Passarono diverse settimane senza che Giulio Svaldi si facesse vivo. Frattanto, Rebecca continuava a tormentarsi circa il comportamento a dir poco scontroso e maleducato che aveva assunto. In fondo, Giulio non le aveva mai mancato di rispetto: aveva solo avuto il coraggio di dichiararle i propri sentimenti. E solo chi ama davvero è capace di lasciare la persona amata libera di essere felice, anche se non al proprio fianco. Giulio non chiedeva altro che poter fare parte della sua vita, anche solo come semplice amico, e qualcuno che le stesse accanto era ciò di cui Rebecca aveva un disperato bisogno. Dovette ammettere che le mancavano le sue visite, le sue rose, i bigliettini e quelle piccole attenzioni, che nessuno aveva mai avuto nei suoi confronti, esclusi i suoi genitori e i pochi veri amici. La ragazza prese dunque carta e penna, e armandosi di tutto il coraggio e l'umiltà che riuscì a racimolare, gli scrisse. Non era stata capace di dimenticare quel tuo sguardo pieno di delusione e di malinconia, e che quella delusione, la assaporava lei in quel momento, solo che era indirizzata verso sé stessa! Gli spiegò che il suo era stato l'atteggiamento di una persona delusa e ferita e lo pregò di fare in modo che quella neonata amicizia non morisse sul nascere.
L'attesa spasmodica fu saziata dopo qualche giorno, quando giunse la risposta di Giulio, che così scrisse: "Mia dolce Rebecca, non attendevo altro che un tuo segnale. È vero, ci restai molto male in quell'istante, ma capii in seguito che avrei dovuto lasciare che fossi tu a decidere se e quando cercarmi; che fossi tu a stimare il valore che la mia amicizia potesse rivestire. La tua accorata e sincera lettera è una conferma. Hai lasciato traboccare un dolore di cui io non sono stato bravo a cogliere l'intensità. Facciamo conto che nulla quel pomeriggio sia successo. Verrò a trovarti in questi giorni, ma intanto, promettimi di non colpevolizzarti più di nulla ed anzi: prepara il tuo più bel sorriso per accogliermi.
A presto,
Il tuo amico Giulio"
Quelle parole rincuorarono Rebecca, che attese trepidante la visita preannunciata. Giulio riprese dunque a frequentare Villa Vicenti e l'amicizia tra lui e Rebecca, cresceva e si consolidava, tra risate e confidenze reciproche. Un'amicizia che in breve tempo mutò nome, ma né Giulio né Rebecca osarono pronunciarne il nuovo. Accadde durante l'ultima notte d'agosto, tra i fiori e l'erba tenerissima del giardino. Lui le passò una mano tra i capelli, l'attirò a sé e la baciò con passione. Rebecca non si sottrasse. Non si chiese perché lo stesse facendo ancora, perché stesse riconsegnando il suo cuore alle incaute mani di un uomo. Quelle mani che iniziarono ad insinuarsi sotto le sue vesti e che ella bloccò.
"Giulio, f-fermiamoci, per favore! Sono in attesa e non vorrei che potesse..."
Il giovane non la lasciò proseguire: "L'amore non ha mai fatto male a nessuno. Anzi, credo che sia un momento bello ed importante anche per il nascituro. Della creatura non devi preoccuparti, Rebecca! Rispondi piuttosto a due semplici domande: "Vuoi che io sia tuo? Vuoi essere mia?".
Rebecca fissò quelle iridi che emanavano un influsso quasi magico, inibendo ogni volontà, e si ritrovò incapace di rispondere.
"Lo considererò un sì!"- affermò Giulio, prima di riprendere a spogliarla. Rebecca lo lasciò continuare. Il giovane sistemò una coperta di lino sull'erba e quello fu il loro semplice talamo.
Ciò che nessuno avrebbe potuto prevedere, era che quello sarebbe stato l'inizio della fine.
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L'amore avvelenato
General FictionPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...