A mano a mano che Rebecca si avvicinava alla sua dimora, una musica dolcissima si faceva sempre più nitida. Quella melodia contrastava con la rabbia e con l'odio che le stringevano cuore e stomaco, come fossero corde di filo spinato.
"Rebecca?! Tesoro, ma...da dove sbuchi a quest'ora? E noi a chiederci come mai la finestra restasse chiusa, nonostante le note della serenata!"- esordì sua madre, con un sorriso iniziale che non esitò a tentennare sul suo volto. Rebecca si guardò attorno: c'erano anche nonna Letizia, le sue cugine e i suoi amici Irene e Luigi, oltre a un gruppo di musicisti. Avevano voluto farle una sorpresa: regalarle la serenata che ogni sposa doveva avere.
"Per favore, andate via! Tutti!"- esclamò la giovane con voce oltretombale.
"Cosa? Figliola ma... abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere! Io... non capisco!"- balbettò Esterina.
"Domani non ci sarà alcun matrimonio! Non fatemi domande! Vi spiegherò tutto con calma, ma non stanotte. Se davvero tenete a me, vi prego di comprendermi. Io vi ringrazio tutti per aver pensato a questa bella sorpresa. Avrebbe dovuto essere la mia notte più bella, ma credo abbiate notato che sul mio volto è dipinto qualcosa di diverso dalla felicità"- chiarì.
"Ragazzi, forza!"- con un cenno della mano, Luigi invitò i suoi amici musicisti a rimettere gli strumenti in spalla e a lasciare il giardino di casa Vicenti. Irene si avvicinò abbracciandola: "Amica mia, è evidente che sia accaduto qualcosa di molto grave, e non voglio costringerti a parlarne questa sera. Solo vorrei che non ci tenessi sulle spine: parlacene quando te la sentirai, ma permettici di poterti aiutare!"
Rebecca annuì con il capo: a differenza delle altre volte, in cui lo ricambiava calorosamente, rimase rigida e fredda in quell'abbraccio.
"Rebecca, tu ora mi spieghi cosa è accaduto di tanto grave da mandare a monte un matrimonio! Sono stati spesi fior di soldi e ora non puoi comportarti da bambina capricciosa. Hai 23 anni e altre tue coetanee sono maritate da quando ne avevano 18 o 19"- rimbeccò Esterina.
"Mamma, ti prego, non infierire. Io con quel...quel verme di Andrea non andrò mai a vivere da nessuna parte!"- rispose Rebecca, sforzandosi di restare sul vago.
"Ma se fino a questo pomeriggio hai mostrato il più vivo entusiasmo!"- osservò sorpresa la madre, stringendosi nelle spalle.
"Sei sicura di volerlo sapere, mamma? Ti accontento subito. È un becero infame, un villano menzognere. Avrebbe voluto sposare i nostri soldi, non me! E sai cosa ci avrebbe fatto? Avrebbe continuato a pagarsi i postriboli e le case da gioco! Ma tanto lui è un gentiluomo, e stando a quanto hanno captato le mie orecchie, non mi avrebbe fatto mancare nulla!"
Basita, Esterina balzò in piedi: "Cosa? Tesoro che assurdità stai dicendo? E quando sarebbero fuoriuscite queste asserzioni dalla bocca di Andrea?"
"Questa sera stessa! Le ho sentite con le mie orecchie mentre parlava con un amico, accompagnandolo alla porta"- ammise Rebecca, che subito, si pentì di quelle affermazioni, consapevole di essersi tirata la zappa dritta sui piedi. Sua madre avrebbe infatti preteso ulteriori spiegazioni
"Un momento: dunque, era da villa Colaleo che tornavi! E perché mai ti ci sei recata?"- incalzò infatti la donna. Almeno sulle prime, Esterina pareva non aver affatto compreso la gravità della situazione: quello di cui si preoccupava era il motivo che avesse indotto la figlia a sgattaiolare verso la dimora dei Colaleo. Rebecca iniziò a sudar freddo. Le sue gote avvamparono e sentì le lacrime compiere l'ascesa dal cuore agli occhi. Non sapeva mentire, la giovane Rebecca, non le era mai riuscito bene.
"Non sarà una menzogna: solo una verità rimandata. E c'è una bella differenza!!"- si disse tra sé per rassicurarsi.
"Io... avevo voglia di vederlo: volevo condividere con lui le mie emozioni!"- balbettò la prima scusa che riuscì ad imbastire.
Assunto poi un tono più deciso, Rebecca cercò di spostare il centro della conversazione: "Mamma, non credo tu abbia compreso quanto è accaduto! Come ti spiegavo, Andrea ha..."
Esterina la interruppe per proferire parole che l'avrebbero sorpresa: "Ti sbagli, figliola: ho compreso benissimo! E ti posso assicurare che affronterò di persona sia quel balordo che la sua famiglia!"- le disse in tono pacato e signorile, mantenendo una perfetta postura e non tradendo alcuna emozione. Rebecca sgranò i suoi occhioni neri come olive, e la madre captò i suoi pensieri.
"Vedi cara, anche nei momenti in cui la rabbia ribolle, non è necessario piangere, urlare, disperarsi. Quello lo fanno solo i matti- spiegò la donna- "Troverai senza ombra di dubbio qualche altro bravo giovane. L'importante è che voi non abbiate...insomma, credo tu sappia a cosa alludo. Per quel che riguarda il resto, delle soluzioni le troveremo!"- le disse con tono più materno. Rebecca diventò paonazza. Ricordò a sé stessa che non stava mentendo, avrebbe solo detto la verità al momento opportuno.
"Fidati, figliola, dormirci su è la soluzione migliore! Va a riposare: si evince quanto bisogno tu ne abbia!" - le consigliò Esterina.
Rebecca non riuscì a proferir parola: salì le scale, e una volta che la porta della stanza si fu chiusa alle sue spalle, poté finalmente lasciare andare il pianto trattenuto.
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L'amore avvelenato
Ficção GeralPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...