LA PRIMA STANGATA
In casa regnava il silenzio: Esterina e nonna Letizia dormivano ormai da un po'. In quell'atmosfera quasi surreale, il pensiero di Rebecca volò a suo padre: se ci fosse stato lui, l'avrebbe fatta ridere a crepapelle anche la sera prima delle nozze. Del genitore si fidava e forse, solo a lui, avrebbe rivelato il suo segreto. Senza alcun dubbio, suo padre avrebbe capito: l'avrebbe abbracciata e avrebbero pianto assieme di commozione. Il povero Marcello Vicenti, però, era stato stroncato un anno e mezzo prima da una crisi cardiaca. Gli occhi di Rebecca si riempirono di lacrime. Due singhiozzi dispettosi trasgredirono l'obbligo di silenzio. Si tappò la bocca con la mano destra: sua madre e nonna Letizia non dovevano svegliarsi, non proprio in quel momento! Rebecca infilò il cappotto pesante sopra la camicia da notte: quello che contava era correre da Andrea, per comunicargli che custodiva suo figlio (o sua figlia) nel proprio grembo. Villa Colaleo distava un bel po', ma né la distanza né il buio impressionavano la giovane. Nessuna traccia della fitta nebbia che per un'intera settimana era caduta ogni sera. C'era solo una luna piena per tre quarti, che in modo spettrale, giocava a nascondino, aiutata da nuvole di passaggio. Non c'era vento, ma faceva comunque freddo. E fu proprio il freddo a spingere Rebecca ad alzare il passo. Non si accorse neanche di aver preso a correre, fino a quando non si arrestò nei pressi di villa Colaleo. La giovane notò che al piano di sotto le luci erano accese: attratta da esse come un'allodola, decise quindi di avvicinarsi per constatare meglio. Fu però pervasa dalla paura di esser vista. Chiunque si fosse avvicinato ai vetri, si sarebbe infatti accorto della sua presenza. C'era un'unica alternativa: osservare tutto dall'alto! Lesta come uno scoiattolo, Rebecca si arrampicò su un albero di mandorlo, ancora privo degli splendidi fiori che l'avrebbero rivestito a primavera. Nel grande salone pieno zeppo di amici, c'era un clima di festa: vi si stava consumando l'addio al celibato di Andrea. Gli occhi scuri di Rebecca misero subito a fuoco il suo futuro sposo: mentre gli altri ospiti si avventavano sul buffet, il giovane tracannava un bicchiere dietro l'altro di quello che doveva essere liquore alle noci, se non qualcosa di ancora più forte. Lasciato il calice, e agguantata la bottiglia, Andrea si alzò per accompagnare all'uscita il suo migliore amico, Giulio Svaldi.
La porta si aprì, e alle orecchie della ragazza arrivarono in maniera nitida tutti i dettagli della conversazione in corso tra i due.
"Poche ore, e sarai un uomo sposato, niente più "bella vita", amico mio! Mi dispiace per te! Ti senti davvero pronto?"- esordì Giulio.
"Oh, andiamo! Quale gran giorno? Quell'ochetta, la sposo solo per i suoi soldi. Potevo forse lasciarmi sfuggire una simile opportunità?"- ribatté Andrea, che dopo aver aspirato due boccate di sigaretta, continuò: "Lei mi assicurerà un roseo avvenire. I miei hanno deciso di lasciare la loro intera fortuna a mia sorella maggiore. Sostengono che lei sia più assennata, e che non la dissiperebbe!"
"Beh, caro Andrea, se tu avessi frequentato meno le sale da gioco e soprattutto le case di tolleranza, a quest'ora qualche soldino da parte lo avresti, e i tuoi si sarebbero fidati di più!"- lo prese in contropiede l'amico.
Spegnendo la sigaretta che stava fumando, Andrea replicò senza scomporsi: "Giulio caro, che vuoi farci? Ho sempre avuto un alto tenore di vita, e di certo non lo abbasserò adesso. La fortuna ha fatto sì che io incrociassi la mia gallinella dalle uova d'oro! Tra l'altro, è obbligata a sposarmi: dopo "aver abbondantemente consumato", le nozze riparatrici sono l'unica alternativa per lei! Le sale da gioco, i debiti e i postriboli? Li pagherò con i suoi soldoni: non cambierà nulla per me!"
Giulio fece spallucce: "Mah, del resto, non è opportuno che io mi addentri più di tanto in questioni che non mi competono. Peccato solo per quella povera ragazza!"
"Non temere, a lei non farò mancare nulla! L'amore non è l'ingrediente indispensabile in un contratto di matrimonio, e questo lo sai meglio di me!"- asserì Andrea, che diede a Giulio una pacca sulla spalla e lo congedò con un "Ci vediamo domani in chiesa, amico mio!"
Giulio Svaldi intraprese la strada di casa, mentre Andrea, ubriaco fradicio, si attaccò ancora alla bottiglia, come un bambino al seno della madre. Appollaiata tra quei rami, Rebecca ribolliva di rabbia: avrebbe voluto frenarsi, ma non ce la fece. Esile ed agile com'era, non ebbe difficoltà alcuna a balzare giù, materializzandosi come un fantasma di fronte ad Andrea, che trasalì, indietreggiando e finendo disteso in terra. Sulle prime, Colaleo sembrò preoccuparsi più del prezioso contenuto della bottiglia, rovesciatosi tra l'erba, che dello sguardo infuocato di Rebecca.
"Brutto infame! Mentecatto, bugiardo e affabulatore! E io, stolta, che sono cascata nella tua rete! Domani non ci sarà alcun matrimonio: te li puoi scordare i miei soldi! Vuoi continuare con il gioco d'azzardo e con le meretrici? Inizia a lavorare come bracciante e pagati il tutto! A mai più rivederci, signor Colaleo, vi auguro una buona vita!"- gli vomitò addosso Rebecca, che di fronte a lui si sforzò di trattenere il pianto. Un piccolo oggetto luccicante, che la ragazza sfilò dal dito, quasi colpì Andrea sul naso. Le lacrime ebbero via libera solo quando Rebecca stava già correndo da diversi minuti verso casa, sfidando il vento gelido che s'era alzato.
Stremata, dovette per forza sostare ai piedi di una quercia. Vi si sedette e accarezzò il ventre: "E ora? Cosa faccio con te, piccolo mio? Che cosa faccio?"
Ci avrebbe pensato in seguito: aveva già sopportato troppo, in quella sera che avrebbe dovuto essere sacra. Tutto ciò che Rebecca anelava, era ritrovarsi al sicuro a casa, nel suo letto, con le coperte tirate fin sopra ai capelli. Ripensò al primo incontro con l'ignobile uomo appena cacciato dalla sua vita. Non erano stati i suoi familiari a "forzare" le cose, presentandole Andrea. Si erano conosciuti ad una di quelle stupide feste mascherate che nei piccoli paesi della Puglia, si usava dare in casa, nel periodo carnevalesco. I signori nelle loro sontuose dimore e i popolani, nei loro scantinati. L'avevano intrigata i suoi modi gentili e il verde magnetico dei suoi occhi. Quando la festa terminò, Rebecca si chiese se avrebbe mai rivisto quel "cavaliere misterioso". Andrea avrebbe però preso informazioni su di lei, facendole recapitare a casa un enorme mazzo di rose rosse. Iniziarono a frequentarsi in maniera sempre più assidua, e una sera, a cena dai Vicenti, Andrea chiese la mano di Rebecca. Le infilò un anello tempestato di brillanti... lo stesso che lei gli aveva appena tirato dietro, rompendo una promessa fondata sull'inganno.
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L'amore avvelenato
Ficção GeralPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...