposi con il nome della mia università.
Per tutto il tempo non mi aggrappai a lui, ma al seggiolino, e temetti che mi sarebbe partita un'unghia da lì a poco. -Eccoci.- Parcheggiò la moto sul marciapiede e mi aiutò a scendere.
-Grazie. Cavolo, guidi davvero bene.- Gli sorrisi e lui sorrise di rimando.

-Luce?- Sentii la voce di Giacomo non appena restituii il casco al misterioso ragazzo senza nome. Mi si aggrovigliarono le budella. Sospirai. -Luce, ma chi è questo qui?- Si affiancò a me, mentre teneva per le mani una sbobinatura. Il ragazzo senza nome scoppiò a ridere. -Ti chiami Luce? Penso sia il nome meno adatto ad una persona come te.- Giacomo si mise in mezzo tra noi due. -Come ti permetti? Chi sei?-
-Lorenzo, piacere. Studio ingegneria qui accanto.- Giacomo si voltò verso di me. Io alzai le spalle. -Non sapevo nemmeno come si chiamasse, mi ha dato un passaggio per arrivare prima.-
-Sì e ora ho lezione anche io, quindi alla prossima.- Si dileguò in men che non si dica ed io rimasi con il mio ragazzo, che aveva l'espressione di uno a cui era stato appena rubato qualcosa.
-Gia', prima che tu dica qualcosa, so di aver sbagliato ad accettare un passaggio da lui, ma avevo fretta e piove da morire! Adesso andiamo a lezione anche noi.-
-Non me la racconti giusta, Luce.-
Sbuffai e spalancai la porta anti-panico dell'aula A11.
-Potevi venire con con me al Mc.- Conclusi.
Giacomo fargugliò qualche risposta, ma il corso introduttivo alla tesi stava per cominciare ed io non avevo proprio voglia di ascoltare le paranoie di Giacomo.

Arrivai all'appartamento ancora più bagnata di come ero partita la mattina. Entrai e subito feci capire alla mia coinquilina quanto avessi bisogno di una doccia calda. -Niente Giacomo stasera?-
Io risposi frettolosamente di no e lei urlò un "meno male", fregandosene del fatto che si stesse parlando del mio fidanzato. Mi buttai sotto la doccia e il cellulare cominciò a squillare. Alice entrò in bagno e rispose al telefono per me. -No, è sotto la doccia. No, stasera ordiniamo cinese. No, non puoi venire.- E riattaccò. Io uscii dal box doccia. -Ma a chi stai dicendo?-
-A quel rompi scatole di Giacomo.- Lasciò il telefono sul mobile del bagno e, con ghigno soddisfatto, uscì da dove io mi stavo lavando.
Con i capelli ancora umidi mi diressi in cucina, dove trovai la mia amica studiare e mangiare patatine. -Oggi ho fatto un incontro strano.-
-O Dio mio! Per fortuna! Racconta.- Chiuse il libro e si rivolse a me, incrociando le sue gambe avvolte da un morbido pigiama di pile.
-Ho incontrato un ragazzo che non saprei dirti com'è. Uno stronzo pieno di sé. Però mi ha accompagnata all'università e ha dato del filo da torcere a Giacomo.-
Alice sputacchiò le patatine. -E come si chiama questo?-

Io mi buttai sul divano. -Lorenzo e fa ingegneria.-
-Non quel Lorenzo spero...-
-Quale quel Lorenzo scusa?-
Lei si accigliò. -Il figlio del rettore, il nobile rettore.-
-Non credo proprio. Mi voleva vendere dell'erba e poi ha parcheggiato la sua moto sul marciapiede. Il figlio del rettore si comporterebbe in modo diverso.-
Alice convenì con me che, in effetti, dovevo aver ragione io. La conversazione si concluse così. Mi buttai sul letto e cominciai a girarmi e rigirarmi da una parte all'altra, senza riuscire ad addormentarmi. Da una parte avevo Giacomo che mi baciava il collo e poi la bocca, dall'altra Giacomo si trasformava nel ragazzo della moto e mi baciava molto più in giù del collo. Scossi la testa e la misi sotto a un cuscino. La notte prima avevo dormito poco per l'ansia e quella notte dovevo passarla con gli incubi per uno stupido incontro, che non si sarebbe mai più ripetuto.

Eppure fuggo                       •A royal love story•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora