In Puglia, quello della vendemmia era un momento di vera e grande festa. Canti e balli sulle note di tarantelle popolari, grandi tavolate, con tintinnanti calici colmi di vino, da accompagnare ai prodotti tipici. Rebecca era stata indecisa fino all'ultimo sul da farsi: parteciparvi o restarsene a casa? Esterina aveva deciso di porre fine alla sua condanna di carcerata in casa, convinta del fatto che la figlia l'avrebbe ringraziata per averle consentito di prendere parte all'antico rito di bucolica memoria. Quel "A dire il vero non so se mi va di venirci!"- proferito dalla figlia, aveva lasciato la donna di stucco. Tuttavia, lei e Letizia decisero di trascinarvela.
"Tornerò in tempo per la festa della vendemmia"- le aveva scritto Beppe. E conoscendolo, era poco ma sicuro: si sarebbe presentato non solo per divertimento personale, ma ben sapendo di trovarvi Rebecca. Lei invece, avrebbe volentieri evitato proprio quell'incontro! Il giovane avrebbe preteso delle spiegazioni, e quand'anche ella fosse riuscita a trovare qualche credibile appiglio, lui avrebbe voluto ballare. E lei l'avrebbe vicino, e avrebbe respirato ancora quel suo pericolosissimo profumo. E in quel momento, avrebbe potuto accondiscendere ad ogni sua richiesta, come sotto effetto di ipnosi. Eppure, una parte di lei, con tutta la porzione di mondo che le era crollata addosso, avrebbe desiderato trovarsi tra le sue braccia. Alla festa, tutti ballavano, chiacchieravano e si divertivano: Rebecca no: se ne stava in un angolo, a tormentarsi in maniera alternata le mani e i capelli. Al banchetto, si buttò soprattutto... sul vino.
Irene si era precipitata dall'amica. "Vieni, coraggio: ti presento un po'di amici. Non startene tutta sola al tavolo!"- le aveva detto, togliendole il bicchiere di mano.
E così, ella non poté esimersi dallo stringere le mani a sconosciuti, e dal provare conversare con gente di cui non le importava alcunché. Fino a quando... eccolo! Ecco quel profumo, e il non averlo potuto assaporare per un tempo parso interminabile, l'aveva reso ancor più riconoscibile, e soprattutto più invitante.
Il cuore di Rebecca schizzò in gola. I suoi occhioni, scuri come quelli di Beppe, iniziarono a cercarlo, perlustrando ogni angolo del grande giardino. Oltre al suo profumo, ecco la sua voce profonda e suadente: "Rebeccaaa!"- urlò festante, andandole incontro a braccia protese. Lei vi si tuffò: si strinsero. Pochi secondi che parvero durare un'eternità. Fu Beppe, seppur di malavoglia, a sciogliere l'abbraccio.
"Come stai, Rebecca? Sei ancora più bella di come ti ho lasciata, sai?"- esordì il giovane, e subito le chiese: "Possiamo spostarci in un posto più tranquillo e parlare?"
La ragazza tremò: "C-certo... sul terrazzo, magari. Irene e Luigi non avranno nulla in contrario!". Lo prese quindi per mano e insieme si allontanarono. Nella confusione, nessuno badò a loro. Si erano seduti uno di fianco all'altra sul dondolo in ferro battuto che i coniugi Boccadamo avevano fatto realizzare.
"So cosa vuoi chiedermi, Beppe, e ti risponderò subito e con molta franchezza. Non ti ho scritto perché sono stata poco bene! Sia fisicamente che psicologicamente. E sapendo che i mesi di servizio militare sono abbastanza duri, non volevo rattristarti più di quanto tu già non lo fossi. Ma ciò non significa che il sentimento che provo per te si sia affievolito... tutt'altro! - spiegò Rebecca.
"Come non sei stata bene? E non me ne hai messo al corrente? Avresti dovuto farlo, nel mio piccolo, avrei cercato di esserti d'aiuto! Comunque, ora sì che mi stai preoccupando! Dimmi che non è nulla di grave, ti prego!"- rispose Beppe con la voce intrisa di viva e sincera preoccupazione.
"No, tranquillo è.... tutto sotto controllo, credo. Il dottor Valenti, che mi sta seguendo, ha predisposto altre analisi, ma è convinto che non si tratti di nulla di preoccupante. E poi lo hai confermato anche tu che mi trovi in forma, no?"- lo rassicurò lei, sorridendo.
La coscienza fece però sentire la sua voce: "Devi dirglielo, Rebecca. Digli della malattia, digli che l'averla contratta non è stata colpa tua. Chiedigli di aspettarti fino a quando non sarai guarita, e non sarai più un pericolo per lui. Ti aspetterà, se davvero ti ama. La vita ti offre il riscatto da tutta la sofferenza patita, sfruttala questa occasione, e abbandona un progetto di vendetta inutile!"
La giovane, in tutta risposta a quella voce ossessiva, passò una mano tra i capelli nell'illusione di allontanare i pensieri, come si fa con mosche e moscerini.
"Perché ho la sensazione che tu debba ancora dirmi qualcosa?"- la distolse Beppe, che non riuscì a spiegarsi quello strano comportamento.
"Nulla, cosa dovrei dirti in più, se non quanto mi sia mancato e quanto io sia felice di riabbracciarti?"- sorrise lei. Il marchesino le accarezzò la guancia come se la punta del suo indice fosse una delicata piuma, e infilate le mani tra i capelli di lei, l'attirò a sé... e la baciò. Rebecca non disse una parola: questo disorientò non poco il povero Beppe, già confuso di suo. Si sarebbe aspettato di esser ricambiato con un pizzico di passionalità in più.
"Ti prego, non stasera! Sii paziente ancora un po'. Intanto, accontentiamoci di questo momento da soli. Non ti deluderò, te lo prometto. Saprò ricompensare la tua pazienza!"-puntualizzò supplichevole Rebecca.
"Non voglio farti pressione alcuna, ebbi già modo di dirtelo e te lo ripeto! La coercizione annulla anche la forma d'amore più grande!"-affermò Beppe con un velo di rammarico, ma consapevole di fare la cosa giusta. D'istinto, le posò in grembo la testa, quasi a volerle comunicare che anche lui si sentiva al sicuro di fianco a lei. Il campanile della Chiesa Matrice aveva battuto i dodici rintocchi, e un meraviglioso panorama faceva da scenografia a quei due ragazzi, innamorati persi l'uno dell'altra. Di sopra, c'era la luce delle stelle e di una magrissima ma affascinante luna.
"Hai la pelle d'oca... eppure non fa ancora così freddo!"- constatò il marchesino Guglielmi, nell'osservare la pelle accapponata sulle braccia della ragazza.
"Non ho freddo... è la tua vicinanza. Sei tu che mi metti i brividi!"- rispose lei con tutta la sincerità di cui era capace. Beppe le sorrise, cercò la mano di lei e la intrecciò alla sua. Due catenacci che suggellavano un sentimento stupendo ma fragilissimo. Sarebbe bastato un debole alito di vento a mandarlo in frantumi!
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L'amore avvelenato
General FictionPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...