Dorian deve morire!

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Alla fine, gli occhi di Tiziano intercettarono tra la platea quelli di Rebecca. La salutò con un'occhiata piena di stupore e con un lieve cenno della mano, subito prima di entrare in scena. Nella sua mente però, il giovane già desiderava che lo spettacolo volgesse al termine per domandarle cosa le avesse fatto cambiare idea. Il

Dorian interpretato da Tiziano la convinse a tal punto, che la Vicenti prese una drastica decisione: Dorian doveva morire, assieme a colui che gli aveva prestato il volto!

"Tiziano, sei stato perfetto! Un'interpretazione magistrale: sei riuscito a farmi detestare Dorian Gray più di quanto già non lo odiassi! E tanto più si odia Dorian Gray, tanto più si ama il romanzo. Ti avrebbe fatto i complimenti lo stesso Mr. Wilde, se fosse stato ancora tra noi!"

Basta un niente a compiacere una persona ingenua! Se lo si toccherà in quella che è la sua più grande passione, lodandone le capacità, lo si vedrà capitolare all'istante. A questo pensò Rebecca, mentre trovava le parole più ridondanti per tessere le lodi del giovane, che abboccò in pieno.

"Rebecca! Non avrei mai creduto di averti tra il pubblico, sebbene ci sperassi con tutto me stesso. Mi fa piacere apprendere che tu non ti sia pentita d'essere venuta!"- le disse con gli occhi che brillavano, e col petto gonfio d'orgoglio.

"Tiziano, se non ti spiace aspettami un momento all'uscita: vorrei parlarti!"- lo stupì lei. Sicura che Tiziano l'aspettasse, Rebecca si diresse verso l'uscita. Il giovane infatti era lì, che ingannava il tempo con una sigaretta.

"Cosa volevi dirmi, Rebecca?"- le domandò.

"Domani, poco prima del tramonto, raggiungimi ai giardini" - gli disse e strizzandogli l'occhio si girò sui tacchi. Esterina e Letizia erano ben consapevoli che gli spettacoli teatrali andassero per le lunghe, quindi non si sarebbero insospettite. Infatti, tranne chiederle se si fosse divertita, e se lo spettacolo meritasse, altre domande, lasciando che andasse a dormire.

A palazzo Resta invece, non si dormiva già da diverse notti, per la precisione da quando il dottor Valenti aveva fatto una diagnosi inequivocabile per il male del marchesino Giacomo.

"Io lo sapevo che la tua dissolutezza ti si sarebbe ritorta contro, e nel peggiore dei modi! Eppure, è noto quanti ragazzi giovani, belli e pieni di salute abbiano perso la vita sotto le sottane di qualche donnaccia. Almeno cerca di andare indietro con la memoria per risalire alla possibile colpevole, in modo che non mieta consapevolmente o meno altre vittime!"- gli aveva detto suo padre, in preda all'incertezza e alla disperazione.

"Anche il dottor Valenti mi ha posto la stessa domanda, giorni fa! Non sarei in grado di dirlo, anche perché erano tutte ragazze in ottima salute. Poi beh...di molte di loro ricordo molto poco!"- aveva risposto Giacomo, che in realtà stava per lasciarsi sfuggire il fatto che della maggior parte di quelle donzelle non era in grado di ricordare neppure il nome. Talvolta, capitava infatti che il giovane mandasse giù qualche bicchiere di troppo e si ritrovasse avvinghiato a qualche corpo caldo e sinuoso senza sapere e senza voler comprendere a chi appartenesse.

"Appunto: sembravano in ottima salute! La trappola sottile di questa malattia è proprio il non mostrarsi nelle sue fasi iniziali e quindi più lievi, come pure nel periodo di latenza. Sarebbe comunque opportuno che tu ti sforzassi di ricordare quanti più nomi possibili! Questo faciliterebbe le cose!"- aveva insistito il marchese Ludovico.

Per la prima volta in vita sua, Giacomo Resta aveva mostrato tutta la propria fragilità: "Ho paura! Ho letto che i patimenti della sifilide eguagliano, e forse superano, quelli dell'inferno! Si diventa pazzi, col cervello in panne. Ciechi, o nella migliore delle ipotesi, paralizzati. È atroce e non voglio che succeda!!"- aveva infatti piagnucolato sulla spalla del genitore. Il marchese Ludovico, che a differenza di Donna Clidia aveva superato (non senza fatica) la fase acuta della rabbia, si mostrò ancora capace di scorgere nel figlio scapestrato il bimbo fragile e curioso che aveva cresciuto. Lo stesso bimbo che correva tra le sue braccia tutte le innumerevoli volte in cui cadendo si sbucciava le ginocchia.

"Non accadrà, Giacomo! Vedrai che non accadrà! È un morbo infimo, questo è ben risaputo, ma quando lo si sa curare, e soprattutto quando lo si prende in tempo, non rappresenta affatto una minaccia mortale!"- lo rassicurò il padre- "Ho diversi conoscenti e amici che l'hanno contratta in gioventù, si sono curati e ora sono maturi signori che conducono un'esistenza serena. Quello che ti raccomando è di fare moltissima attenzione con le donne: mai vorrei che sulla coscienza di mio figlio gravasse la colpa di aver fatto ammalare qualcun altro! Per il resto vedrai che le cure del Valenti daranno ottimi risultati!"

"Non c'è neanche da dirlo: con le donne ho chiuso fino a completa guarigione avvenuta!"- promise Giacomo, che proseguì con una domanda spinosa: "In paese lo si sa già, non è vero? Scommettono che ne parlano tutti!"

"A te deve importare solo di riacquistare quanto prima la salute!"- sentenziò categorico il marchese Quella notte, oltre alla violenta emicrania e ai dolori alle ossa, furono anche i pensieri a togliere il sonno al marchesino Resta! Cercò di passare in rassegna i volti di tutte le donne a cui si era unito. Vi figurava anche quello di Rebecca Vicenti, ma su di lei non s'addensò il minimo sospetto. Certo, il suo comportamento poteva dirsi alquanto strano: quell'abbandono improvviso dopo l'unica notte d'amore... senza che ne seguisse alcuna spiegazione. Ma no, Rebecca non avrebbe mai diviso il letto con lui, se avesse saputo o anche sospettato di essere malata. E se invece non sapesse ancora di esserlo? O peggio ancora, lo avesse scoperto solo pochi giorni dopo quella notte e avesse avuto una tremenda paura di confessarlo? No, non sarebbe stato da lei! Rebecca Vicenti era cambiata parecchio dai tempi dell'infanzia, ma di certo non si sarebbe mai abbassata a tanto. Sarebbe piuttosto corsa da lui, preoccupata e in lacrime, scusandosi per quello di cui magari era stata anch'ella vittima inconsapevole. Il cuore di Giacomo continuava a non prendere in considerazione quel nome. Passò oltre, scandagliando gli altri volti, anche quelli a cui non riusciva a ricollegare il nome. Se solo il poveretto avesse saputo! Purtroppo, però, quasi mai si sospetta che una persona sempre stata fin troppo buona e ingenua possa tramutarsi in una specie di belva. Frattanto, all'ora e il giorno prestabiliti, Tiziano Palazzi, si presentò all'appuntamento fatale.

"Tiziano, noto con mio grande piacere che non hai disilluso le mie aspettative!"- esordì Rebecca raggiante.

"Ero curioso! Da quello che ho inteso, deve trattarsi di qualcosa di importante!"- sorrise lui.

"Intanto beviamoci qualcosa: che ne dici di un martini con arancia?"- propose lei.

"Vada per il martini!"- annuì lui

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora