Furti e sospetti.

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Esterina aprì la porta di casa e salì in camera da Rebecca. Bussò tre volte di seguito, ma non ottenne risposta alcuna. Pensò che la figlia dormisse un sonno profondo, quindi decise di entrare ugualmente. S'accorse però che qualcosa ostacolava l'apertura della porta, e impiegò dunque maggior forza. Ciò che Esterina vide una volta entrata, la fece urlare di terrore.

"Dio del cielo! Noooooooo!" - La donna capì che erano stati i piedi della figlia, riversa sul pavimento, ad ostruire il passaggio. La prima cosa che fece fu sincerarsi che il cuore battesse: le prese il polso ma non riuscì a captare alcuna pulsazione. Sbottonò quindi la camicia da notte e le poggiò l'orecchio sul petto. Tirò un sospiro di sollievo: il cuore batteva ancora!

"Rebecca, tesoro! Tesoro, mi senti?"- ripeteva. Per le scale, che conducevano al piano di sopra, s'udirono intanto i passi delicati di Letizia, che svegliata dalle urla della figlia, stava accorrendo con la lentezza propria degli anziani.

"Ma...cos'è successo qui dentro?" - disse, indicando la gran confusione che regnava in stanza, e a cui Esterina non aveva per nulla badato, presa dall'urgenza di soccorrere la figlia. La nonna ammutolì, alla vista della nipote pallidissima e priva di sensi.

"Corro a prendere i sali!"- proruppe Esterina con voce affannosa, scattando verso la stanza da bagno. Letizia si accovacciò al fianco della nipote, accarezzandole il viso e i capelli arruffati.

"Tesoro mio, coraggio, apri gli occhi. Rebecca, sono la nonna, puoi sentirmi?"- le diceva.

"Occupati di lei, mamma, io corro da Valenti!" - disse Esterina, affrettandosi giù per le scale.

"Corri dal dottore. Penso io a Rebecca!"- annuì Letizia. Mentre non cessava di accarezzare la nipote, chiamandola a gran voce, s'avvide della scatola di latta vuota. Letizia ne conosceva benissimo il contenuto e quella constatazione la fece rabbrividire, insinuandole il dubbio che sua nipote avesse potuto subire un'aggressione fisica, da parte di qualche ladruncolo fuggito poi con il denaro.

"Mmmmh"- mugugnò la ragazza, con un impercettibile movimento di ciglia, tipico di chi stia tentando di aprire gli occhi ma non abbia ancora la forza per farlo.

"Brava tesoro. Forza, stringi la mia mano se mi senti"- la esortò Letizia. Rebecca la strinse, e il volto della nonna riprese il suo naturale colorito. A poco a poco, la ragazza spalancò i suoi occhioni scuri, guardandosi attorno come se vedesse per la prima volta le mura della sua casa. Il suo sguardo si fermò poi su Letizia: "Cos'è successo? Dio, che male al petto e allo stomaco!"- mormorò, nel tentativo di alzarsi.

"Eh, cos'è successo dovresti dirmelo tu, nipote mia. Siamo sole, puoi confidarmelo: qualcuno ha osato farti del male?" - chiese preoccupata la nonna

"Giulio!"- sussurrò Rebecca.

"Giulio?"- chiese stupita Letizia - "Tesoro, cosa c'entra Giulio? Lui sarà tranquillo a casa sua, o almeno così immagino! Vorresti che lo avvisassimo? Desidereresti vederlo?"- aggiunse poi.

Rebecca rimase per qualche istante ammutolita: capì di essersi lasciata sfuggire un nome che non avrebbe dovuto pronunciare. Meditò su una scusa plausibile da imbastire.

"Non, per carità, lasciamolo tranquillo! Sai, non ho avuto il tempo di rendermene conto"- improvvisò- "So solo che qualcuno s'è introdotto in camera, mi ha immobilizzata e si è messo a frugare nell'armadio.

Mi dispiace solo non essere riuscita ad impedire che prendesse i soldi!"

Letizia asciugò gli occhi umidi della nipote: "Ah, ma cosa vuoi che contino i soldi a confronto della vita e della salute? Il denaro va e viene, ma la vita è una, e per fortuna sei ancora qui, tra le braccia tua nonna! Vieni, ti aiuto a stenderti in attesa del dottore. Tua madre è corsa a chiamarlo".

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora