Io ricordo tutto!

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A Esterina fu concesso di trascorrere la notte al fianco della figlia. Dopo le prime quattro o cinque ore, il sonno le tirò giù le palpebre. Al mattino, mentre i suoi occhi erano ancora velati di sonno, quelli della figlia erano già spalancati e vispi, seppur tristissimi.

"Tesoro! Come ti senti?"- le domandò Esterina.

Rebecca non rispose alla sua domanda, ma lanciò un brusco e schietto: "Ricordo tutto, mamma! Ricordo cosa ne sia stato di Beppe (e non solo di lui) così come il motivo per il quale sono in questo letto!"

Esterina impallidì: non sapeva se essere felice o iniziare ad avere paura.

"Rebecca, figliola, ascolta... "

"Mamma, tanta gente avrebbe voluto vedermi morta, e io desideravo andare da Beppe. Ho solo tentato di accontentare entrambe le parti!"- dichiarò la giovane.

"Non è di certo questo il modo, però!"- le fece notare Esterina.

"Ti prego, risparmiami la solita melassa che si propina in questi casi. Tanto lo hai constatato tu stessa: ho fallito anche in questo. Non ho avuto coraggio a sufficienza neppure per ammazzarmi!"- ribatté Rebecca.

"Adesso ascoltami bene: di coraggio tu ne hai avuto tanto, per tutto ciò che hai dovuto subire! Lo hai dimostrato nella maniera più sbagliata che potesse esistere, questo è fuori discussione. Ma ora devi ricominciare incanalando il coraggio che possiedi nella maniera migliore, verso obiettivi positivi. Io non sono una che studia la mente, non so adoperare i giusti termini, ma spero che tu abbia compreso cosa intendessi"- spiegò la madre.

È permesso?"- chiese garbata ma decisa voce femminile.

Esterina e Rebecca si voltarono in direzione della donna che attendeva educatamente il benestare per varcare la soglia della stanza.

"Donna Ginevra? C-cosa ci fate qui?"- chiese intimorita Esterina.

"Buongiorno a voi. Potrei chiedervi la cortesia di scambiare due parole con vostra figlia?"- domandò Ginevra, ignorando le parole al vetriolo della ragazza.

"Certo io... vi lascio subito da sole!" - chinò il capo Esterina, abbandonando la stanza.

La Marchesa si avvicinò a Rebecca: "Per assurdo che possa sembrarti, mi ha rattristata molto la notizia del tuo tentato suicidio. Avevo auspicato che per te giungesse una punizione il più severa possibile, ma che tuttavia non coincidesse con la morte. Ho riflettuto tanto in questi giorni, e sono giunta alla conclusione che la tua punizione tu l'abbia ricevuta. Ho ripensato al modo in cui ti sei presa cura del nostro... del mio Beppe per l'intera durata del suo calvario. Ti ho vista attanagliata da un dolore che ho compreso solo a posteriori. E ti sia ancora una volta chiaro: non ti sto regalando il mio perdono, non potrei. Vorrei solo spronarti a riprendere in mano la tua vita!" - le disse, senza che Rebecca trovasse il coraggio di interromperla. Solo quando la donna ebbe concluso, la giovane esordì con un "Volevo solo raggiungere Beppe! E non c'è rimasto nulla ormai della mia vita. Nulla da riprendere in mano!"

"Raggiungere Beppe? E chi ti dà la certezza matematica che ci sia questa sorta di mondo parallelo dove poterlo raggiungere? Potrebbe non esistere un bel nulla dall'altra parte. L'unica certezza è che Beppe sta marcendo in quella tomba. E se devo esserti sincera, con questo tuo ennesimo gesto sconsiderato, gli hai mancato ancora di rispetto. Il mio povero figliolo avrebbe voluto vivere e non ha potuto continuare a farlo"- le disse con cruda schiettezza Ginevra. "Se volessi fare ancora qualcosa per lui, ci sarebbe un unico modo: cambiare vita! Iniziare a dispensare il bene, così come fino a ora hai dispensato il male. So che ne sei capace: ti ho vista farlo con Beppe! Egli non può più tornare, quindi non ti resta che aiutare altre persone che ne hanno bisogno. Datti un obiettivo: non essere più fonte di patimenti ma di sollievo per l'altrui sofferenza"- concluse la Marchesa, tirando fuori dalla borsa uno scatolino in velluto rosso.

"Stavo quasi per dimenticarmene: l'ho trovato tra le cose di Beppe, non so quando lo avesse comprato e quando avesse intenzione di dartelo. È probabile che aspettasse ancora una guarigione impossibile. La cosa certa è che ti appartiene" - disse porgendole il piccolo scatolo. La giovane Vicenti l'aprì, e di fronte ai suoi occhi luccicò un bel rubino intagliato a forma di cuore, incastonato su un anello. All'interno era inciso: "Alla mia amata Rebecca".

Alla ragazza si bloccò il respirò, fino a quando non esplose in un pianto dirotto, cacciando fuori tutto il dolore represso. Ginevra provò una compassione infinita, e stava andandole incontro, ma fu la giovane a scattare verso di lei, attaccandosi al suo collo in un abbraccio infantile e straziante. La Marchesa lo ricambiò, accorgendosi delle lacrime solo quando era troppo tardi per reprimerle. "Non è un abbraccio di perdono, intese? È solo una dimostrazione di vicinanza in un momento particolare: così va interpretato!" - si premurò di chiarire- "Devo andare ora, ma tu, ragazza, pensa alle mie parole!"- la congedò in fretta, quasi scontrandosi con Esterina che attendeva fuori dalla stanza. Nonostante morisse dalla curiosità di sapere cosa le due si fossero dette, sua madre non le chiese nulla. Il suo sguardo, tuttavia, non poté non posarsi su quello scatolino poggiato sul letto e sul prezioso contenuto.

"Beppe lo aveva comprato per me, mamma. Donna Ginevra ha detto di averlo trovato tra le sue cose"- rivelò Rebecca, infilandosi il gioiello all'anulare - "Ecco, anche se non c'è più, a partire da ora è come se fossi spiritualmente sposata con lui. Non mi separerò mai da questo anello!"- continuò. Esterina non badò tanto alla bellezza del prezioso, ma si concentrò su qualcosa che colmò di gioia il suo cuore di madre: "Tesoro, guardati: hai sorriso! Non ricordavo neanche più quando fosse stata l'ultima volta!"

"Merito delle parole di Donna Ginevra, mamma! Mi sono state di grande conforto, anzi, le definirei illuminanti!"-esordì Rebecca, che proseguì raccontando poi nel dettaglio la conversazione avuta con la Marchesa.

"Sia ringraziato il cielo, figliola! Lo sai, a questo punto credo quasi che sia stato il tuo Beppe a parlarti per bocca della madre. , dà ascolto almeno a lei, te ne prego!"- implorò Esterina.

La figlia annuì: "Lo farò, mamma: non temere! E sai cosa ho percepito? Che lei mi abbia perdonata. Non me lo ha detto a parole, e forse non lo farà mai, ma me l'ha dato chiaramente ad intendere!"

"Ottimo tesoro mio: adesso sai qual è la strada da intraprendere!"- la incoraggiò la madre.

Rimasta sola, Rebecca si rigirava quell'anello al dito, e mentre lo rimirava, non cessava di sorridere. Per la prima volta, dopo un numero immemore di notti insonni, riuscì a riposare.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora