"Oh, insomma, Rebecca: io non posso più vederti in questo stato! Una persona combattiva come te, che ne ha superate tante, ora si riduce a uno straccio solo perché il marchesino Guglielmi è partito per il servizio di leva? E che diamine!"- le disse Irene, stanca di far finta che tutto andasse bene.
"Ti prego, non mettertici anche tu!"- rispose annoiata e stizzosa la Vicenti
"Io faccio sempre più fatica a capirti! E meno male che eri tu quella che diceva che non si sarebbe mai più innamorata; quella per cui l'intero genere maschile avrebbe potuto scomparire dalla faccia della terra!"- incalzò Irene.
"Ed è ancora così! "- rispose Rebecca.
"Certo, certo... come no! Comunque, ascolta: io sono decisa a impedirti di perseverare in questo stato catatonico! Faremo una cosa: questa sera ce ne andremo a teatro! Daranno la "Salomè" di Oscar Wilde!"- propose Irene, strizzandole l'occhio, nella convinzione che il nome dello scrittore irlandese avrebbe rappresentato la garanzia per un sì incondizionato. Ma Rebecca deluse le sue aspettative: "Irene, la conosco a menadito quell'opera, pur bellissima! E poi le moderne versioni teatrali tendono a stravolgerla e rovinarla."
"Beh, sì, che tu la conosca quasi a memoria lo so. Di certo, però, possiederai la versione cartacea, mentre vederla rappresentata a teatro e tutt'altra cosa! Sai, nel ruolo di Giovanni Battista si esibirà un attore davvero bravissimo!"- annunciò Irene, che decise poi di giocarsi il suo asso nella manica: "Per giovane che sia, sta facendosi strada! Si chiama Tiziano Palazzi, e dicono che sia anche un gran bel ragazzo! Lustrarsi un po' gli occhi non farà di certo male, no?"- aggiunse.
L'amica la fissò stizzita: "Irene, stai cercando in tutti i modi possibili di trovarmi un "sostituto" che non mi faccia pensare a Beppe? Sei convinta che quel giovane rivesta per me una tale importanza? Soprattutto: mi reputi una persona tanto infantile da poter abboccare a questi mezzucci?"
"Rebecca, smettila di negare a te stessa quello che è evidente! Non sto cercando di trovarti alcun sostituto del marchesino Beppe, so che non servirebbe! Desidererei solo che tu provassi a distrarti un po', che passassi una serata piacevole. Avanti, non fare la musona misantropa! Ora non vorresti venirci a teatro, ma sono certa che a fine serata affermeresti di esserti divertita!"- le spiegò Irene.
"Se invece tu e Luigi andaste a teatro per fatti vostri, godendovi l'interpretazione di questo... come si chiama? Palazzi?"- sbuffò Rebecca, con le braccia conserte sul seno.
"Non se ne parla!!"- ribatté Irene- "Occorre che tu ti smuova da questo letargo interiore, anche a costo di fare violenza a te stessa! Meno fai una cosa, anche semplicissima, come trascorrere una serata a teatro, meno ti andrà di vivere. Questo fino a quando non ti sarai ridotta alla stregua di una pianta da giardino, o peggio ancora di una suppellettile d'arredamento! Dammi ascolto: ho mai voluto il tuo male?"- insistette Irene.
"Uffa! Mi hai fatto venire un gran mal di testa, sai? D'accordo, mi converrà accontentarti, o la mia emicrania finirà col peggiorare, fino a costringermi a letto!"- s'arrese Rebecca.
"Così mi piaci! Metti uno dei vestiti migliori che possiedi, e anche un po' di trucco che copra quel pallore spaventoso!"- le consigliò Irene.
E così, per le 21:00 in punto, la vettura giunse nei pressi del teatro Margherita, con il suo famigerato pavimento a specchio, sotto cui scorreva il mare, e tu avevi la sensazione di camminare su quelle onde, provando un dolce senso di vertigine, e al tempo stesso d'onnipotenza.
Rebecca si incantò a guardare quella magia per alcuni brevi istanti. A teatro c'era stata un'infinità di volte: suo padre ce la portava fin da quando era molto piccola. Tuttavia, quella sera, come se entrasse al Margherita per la prima volta, si stupì dello sciabordio del mare sotto i suoi piedi. L'incanto non durò che pochi istanti: subito l'espressione sul volto di Rebecca tornò a rabbuiarsi. Cosa ci faceva lì? Lei, che avrebbe solo voluto restarsene a letto in attesa che il sonno trovasse l'interruttore della mente e la spegnesse. Il drappo rosso di levò, così che la commedia potesse avere inizio. Nel ruolo della vezzosa e conturbante principessa Salomè, un'attrice giovanissima, dai capelli corvini, come quelli di Rebecca. La sua Salomè non era solo convincente: riusciva perfino a indurre lo spettatore a prendere le sue parti. Quanto a Tiziano Palazzi, Rebecca trovò la sua interpretazione molto distante dal personaggio. Con i suoi capelli biondo sole, il fisico scolpito, le labbra carnose e gli occhi penetranti, trasudava una sensualità che mal si addiceva a un Santo. Di quegli occhi, che erano la sua "punta di diamante", non seppe indovinare il colore, ma fu certa che dovesse essere tutt'altro che comune.
Per tutta la durata dello spettacolo, Rebecca continuò a identificarsi in Salomè: Giovan Battista andava punito. Il sipario calò e poco dopo gli attori uscirono ancora sul palcoscenico per ringraziare il pubblico.
"Mah, non mi è parso che questo Palazzi fosse dotato di tutto il gran talento che gli attribuivi. Credo che gli applausi siano stati più per la giovane attrice che per lui!"- disse Rebecca all'amica Irene. Quest'ultima, espresse il desiderio di andare a complimentarsi con i due attori protagonisti.
Rebecca fu tentata di esclamare: "Vi aspetto di fuori!"-, ma le parve maleducazione. Dopo tutto, un sorriso e due paroline di circostanza non sarebbero stati certo un dramma.
"Bravi! Un plauso ad entrambi, soprattutto a voi, signorina! Non vogliatemene, signor Palazzi, ma da grande appassionata di Wilde, ho sempre reputato molto più interessante il personaggio di Salomè, proprio dal punto di vista letterario!"- asserì Rebecca con tono di voce freddo e analitico.
"Vi ringrazio davvero! Cerco di esprimere al meglio l'essenza di ciascuno dei miei personaggi!"- rivelò compiaciuta "Salomè".
"Deduco che quindi conosceste già il mio nome, signorina! Vi ringrazio ugualmente anch'io, augurandomi di ritrovarvi in platea anche nel corso di future rappresentazioni. Magari, vedendomi interpretare personaggi più interessanti dal punto di vista letterario (per usare la vostra stessa espressione) risulterò più convincente!"- le sorrise il Palazzi.
Rebecca ne rimase spiazzata: avrebbe dovuto risentirsene, assumere un'espressione arcigna e ricambiare la sua stessa acidità. Ma lui nulla: si era limitato a sorridere.
"Se capiterà occasione, e soprattutto se sarò dell'umore adatto, non mancherò certo di presenziare!"- rispose - "Comunque, sono Rebecca Vicenti, piacere di conoscervi!" – salutò. Insieme ai coniugi Boccadamo si avviò poi verso l'auto parcheggiata a pochi metri dal teatro.
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L'amore avvelenato
Genel KurguPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...