Il silenzio del dopo.

353 27 55
                                    

Così, quella mattina, a Monsignor Acquaroli toccò tener testa a un centinaio di persone, infervorate per la lunga attesa, soprattutto in un mattino gelido come quello. Continuò, nel frattempo, la furia distruttiva di Andrea Colaleo. Quadri, effigi sacre, lampade ad olio, candelieri: tutto scagliato in terra, con violenza e urla che parevano appartenere ad una belva demoniaca

"Stupido prete, stammi lontano!"- sbraitò Colaleo, graffiandogli prima le mani, poi agguantando gli occhiali ed infrangendoli sul pavimento. Le urla attirarono nel retro della canonica anche Luigi Boccadamo e il sacrestano.

"Ma che diamine sta succedendo qui?"- proruppe Luigi, che ricevette la sua risposta dal ringhio animalesco di Andrea: "Anziché dare contro a me, cercate di trascinare qui quella svitata di Rebecca! Non è giusto che mi faccia perdere tutto in questo modo! Non è giusto!!"- inveì il Colaleo, con le vene rigonfie che spiccavano sulle tempie.

"Figlioli, datemi una mano! Non so più come gestirlo!"- implorò Don Acquaroli.

"State tranquillo, Don Anastasio, adesso ci pensiamo noi!"- disse Luigi, facendo un cenno al sacrestano. Costui era un ragazzone alto e grosso tre volte Andrea e non gli fu affatto difficile sorprenderlo alle spalle, bloccandolo faccia a terra, con i polsi stretti.

Intervenne a questo punto anche Don Anastasio, togliendosi una piccola soddisfazione personale. Il canonico afferrò infatti i lobi delle orecchie del Colaleo e iniziò a tirare con tutta la forza che possedeva. Più il giovane urlava dal dolore, più Don Acquaroli perseverava: "Sai, figliolo, una sana tiratina d'orecchie rientra tra i compiti di noi sacerdoti. A volte è necessaria, e soprattutto educativa, non ti pare?"- domandò in tono sarcastico.

"Inetti, balordi, figli di buona donna! Lasciatemi andare, subito!"- sbraitava rabbioso Colaleo.

"Se noi molliamo la presa, tu te ne torni a casa senza batter ciglio?"- domandò Luigi stringendo ancora di più attorno alle caviglie.

"Smettetela ora!"- una voce profonda e un po' roca, proruppe catturando l'attenzione di tutti. Giulio Svaldi, l'intimo amico di Andrea, tentò di prenderne le difese. Quei suoi occhi color ghiaccio avevano davvero il potere di raggelare chiunque. Quando Giulio Svaldi chiedeva qualcosa, incollando i suoi occhi a quelli di qualcun altro, quel qualcuno non era capace di dirgli di no. La sua volontà ne risultava annullata. Quelli mollarono la presa e Andrea si rimise in piedi, sistemandosi i capelli scarmigliati.

"Non finisce così!"-minacciò prima di andarsene.

"Da Bravo Andrea, andiamo a berci qualcosa, così ti tranquillizzi"- disse Giulio all'amico, trascinandoselo via per braccio. In una sola mattinata, si erano susseguite emozioni che sarebbero bastate a riempire mesi. Adesso, come dopo ogni tempesta, il silenzio si impadroniva della scena con una dolcezza sinistra, agghiacciante. Magari quel silenzio fosse durato in eterno... magari non avesse già iniziato a covare il boato assordante che presto lo avrebbe sostituito.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora