Mutismo

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I giorni successivi alla dipartita del povero Beppe, coincisero con la morte spirituale di Rebecca. La ragazza cadde infatti in uno stato di totale apatia, trincerandosi dietro un impenetrabile mutismo. Né Esterina, né nonna Letizia e né la quasi coetanea Nadia, riuscivano a scuoterla da quella catatonia.

"Signora mia, riuscire a far mandar giù qualche boccone a vostra figlia è una fatica immane"- aveva commentato Nadia di fronte all'ennesima cena non toccata, così come lo erano stati la colazione e il pranzo.

"Ah, Nadia, non parlarmene! Se continua così si ammalerà seriamente, finendo quasi sul punto di raggiungere il povero Guglielmi!"- le rispose Esterina.

"Signora, non vogliatemene ma... inizio a temere che sia proprio questo ciò che la signorina desideri"- osservò la domestica, in maniera piuttosto esplicita.

"Lo temo anch'io, Nadia!"- le fece eco Esterina.

"Signora, avete già contattato quel giovane medico, Demichele?"- chiese Nadia.

"Sì, ma sembra che sia davvero oberato di lavoro. I pazienti che ha in clinica devono dargli un bel da fare. Vorrei che Rebecca fosse nuovamente ricoverata in struttura da lui ma...il momento è così critico, che questo le darebbe il colpo di grazia!"- spiegò la donna.

"Sì, certo, lo capisco. Solo che... signora, io la penserei in maniera un tantino diversa! Vedete, in clinica Rebecca sarebbe controllata 24 ore al giorno. Da sole, invece, voi, donna Letizia ed io, ce la faremmo? E poi... scaltra com'è, non dubito che eluderebbe con gran facilità la nostra sorveglianza. Insomma... è come trovarsi tra due fuochi... e ciascuno dei due brucerebbe comunque!".

"Credo di non aver mai udito parole più sagge, Nadia. Penso che tu sia sprecata a lavorare come domestica, con la saggezza che possiedi!"- si complimentò Esterina.

La ragazza sorrise: "Ad ogni modo, cosa intendete fare con la signorina?"- domandò poi.

"Per ora credo che starle accanto sia l'unica cosa in mio potere. Per il resto, speriamo solo che il dottor Demichele possa prenderla sotto la sua ala, ma senza che sia ricoverata in clinica. Diversamente, vedrò di rivolgermi ad altri medici"- asserì Esterina, stringendosi nelle spalle. Venne fatto ogni tentativo per provare a scuotere Rebecca da quella catalessi. Il primo riguardò una delle sue principali passioni: quella per la lettura.

"Tesoro, guarda: sono passata in libreria e ho fatto scorta di libri che ti piaceranno. Di ritorno, mi sono anche fermata dal signor Pinuccio in biblioteca, e ne ho presi in prestito alcuni che sono ormai introvabili. Sono certa che li divorerai come al tuo solito!"- aveva detto un pomeriggio Esterina, tutta festante nell'additare la moltitudine di libri già posizionati sullo scrittoio.

La ragazza però, non si curò affatto dei pregevoli volumi: "Ti ringrazio, mamma, ma non potrei affatto concentrarmi nella lettura. I libri che hai preso in biblioteca puoi restituirli!"- replicò infatti.

"Ma come? Hai sempre sostenuto che la lettura possedesse un potere rigenerante, e che aiutasse lo spirito. Tutto pensavo potesse disinteressarti, fuorché leggere!"- esclamò stupita la donna.

"Mamma, basta per favore. Quando dico che non bisogna insistere, occorre che la si pianti!"- l'aveva liquidata lei. Nei giorni seguenti, il dottor Demichele, aveva potuto finalmente riprendere in carico la salute mentale della giovane. Era stato sollecitato anche da un funzionario del giudice, incaricato di seguire ancora gli sviluppi della vicenda e di appurare se la Vicenti fosse ancora pericolosa.

"Evidente e profonda depressione con alternanza di stati catatonici a seguito di forte trauma emotivo"- aveva diagnosticato il Demichele.

Rebecca gli aveva raccontato del suo terrore di assopirsi anche solo per alcuni minuti, per evitare di esser preda di quell'orrendo incubo ricorrente. Tutti quei giovani deceduti a causa sua, ogni volta che le palpebre si chiudevano, facevano un macabro girotondo attorno al letto di Rebecca. "Assassina, Assassina...Assassina!"- ripetevano in continuazione Giacomo, Tiziano, Diego, Damiano, Eliseo e anche lui... il suo Beppe. Tutti in veste di zombie: per metà putrefatti e per metà integri nelle membra.

"Prima o poi, però, dovrete pur riposare. La mancanza di sonno sgretolerebbe ulteriormente il vostro sistema nervoso!"- le aveva ribadito il medico. La ragazza, intanto, aveva ripreso a sentirsi braccata. Tutti le stavano col fiato sul collo. Tutti d'improvviso si preoccupavano di come stesse, e non poteva muovere un passo neppure in giardino senza che Nadia, incaricata da Esterina o da Letizia, la seguisse con fare premuroso, quasi svenevole.

"Basta! Questa storia deve finire! So cosa fare affinché non mi opprimano più!"- si disse la ragazza.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora