Il mattino seguente, un Andrea Colaleo infervorato, nel suo elegante vestito in broccato, picchiava senza sosta alla porta di villa Vicenti. "Qualcuno mi apra, subito!!- sbraitava.
La povera Rebecca, con gli occhi gonfi e una emicrania violentissima, non riusciva a sollevare la testa dal cuscino. Donna Esterina, intenta ad acconciarsi i capelli di fronte allo specchio, sospirò, assegnando alla domestica il compito di aprire. Nadia si precipitò alla porta. Di fronte a lei, quel giovane che si era sempre presentato composto e ben curato, versava in condizioni a dir poco pietose! I capelli castani, sempre impomatati, erano scarmigliati come quelli di chi avesse appena preso parte a una rissa. Gli occhi, contornati da nerissime occhiaie erano arrossati e con i capillari bene in vista.
"Signor Colaleo!"- esclamò stupita- "In cosa posso servirvi?"
"Va immediatamente a chiamarmi la signorina Vicenti!" - le urlò in faccia il giovane. In risposta al pungente odore di alcool che la investì, la domestica indietreggiò, assumendo un'espressione disgustata.
"Signore, vi prego, non urlate in questo modo. Non credo vi si addica..."
Andrea non sentì ragioni: "Stammi a sentire, piccola, negligente servetta: adesso tu sali a chiamarmi la signorina senza fare storie, ci siamo intesi? "- le intimò afferrandola per divisa. Nadia, già molto minuta di suo, si fece ancor più piccola di fronte a quei toni e a quelle minacce: "Sì, signore!"- disse quasi sottovoce. Stava già incamminandosi per le scale, quando i suoi occhi intravidero l'orlo di uno dei vestiti di Esterina.
"Nadia, tu non chiami proprio nessuno! Interloquirò io con il signor Colaleo, non temere! Occupati pure delle tue faccende!"- esordì Esterina con la sua calma e pacata eleganza.
Nadia sospirò sollevata, e rivolse alla donna un sorriso pieno di gratitudine, affrettandosi poi a sparire in cucina.
"Qui, in casa mia, i toni devono sempre essere pacati e civili, signor Colaleo!"- gli disse fissandolo.
Quella compostezza irremovibile lasciò di stucco Andrea, che con le gote ancor più arrossate, sedette sul divano bordeaux.
"Signora Vicenti, vi chiedo scusa, e vi prego di ascoltarmi, in modo da poter comprendere a fondo le circostanze!"- disse in tono più umile e contrito.
"Le circostanze mi sono già fin troppo chiare, credetemi! Sappiate che mia figlia si confida con me, e mi ha già spiegato tutto ieri sera!"- lo spiazzò Esterina.
Una tosse sintomatica di vivo imbarazzo colse il giovane, che quasi non riusciva a respirare. Esterina si mosse verso il ripiano in marmo che ospitava una vasta gamma di bevande. Versò della limonata in uno dei bicchieri di cristallo, e la porse ad Andrea con un sorriso sarcastico: "Ecco, signor Colaleo, spero sia sufficiente a mandar via questa brutta tosse!"- esclamò.
Ad Andrea, intanto, non era sfuggito quel ritorno al "voi" che anche Esterina aborriva. Lo aveva sempre considerato come un figlio, convinta della sua buona fede, del fatto che Rebecca sarebbe stata in ottime mani, che si sarebbe sposata per amore e che avrebbe avuto un futuro roseo. Andrea Colaleo aveva frantumato il cuore della sua unica figlia, e per lei era tornato a essere un perfetto estraneo.
"In che senso le circostanze vi sono chiare?"- chiese timoroso Andrea.
Esterina girò attorno al divano dov'era seduto il ragazzo, come fosse un avvoltoio: "Sono già al corrente di ogni singolo dettaglio! Aggiungo che se siete venuto fin qui per reclamare dei diritti che non avete, per trascinare mia figlia all'altare, sappiate che io non ve lo consentirò. Perciò, dato che non siete mai stato realmente interessato a Rebecca, chiudiamo questa questione in maniera civile e intelligente! E badate che lo dico anche per la vostra dignità! Vi propongo un accordo, che credo si rivelerà vantaggioso per entrambi!"
"Che tipo di accordo?"- chiese Andrea, tornando a rilassarsi. Aveva intuito che tra non molto, il coltello dalla parte del manico lo avrebbe avuto lui.
"Sono venuta a conoscenza delle vostre disavventure finanziarie! Anche se siete un vero infame, oltre che un perfetto inetto, voglio essere magnanima e venirvi incontro, signor Colaleo! Se avrete la pazienza di attendermi per qualche istante, capirete cosa intendo!"- così dicendo, Donna Esterina si recò nella stanza che era stata lo studio del suo defunto marito. Fu di ritorno qualche istante più tardi, con un foglio che porse al giovane. Lui lo rigirò tra le mani, e appena ebbe letto la cifra che v'era scritta, lo lasciò cadere sul costoso tappeto, come se fosse stato investito da una scarica elettrica. Indietreggiò divenendo quasi un tutt'uno con lo schienale del divano.
"C-cosa? 150.000 lire? Che significa?"
Donna Esterina sorrise sorseggiando ancora la sua limonata: "E' quanto vi offro! A patto però che voi vi facciate venire una profonda amnesia, dimenticandovi che mia figlia sia mai esistita e sparendo nell'ombra! Cosa ne dite?"- propose fissando Andrea dritto negli occhi.
Accidenti se erano troppi soldi! Per qualche breve istante, egli fu tentato di accettare. Ci rifletté: perché accontentarsi di sole 150.000 lire, quando avrebbe potuto ambire all'intero patrimonio di Rebecca?". Andrea fissò Esterina con un sorriso inquietante, che mutò poi in un'espressione rammaricata. "Oh, è un'offerta davvero molto generosa, ma mi duole dovervi dire che non posso accettare!"- esclamò. La donna si rabbuiò, sprofondando d'un tratto sul divano, poco distante da quello che ormai reputava un suo nemico giurato. "Prego? Come sarebbe a dire non potete accettare? Voi DOVETE accettare! Anche perché, ve lo dico in tutta sincerità, credo che non vi capiterà ancora per le mani una simile somma!" – s'accalorò lei.
"Donna Esterina, vedete, quanto ai dettagli che vostra figlia vi avrebbe raccontato, temo che, purtroppo, ne abbia omessi alcuni, e non di poca importanza!"- Colaleo sorrise con fare sadico e sarcastico.
"Cosa intendete dire?!"- esclamò spazientita Esterina.
"Beh, sono cose di cui per un gentiluomo risulterebbe imbarazzante parlare, avendo di fronte la madre della ragazza amata. Tuttavia, proverò ad esprimermi nel modo più delicato possibile. Sapete, un vecchio detto cittadino dice che "la paglia vicino al fuoco non può starci a lungo, altrimenti scoppia l'incendio". Bene, fate conto che io sia il fuoco e vostra figlia la paglia: non so se mi sono spiegato!"- asserì il giovane in tono strafottente.
Esterina strabuzzò gli occhi incredula.
Il ghigno del Colaleo si allargò: "Sì, avete inteso benissimo: vostra figlia è stata mia, e prima che possiate sollevare obiezioni, è accaduto più d'una volta. Mai contro la sua volontà. Anzi, direi che la dolce Rebecca abbia fatto molto di più per "aiutarmi" che per frenarmi! Detto ciò, comprenderete benissimo come portarla all'altare sia solo un grosso favore che faccio a voi e a lei! Converrete con me che nessuno la prenderebbe in moglie, raccogliendo gli scarti lasciati da un altro! Ma voi, Esterina, abbandonate quell'espressione corrucciata, via! Potrebbe essere già in arrivo un nipotino o una nipotina, e voi diventereste nonna! Pensate che bello!"
Esterina sbiancò: il respiro le si bloccò e si sentì quasi mancare! Restò qualche istante immobile. Tornata in sé, strinse così forte i pugni, che le nocche parvero quasi voler perforare la pelle diafana. Il silenzio tombale fu rotto dal delicatissimo rumore dei passi proveniente dalle scale. Rebecca si materializzò in salotto quasi come una figura eterea. I lunghi capelli corvini, sciolti, le arrivavano quasi fino ai fianchi. Era ancora avvolta nell'abbraccio della camicia da notte, nonostante fosse quasi mezzogiorno. Trasalì, schifata ed inorridita, non appena si fu accorta della presenza di Andrea. Lo sguardo truce rivoltole da sua madre, fu molto di più che un sospetto. Capì all'istante cosa fosse accaduto!
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L'amore avvelenato
General FictionPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...