Il telefono.

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Giacomo e Rebecca mantennero quindi la reciproca promessa, seguitando a incontrarsi. Ogni volta, lui le leggeva alcuni suoi versi, prospettando l'intenzione di farli musicare, pur ammettendo la difficoltà del progetto. Dal canto suo, Rebecca si finse conquistata dalle poesie del marchesino, così ribelli da non accettare di essere confinate neppure entro la prigione delle rime. "Meravigliosi i tuoi versi! Leggiadri e pieni di una grazia indescrivibile!" – gli disse applaudendo. Dentro di sé pensò invece "Lo sarebbero... se tu credessi in quello che scrivi, se quelle parole ti rappresentassero. Ma la bocca e la penna si possono portare in alto quanto si vuole: i fatti restano fatti!"-

Giacomo credette sinceri quei complimenti, lanciandosi in una lettura ancora più appassionata. Rebecca lasciò che il bacio a cui si era sempre sottratta scattasse, e fece in modo di prolungarne il più possibile la durata. Non le dispiacque il contatto con quelle labbra perfette e carnose, né il modo in cui quella lingua accarezzava la sua, ma c'era una clausola ben chiara! Niente coinvolgimento emotivo: non più. Non doveva concedersi il minimo errore, o sarebbe finita nella stessa trappola da lei ordita. Aveva messo in conto il rischio di innamorarsi di una delle sue potenziali vittime, ma si era detta che non sarebbe accaduto, perché la Rebecca con un livello d'ingenuità tale da rasentare la stupidità, era morta e sepolta! La ragazza formulò tra sé alcune riflessioni sul genere maschile. Come risaputo, gli uomini, specialmente quelli di buona famiglia, erano molto più orgogliosi delle donne quando si trattava di ricorrere a consulti medici, se il sospetto riguardava particolari malattie. Già: di essere puttanieri ci si poteva vantare al bar con gli amici, ma se in famiglia e nel paese si fosse venuto a sapere che avevi contratto un morbo venereo, saresti stato considerato come un appestato. Avrebbe significato anche niente più dolce compagnia di meretrici o di giovani fanciulle dell'alta società, tutt'altro che pudiche. Era una litania sempre uguale: il medico ti visitava, lo dicevi ai familiari e incassavi una cospicua dose di ramanzine. Andavi dal farmacista a farti dare il mercurio, lui ti guardava con un misto di schifo e compassione e magari qualche cliente in coda osservava, ascoltava e riempiva il paese. Per orgoglio e per stupidità: per questo la sifilide uccideva più uomini che donne. L'annoiato disinteresse di Rebecca, subito dopo quel bacio, lasciò Giacomo interdetto e anche un po' risentito. Era da sempre abituato a sentirsi idolatrato come un Dio, a vedersi rivolgere sguardi estatici. Invece, quella scriteriata di Rebecca Vicenti aveva osato liquidarlo con un semplice: "Bene, io ora devo rientrare!" Senza spendere una parola su quanto fosse esperto nell'arte del bacio, su quanto fosse affascinante e desiderabile.

"Se mi dai il tuo numero, possiamo almeno sentirci e accordarci per telefono!"- le suggerì Giacomo.

"Ecco qui, scrivimi pure il tuo: mi farò sentire io"- gli rispose, tirando fuori dalla sua borsa un foglietto e una stilografica.

Giacomo scrisse in fretta e furia quelle cifre, riconsegnandole il foglio. Accadde a questo punto l'imprevedibile: Rebecca lo attirò a sé e lo baciò una seconda volta, in modo fugace e passionale. Pochi secondi che bastarono a togliere il fiato al ricciuto giovanotto.

"Buonanotte!"- gli disse, e senza aspettare che egli rispondesse, Rebecca s'accinse a percorrere la strada del ritorno.

Era quasi fatta: il prossimo incontro sarebbe stato quello decisivo; quello in cui la "mantide" avrebbe colpito. Esterina, intanto, aspettava sua figlia mezza sopita: con un occhio chiuso e l'altro vigile. L'occhio sopito si spalancò di fronte al pur silenziato rumore dei passi di Rebecca.

"Ti pare questa l'ora di rientrare? Figliola, immaginavo che dopo la diagnosi del dottor Valenti tu avessi ben compreso che non fosse più tempo per le bravate da ragazzina irresponsabile. Sei una donna, ormai! Non voglio aggiungere altro!"- la ammonì.

"Per tua informazione, sono stata in compagnia del marchesino Giacomo, mi aveva promesso di farmi leggere alcune sue poesie e dal momento che i versi erano belli e profondi, il tempo è volato senza che me ne accorgessi"- sbuffò risentita Rebecca.

"Ah, poesie! Sono menzogne ricoperte di miele che gli uomini rifilano a noi donne! Nessuna meglio di te, figlia mia, dovrebbe sapere quanto sia pericoloso lasciarsene conquistare! E comunque, per donnaiolo che sia, Giacomo non è un cattivo ragazzo. Non farebbe volontariamente del male a una donna, e per questo non merita che ne venga fatto a lui. Tu sai a cosa alludo, perciò stacci attenta!"- aggiunse Esterina massaggiandosi le tempie.

"Ti assicuro che starò molto, molto attenta, mamma! La mia era pura curiosità di conoscere il valore della sua penna. Ed ora, se non ti spiace, andrei a dormire: sono molto stanca. Ti auguro quindi una buona notte!"- la congedò lei, senza offrirle il tempo di ribattere ancora.










L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora