L'insospettabile.

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Era già mattino, ma il medico e l'avvocato non erano ancora venuti a capo di nulla.

"Va bene, Rocco: ti vedo esausto. Vattene a casa, coraggio! Se non abbiamo concluso nulla in un'intera nottata, dubito che una possibile soluzione si palesi in un batter di ciglia!"- asserì il Demichele, anch'egli esasperato, privato di gran parte delle sue energie fisiche e mentali. Ma il destino sa rivelarsi talvolta bizzarro: quando smetti di rincorrere una soluzione inarrivabile, ecco la soluzione bussa alla tua porta. E al portone della struttura, bussò una donna bruna, dai lineamenti raffinati. Aveva il volto smagrito e gli occhi cerchiati di chi avesse sulle spalle un carico di notti insonni e di sofferenza.

"Dottore, c'è una donna che chiede di poter interloquire con voi"- avvertì Clementina.

"E di chi si tratterebbe?" - volle sapere il medico.

"Ecco... non saprei, non mi ha detto il suo nome, mi ha solo supplicata di potervi parlare. Dagli abiti che indossa sembrerebbe una d'alto ragno, ma dall'aspetto... si direbbe che abbia appena terminato di dedicarsi ai lavori forzati!"- spiegò la ragazza.

"Fatela pure accomodare in sala d'attesa, e ditele che sarò da lei tra qualche istante"- rispose Demichele.

La Marchesa Ginevra faticava a restar seduta: sospirava in continuazione, in preda a un evidente stato di ansia. Era stata una fatica immane per lei trascinarsi fino a quella clinica. Mai avrebbe voluto trovarsi nella condizione di dirigere i suoi passi in quel posto, ma non aveva avuto altra scelta. Le parole della sua amica Teresa continuavano a rimbombarle nella mente: "Chi non asseconda il desiderio d'un morente, deve fare a vita i conti con una coscienza rimordente!"- Sentire suo figlio invocare continuamente quel nome, le faceva ancor più male del conoscere la gravità della malattia.

"Lui più di tutti dovrebbe odiarla! Quel nome non dovrebbe volerlo sentire mai più, non invocarlo con le poche forze che gli restano. Capite, amica mia?"- aveva argomentato Ginevra rivolgendosi a Teresa.

"E fatelo spirare in maniera serena il vostro povero ragazzo! So benissimo quanto male ella abbia fatto al vostro Beppe, a voi e a tante altre famiglie. Ma averla al fianco sarebbe l'unico modo per dare un po' di sollievo a vostro figlio, per garantirgli serenità. Io, da madre, non glielo negherei!"- aveva ripetuto Donna Teresa con il suo sorriso mite. Ginevra ci aveva pensato mille volte, e alla fine aveva deciso di andare perfino contro sé stessa. E così, alla fine, eccola che fremeva su quella sedia, pregando Dio che l'aiutasse a presentare a quel medico la richiesta che mai avrebbe voluto.

Demichele non si fece attendere a lungo: "Buon giorno, la mia infermiera mi ha informato della vostra urgenza di parlarmi. In cosa posso esservi utile, signora?"- esordì

"Buon giorno, dottore: sono la Marchesa Ginevra Cassano-Guglielmi. Sono qui per chiedere di una vostra paziente, la signorina Rebecca Vicenti!"- spiegò la donna nel presentarsi.

"Guglielmi, avete detto? Mi sembra di ricordare che si chiamasse così uno dei giovani che..."- rammentò Demichele.

"Uno dei giovani che sono stati contagiati da lei, è esatto!"- puntualizzò la Marchesa.

"Proprio per questo motivo la vostra presenza qui mi stupisce!"- ammise il medico.

"Dottore, guardandomi in volto ve ne sarete accorto anche voi! Sono una madre distrutta. Il mio povero figlio, che dovrebbe riservare a quella donnaccia tutto l'odio contenibile dall'animo umano, non fa altro che invocarne la presenza al suo capezzale. A ogni ora del giorno e della notte. Cosa può fare una povera madre se non prodigarsi affiche suo figlio spiri col cuore in pace? Se sono venuta fin qui è per supplicarvi di consentire alla signorina Vicenti di stargli accanto, così che mio figlio possa trovar quella pace terrena che funga da viatico per quella eterna!"

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora