La certezza che brillò tra i dubbi

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Incontro dopo incontro, risata dopo risata, Rebecca ne ebbe la certezza: Beppe Guglielmi era diverso, e mai più le sarebbe passato per la mente di metterlo in dubbio! Anzi, era anche qualcosa in più. Lui era ciò che ella avrebbe sempre voluto. Bello, divertente, allegro, romantico, educato e gentile. Pieno di quelle semplici accortezze che sapevano far sentire una donna non un soprammobile, ma un essere in grado di provare e ricambiare emozioni. Egli trasudava autentica sensibilità, e non vi era ombra d'egoismo in fondo a quegli occhi. Avvenne dunque che una sera, tra i singhiozzi, con il capo reclinato sulla spalla di lui, Rebecca confidò al marchesino Guglielmi tutto ciò che aveva dovuto patire. Gli parlò di Andrea Colaleo e di quel matrimonio saltato prima che la sua vita ne risultasse rovinata; di come a fatica era riuscita a credere ancora nell'amore, e di come quella seconda batosta fosse risultata anche più dolorosa della prima. Infine, a fatica, accennò a quella bimba perduta. Tutto vomitò fuori quella sera la fanciulla... eccezion fatta che per la malattia contratta. Lasciarselo sfuggire avrebbe significato perderlo per sempre.

"Ecco, ora penserete a me come a una poco di buono!"- mormorò dopo aver parlato a raffica, asciugandosi le lacrime con fare fanciullesco.

"Ma quale poco di buono! Smettetela, Rebecca! Siete solo una donna che ha tanto sofferto, e che proprio per questo motivo merita la felicità. Iniziate a credere di meritarla, guardando alla splendida persona che siete!"- la incoraggiò lui- "Ah, e per favore, da questa sera, datemi del tu: sarò per voi solo Beppe!"- aggiunse.

"La splendida persona che siete"- quelle parole la emozionarono! Lui la reputava una splendida persona, ignaro di chi avesse davvero di fronte.

Sarebbero dovute bastare quelle parole a fermala e a farla ritornare la Rebecca di un tempo. La Rebecca che gli occhi lui erano riusciti a scorgere dietro quella maschera assetata di vendetta. Ma la scintilla del cambiamento e del pentimento non s'accese! Rebecca continuò a piangere, cercando di nascondere le mani, che avevano preso a tramarle in maniera convulsa.

Beppe le prese tra le sue: "Rebecca, non devi più temere nulla, ormai! Ti sono grato per la fiducia di cui mi hai insignito confidandoti con me, e ti giuro di non tradirla per nessuna ragione!"- le assicurò.

"Grazie, Beppe! Quanto mi rincresce di non avervi... di non averti incontrato prima!"- rivelò lei, riuscendo a trovare il coraggio di portare fino agli occhi di lui uno sguardo quasi sempre tenuto basso.

"Rebecca, tutto accade non quando noi vorremmo che accadesse, ma quando è più giusto che accada. E il momento giusto, il destino, o chiunque sieda lassù a muovere i fili, lo conosce sempre!"- replicò lui con un sorriso.

"Mi accompagneresti a casa? Voglio approfittare fino all'ultimo istante della tua benefica compagnia!"- ebbe l'ardire di domandargli lei.

Il marchesino acconsentì, e prendendola sottobraccio la scortò fino alla soglia di casa. Il bacio fu sul punto di scattare, ma lei, pur bramosa, si ritrasse. Attimi di sconcerto colsero il giovane, che aveva ben percepito di essere desiderato quanto egli stesso la desiderava. Tuttavia, preferì non insistere, accontentandosi del fatto che il ghiaccio già iniziato a sciogliersi. Durante gli incontri che seguirono, Rebecca continuò a negarsi: lo fece però non in maniera ferrea e decisa, ma quasi dolorosa. Il povero Beppe, si forzò ancora di comprendere, imputando la colpa alla lesa fiducia della giovane, a quelle ferite che per rimarginare avrebbe ancora richiesto tempo. Intanto, le notizie circa la pessima salute del marchesino Giacomo Resta si rincorrevano in paese. La Marchesa Clidia si limitava a rispondere a tutti che "Stiamo ancora girando per medici come dei pellegrini per santuari, e nessuno è ancora riuscito a formulare una certa diagnosi!".

I domestici di casa però, non seppero tenere le bocche cucite, e si iniziò a vociferare che il marchesino avesse contratto un qualche accidente venereo.

"Rebecca, giurami che tu non c'entri in alcun modo con la malattia del marchesino Giacomo!!"- l'aveva redarguita Esterina.

"Non scadiamo nel ridicolo, per favore!"- le aveva risposto la figlia- "Credi che io sia l'unica in paese ad aver contratto la sifilide? È pieno di bordelli di quart'ordine, dove non vige alcun controllo, e soprattutto di ragazze che esercitano in strada"

"Voglio davvero augurarmi che sia come dici, figlia mia! Non mi spiego però come mai tu non abbia avuto l'accortezza di andare a trovarlo!"- osservò la madre.

"Non ho avuto tempo, d'accordo? Sono stata troppo impegnata con la risoluzione dei miei problemi personali! Uno di questi pomeriggi cercherò di ritagliarmi una buona mezz'ora per fargli visita!"- le aveva assicurato Rebecca, per rabbonirla.

Si giunse alla fatidica sera che doveva precedere la ripartenza di Beppe. Nei progetti del giovane, quella avrebbe dovuto essere la serata in cui lui e Rebecca avrebbero potuto abbandonarsi a qualche effusione in più. Eppure, neanche il sapere che non l'avrebbe più rivisto per mesi fece crollare le barriere della ragazza, che gli si negò nuovamente. Dio solo sapeva quanto avrebbe desiderato dormirgli avvinghiata, nella stanza d'albergo che avrebbero preso in affitto... ma non poteva! Non poteva perché sentiva di amarlo, di amarlo davvero, a differenza delle sue occasionali vittime.

"Rebecca... perché continui a respingermi? Eppure, sento che il desiderio è per entrambi reciproco. Vorrei solo sapere questo, dopodiché non insisterò, nel pieno rispetto della tua volontà!"- le disse lui, in tono quasi supplichevole.

"Beppe... per favore! Posso solo limitarmi a dire che lo faccio perché tengo a te... non chiedermi altro, per ora!"- balbettò lei.

"Rebecca, se si tiene ad una persona, la si cerca e la si desidera in tutti i modi possibili! Questo io ho sempre saputo, e ne sono sempre stato convinto!"- asserì lui con sguardo deluso e rattristato.

"Ti sbagli, Beppe! A volte vogliamo solo proteggerla la persona a cui teniamo, proteggerla perfino da noi stessi, se sappiamo di essere un pericolo!"- lo corresse lei, in modo enigmatico.

"Un pericolo? Rebecca... il senso delle tue parole non mi è affatto chiaro..."- ribatté Beppe confuso.

Lei gli si avvicinò, gli accarezzò il volto e lo strinse a sé: lo strinse più forte che poté.

Stretta che reiterò l'indomani alla stazione. Il treno portò via il marchesino, e per entrambi furono lacrime. Quelle di lei, versate a fiotti, senza ritegno e davanti a tutti, e quelle di lui, celate dal coraggio del doversi "mostrare uomo". L'apatia si impossessò di Rebecca. Per giorni non volle più saperne di nulla e di nessuno. Trascorreva le sue giornate quasi sempre a letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra, come se da lì dovesse veder spuntare da un momento all'altro l'oggetto dei suoi desideri. 

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora