Rebecca iniziò a prepararsi psicologicamente per ciò che la aspettava. Avrebbe tanto voluto mettersi in ghingheri per il suo amato, presentarsi al meglio, ma sapeva benissimo che non sarebbe stato possibile, e che, soprattutto, non sarebbe servito. Beppe la voleva al suo fianco e presto lei ci sarebbe stata. Bastava questo. Al pomeriggio, verso le 15:00, a villa Guglielmi, una telefonata interruppe la solita riunione di preghiera che si teneva ogni venerdì, per volere della Marchesa. Donna Ginevra si era aggrappata alla fede, affinché, attraverso la preghiera, Dio risanasse il suo figliolo. In ciò, era convinta di aver trovato il pieno appoggio delle sue aristocratiche amiche. A nessuna di loro, però interessava un dolore che non fosse il proprio. Il rosario, bisbigliato in sottofondo, fu la prima cosa che si udì non appena dall'altro capo ebbero aperto la comunicazione.
"Marchesa, sono il Dottor Demichele, mi sentite?"- chiese di fronte a quei pochi istanti di silenzio che occorsero alla donna per far cenno alle amiche di pregare in maniera più silenziosa.
"Dottore, certo: ditemi pure!"- annuì la donna.
"Volevo solo farvi sapere che questa sera, attorno alle 17:00, la signorina Vicenti sarà accompagnata presso la vostra abitazione. Vi avverto con il preavviso che mi avevate raccomandato, in modo che possiate predisporre il tutto. Se vi colgo però impreparata, ditemelo pure, così potremo rimandare di qualche giorno. Mi basterà avvertire l'autista"- spiegò il medico.
"Alle 17:00 andrà benissimo! Vi ringrazio! - confermò la Marchesa, prima di chiudere la comunicazione.
Nella sua stanza, intanto, Rebecca intimava al suo cuore di cessare di battere in quel modo frenetico: "E sta un po' fermo, dannazione!"- gli diceva, come se si rivolgesse ad una persona fisica. Il passaggio delle ore fu fulmineo, ed ecco presentarsi Clementina, che consegnò a Rebecca il suo vestito lavato, stirato, inamidato e profumato di fresco.
"Non sembra più neanche il mio, ma acquistato or ora in boutique! Grazie, Clementina: ottimo lavoro "- un sorriso limpido corredò la gratitudine che Rebecca espresse con viva sincerità.
"Ne sono felice, signorina e vi auguro tutto il meglio!" - sorrise a sua volta l'infermiera.
Demichele bussò alla porta della stanza. "Bene, Rebecca: la vettura vi attende di sotto in cortile, con a bordo il vostro avvocato. Siete pronta?"- le domandò.
"S-sì... almeno... credo"- balbettò la Vicenti, mentre il suo volto divenne ancor più pallido di quanto non fosse.
"Coraggio!"- il medico le posò una mano sulla spalla per incoraggiarla.
Rebecca tirò un grosso sospiro: "Dottore, Clementina... grazie!"- li salutò, per poi varcare la soglia della stanza e dirigersi di sotto. Riuscì a desistere alla tentazione di voltarsi indietro, per leggere l'espressione dei loro volti.
"Spero solo che... ciò che dovrebbe renderla felice, in realtà non la distrugga ulteriormente!"- sospirò il dottor Demichele.
Rebecca giunse a pochi passi dalla vettura scura, bloccandosi di scatto. Era come se una parte di lei non volesse salirci. Una voce interiore le intimava di girarsi sui tacchi, perché era meglio non constatare di persona qualcosa che le avrebbe fatto male. Tuttavia, la giovane si fece coraggio e si accostò all'auto.
"Buona sera, signorina Rebecca!"- la salutò il Ciliberti.
"Avvocato!"- ricambiò lei, chinando e poi rialzando il capo, a mo' di personale inchino
Ciliberti gettò quello che restava della sigaretta, e lo stesso fece l'autista, che prese posto al volante. Rocco Cilberti, con fare signorile, aprì la portiera alla ragazza. La vettura partì, esalando quell'odore di combustibile che Rebecca aveva sempre adorato. Mentre viaggiavano in direzione del paesello e di villa Guglielmi, Rebecca si soffermò ad osservare dal finestrino non tanto il paesaggio, quanto l'aspetto del cielo. Un cielo "strano", diviso a metà come lei. Una parte era coperta da nuvoloni neri, che mal si sposavano con una primavera agli esordi. Dall'altra, invece, sprazzi di d'azzurro, dove nuvole bianchissime si lasciavano trafiggere, senza resistenza alcuna da pochi raggi di sole, timidi e quasi esangui. Alcune prevedibili goccioline presero a puntellare i verti dell'auto. Quel rumore rilassante, da sempre la sua nanna preferita, parve rasserenare un po' Rebecca. Socchiuse gli occhi e poggiò la spalla sul sedile, reclinando la testa all'indietro. In cuor suo, sperava di arrivare al più presto e al tempo stesso di non giungere mai presso villa Guglielmi.
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L'amore avvelenato
Narrativa generalePuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...