Ogni passo che Rebecca compiva nell'allontanarsi da Villa Guglielmi pareva doloroso come se fosse mosso sui carboni ardenti. Di tanto in tanto, la giovane volgeva lo sguardo alla finestra della stanza di Beppe, ormai buia. La luce brillava invece nel grande salone al pianoterra, dove avevano trasferito la salma. La villa iniziò ad apparire sempre più piccina all'orizzonte, fino a scomparire del tutto. Rebecca alzò gli occhi al cielo, cercando il conforto delle stelle. Non ne trovò una disposta a brillare per lei. Finalmente, poteva lasciare le lacrime libere d'invaderle il volto, e i singhiozzi di sconvolgere il corpo. Si ritrovò nei pressi della sua dimora: dovevano dormire tutti, dato che non vi era una sola luce. Il suo pianto svegliò infatti Esterina, che sbigottita e ancora assonnata, lasciò il letto iniziando ad aggirarsi per casa con in mano la sua candela mezza consumata. L'esile e tremula fiammella illuminò quel gomitolo ossuto rannicchiato sul letto, con la testa contro la parete e il cuscino stretto tra i denti.
"Tesoro... non dovresti essere a...."- tentò di dire, posandole una mano sulla spalla, nonostante avesse ben inteso cosa potesse essere accaduto.
Sua figlia gliene diede conferma: "Lui se n'è andato, mamma. Se n'è andato per colpa mia! E Dio solo sa quanto abbia sofferto. È stato straziante!"- le disse. Esterina restò in silenzio per un bel po'. Sapeva che ciò che avrebbe detto non le sarebbe piaciuto, ma le sue non avrebbero mai potuto essere le parole di conforto che la figlia sperava di ricevere.
"Tesoro, da mamma sono affranta per la scomparsa di quel bravo giovane che avrebbe potuto essere mio figlio, e comprendo lo strazio dei suoi genitori. Però, Rebecca mia, in quale altro modo speravi che finisse? Beppe è morto a causa tua, così come gli altri ragazzi che nulla c'entravano col male fatto da Andrea Colaleo e da Giulio Svaldi. Con te sono stata inflessibile, è vero, ma l'ho fatto proprio per tentare di evitarti questa sofferenza. Figlia mia, l'odio si nutre di odio e ne genera altro, in un circolo vizioso. Una catena impossibile da spezzare, se non nel più tragico dei modi. Hai fatto del male ad altri ragazzi, e quel male si è ripresentato a te, portandoti via proprio ciò che in quel momento ti era più caro. Nel vedere la sofferenza di un figlio, ogni madre se ne duole. Questo male però, avrebbe potuto essere evitato"
Rebecca comprese che non avrebbe potuto trovare eccezione alcuna a quelle parole.
"Figlia mia, è il momento di cambiare rotta. Il naso contro le conseguenze di certe azioni irresponsabili, ce lo hai sbattuto, ora voglio veder tornare la mia Rebecca!" - proseguì Esterina.
"Mamma, la vita mi la sua grande occasione: la persona perfetta accanto alla quale poter essere felice. E io cosa ho fatto? Ho ucciso e sotterrato quell'opportunità Cosa faccio ora?!"- proferendo queste parole, i singhiozzi convulsi tornarono a impadronirsi di Rebecca.
Esterina l'attirò a sé, accarezzandole i capelli: "Niente, tesoro, ora come ora non puoi fare nulla. Anzi, una cosa ti tornerebbe utile: dormire un po'. Immagino che al capezzale di Beppe ne avrai trascorse di notti insonni. Sì, lo so che dormire è l'ultima cosa che pensi di riuscire a fare, ma almeno provaci, perché il fisico e la mente ne hanno bisogno. Vedrai, la stanchezza avrà la meglio e potrai mettere a tacere almeno per un po' i pensieri"- le consigliò
"Posso chiederti di restare a dormire con me? Solo per stanotte, te ne prego!" - le chiese la ragazza, tornando a raggomitolarsi su sé stessa. Ad Esterina parve tornata d'improvviso quella bambina spaventata dai mostri sotto al letto, quelli che quando si cresce, finiscono per traslocare nella mente.
"Ma certo! La mamma resta al tuo fianco, non temere!"- le rispose Esterina.
"Come? Come puoi riuscire ad amare ancora una figlia degenere quale sono io?"- le domandò Rebecca, giunta al punto in cui credeva ormai di non meritare più quell'affetto.
"Non è la prima volta che mi poni tale domanda. Credo quindi che tu conosca la risposta. Sono tua madre! Non giustificherò mai il tuo comportamento, ma non c'è nulla che possa impedire a una madre di amare un figlio. Può essere ferita, delusa al massimo, e allora si sforzerà di nasconderlo il suo amore. Sì, l'amore di una madre a volte si nasconde, proprio per il bene dei figli, ma non si esaurirà, fino a che ella avrà respiro"- le disse Esterina, continuando ad accarezzarla.
Abbracciata a sua madre, Rebecca sprofondò tra le braccia del sonno. Presto, però, iniziò ad agitarsi, preda di qualche incubo. Quando sua figlia si fu riaddormentata, Esterina restò a vegliarla. Quale reazione avrebbe scatenato la dipartita del giovane Guglielmi, non ancora del tutto metabolizzata? La madre ebbe paura: "E se finisse col far del male a sé stessa? Bisognerà essere pronti a tutto, perché gli effetti retrospettivi di questa tragedia non mancheranno!"- pensò.
A villa Guglielmi, Donna Ginevra, che era sempre apparsa come una fortezza inespugnabile, finì per crollare. L'iceberg contro cui potevano sbattere e affondare anche le navi più imponenti, s'era sciolto in un misero lago di lacrime. Tra le braccia del marito Attilio, l'integerrima Marchesa, quella che "avrebbe dovuto nascere con gli attributi maschili" a detta di molti, piangeva la vita spezzata del suo "bambino".
"Perché? Perché Attilio? Perché il demonio ha messo quella maledetta strega sulla strada di nostro figlio? Cosa ci avrà mai trovato in lei il nostro bambino, per innamorarsene in maniera tanto cieca e stolta? Ah, Attilio mio, se solo gli avessimo insegnato a discernere tra ragazze serie e donnacce di malaffare!"- gli diceva, asciugandosi le lacrime.
"Non credo che possiamo né dobbiamo recriminarci nulla, Ginevra" - rispose Attilio tirando su con il naso- "La verità è che quando una cosa accade, era destinato che accadesse! Contro il destino non ci si può mettere nessuno, neanche i potenti della terra!"
"Mi stai dicendo che devo accettarlo perché era il destino che spettava a nostro figlio? Che quella megera non ha colpe? No, no, Attilio! Se non si fosse imbattuto in lei, sarebbe campato cent'anni, costruendosi una carriera militare di tutto rispetto e una bellissima famiglia! Oh, ma sciagurata me, che sto ancora qui a parlarne!! Piuttosto, è meglio che mi affretti a impartire le mie disposizioni ai domestici"- Ginevra deviò l'attenzione da un discorso troppo doloroso.
"Voglio che uno di voi si piazzi fuori in giardino, appena inizierà ad arrivare gente. E voglio soprattutto che non sia fatto entrare nessuno!"- ordinò.
"Ma... signora è normale che la gente voglia partecipare al vostro dolore!"- esordì una delle cameriere.
"Partecipare un corno! Nessuno può partecipare davvero a un dolore non suo. Si finge di riuscire a farlo, in queste circostanze. E comunque, lo ripeterò ancora una volta: non voglio nessuno! Ci faremo dare dai becchini una di quelle grandi agende dove ciascuno può lasciare un pensiero o solo la propria firma. Lo faremo mettere di fuori all'ingresso, su un tavolinetto. Se qualcuno vorrà "partecipare", che lo faccia in questo modo. Non occorre che varchi la soglia di casa mia".
"Come volete, signora!"- s'arresero in coro tutti e tre i domestici.
Attilio trovò la forza di prender da parte la consorte, per sottoporle un'ennesima spinosa questione: "Cara, sicuramente ci avrai pensato anche tu, ma... Gabriella? Non credi che dovremmo scriverle, o meglio scrivere alla direzione del collegio, per informare della morte di suo fratello?"- le disse con un certo timore, immaginando già una possibile reazione di sua moglie.
"Attilio, per adesso è meglio di no. Gabriellina deve starsene tranquilla e pensare a proseguire i suoi studi!"- ribadì categorica la donna.
"Ginevra, prima o poi lo scoprirebbe, e lo sai anche tu. Non è meglio che venga a saperlo da noi? Gli altri non sarebbero tanto delicati, sono sicuro che tu sia conscia anche di questo!"- tentò di convincerla il consorte. Riuscì a spuntarla.
"E va bene, Attilio. Hai ragione!"- s'arrese Ginevra- "Però non le scriveremo nell'immediato. Adesso... sono ancora confusa e affatto lucida io stessa. Occorre riuscire a trovare le parole giuste. Lasciami tempo. Ora... sì... ora torno di là da Beppe!"- aggiunse, come se il suo figliolo potesse avere ancora bisogno di lei.
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L'amore avvelenato
Ficción GeneralPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...