La fine dell'estate.

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"Agosto è venuto, povero il malvestito!"- recitava un vecchio motto. Ed era vero: negli ultimi dieci giorni di agosto, alla sera, l'aria regalava qualche brivido inatteso, di certo piacevolissimo, per quelli che, come Rebecca, detestavano l'asfittica calura estiva. La pioggia tanto invocata durante il clou dell'estate, iniziava a dissetare la terra con una frequenza un po' più assidua, e tornare a sentirne il profumo era un toccasana per le viscere e per l'umore. Le vigne pazienti, sotto i tendoni, stavano ultimando il loro processo di maturazione, e i grappoli iniziavano già a mostrare la loro dolce, polposa e succulenta bellezza. Proprio quelle vigne avevano fatto la fortuna della famiglia Boccadamo, che fin dagli albori della sua genealogia era stata tra le maggiori produttrici di vino della Regione. Erano già passati un po'di giorni da quando Rebecca e Irene si erano sentite l'ultima volta, seppur andasse tenuto in conto che lei e Luigi dovevano essere impegnatissimi per via della vendemmia imminente. Il grosso dei lavori lo facevano gli operai nelle vigne, ma anche dirigere e supervisionare il tutto, non doveva essere certo facile. Rebecca si ripropose di chiamare l'amica il mattino seguente, e poggiò il capo sul cuscino. Lasciò la finestra aperta, così che la pura aria settembrina potesse intrufolarsi nella stanza, e dar respiro ai suoi sogni. Sogni che avevano sempre lo stesso protagonista. Il periodo di ferma di Beppe stava per scadere. Avrebbe tanto voluto scrivergli, ma facendo violenza a sé stessa, soffocò quell'idea. Era perfino riuscita ad ignorare le ultime due lettere che il giovane Guglielmi le aveva inviato, in cui le raccontava come se la passava, e le chiedeva come stesse, rivolgendole parole affettuosissime, da cui si evinceva l'impazienza di riabbracciarla. Esterina ci aveva messo del suo.

Di fronte a quelle lettere aveva raccomandato: "Figliola, lascia stare! Non alimentare in quel giovane false speranze. Se continuerà a non ricevere risposta, prima o poi se ne farà una ragione, e tu altrettanto. Devi convincerti che non tutte nasciamo per avere un uomo accanto. La strada di alcune di noi è fatta per essere percorsa in solitaria"- le disse sua madre. Rebecca non seppe se approvare quelle parole, in cui era iscritta una sacrosanta forma di emancipazione, oppure sentirsene ferita.

"Perché non dovrei avere diritto a qualcuno che mi ami? Una volta guarita, un futuro sentimentale potrei anche averlo."- si disse la giovane, e si sorprese poi di ritrovarsi anche solo a pensare una cosa del genere. Lei che aveva ideato un piano degno delle più efferate menti criminali per punire indiscriminatamente il genere maschile. Poi ecco che spuntava fuori un Beppe Guglielmi qualsiasi, e ti scombussolava tutti i piani; faceva crollare il tuo castello di carta e ci piazzava dei sensi di colpa, taglienti come lame affilate. Il sentimento che provava per quel giovane era pari ad uno di quei fiori che crescono in prossimità dei casolari abbandonati, o nelle insenature dei muretti a secco, di fianco alle more. Crescono selvaggi, inattesi, fieri e ribelli. E tanto più cemento e aridità li circondano, tanto più la loro bellezza primeggia. A proposito di Beppe: che cosa pensava di quell'assoluto silenzio? Che la lontananza fisica l'avesse allontanato anche dal cuore di lei? Che in quel cuore, qualcun altro si fosse aperto un varco? Meglio così, meglio che pensasse questo!

"Ci sono volte in cui l'amore devi dimostrarlo allontanandoti dalla persona amata, se sai che tenerla stretta farebbe il suo male!"- si disse tra sé Rebecca, che tuttavia non riuscì a convincersi.

Il rombo violento di un tuono, seguito da un lampo, preannunciò l'arrivo di un temporale estivo. Rebecca non si scompose, anzi: adorava quando qualcun altro si mostrava arrabbiato nello stesso istante in cui anche dentro di lei infuriava la tempesta. I tuoni che seguirono e il ticchettio della pioggia, furono per la giovane una dolcissima ninna nanna, che per qualche ora impose il sonno anche ai suoi pensieri. Il mattino seguente, il postino venne a consegnare l'ennesima lettera di Beppe Guglielmi. La ragazza aprì in fretta la busta, con il respiro che le sembrò essersi interrotto.

"Mia adorata Rebecca, diverse missive hanno preceduto l'invio di quest'ultima: tutte senza risposta alcuna. Non voglio credere che quel sentimento incipiente ma vero, che m'è parso tu ricambiassi, si sia ora dissolto con la stessa rapidità con cui sbocciò. Avrai avuto senza ombra di dubbio ottime ragioni per far restar muta la tua penna. Come può essere che le mie lettere non ti siano giunte, dato che i disguidi possono sempre capitare con le poste. Non voglio per il momento indagare, e non ti chiederò spiegazione alcuna. Solo desidero informarti che sarò di ritorno tra una settimana, in tempo per la festa della vendemmia. Sarà quella l'occasione per parlare "de visu" e soprattutto, spero, per stringerci in quell'abbraccio che almeno io attendo con impazienza. Tuo...

Beppe Guglielmi" - scriveva il giovane.

Rebecca si sentì morire: quel ragazzo ricambiava i suoi sentimenti con la stessa sfrenata e irrazionale follia che caratterizzavano il sentire di lei. Non lo meritava, non ne era degna. Ma non avrebbe potuto evitare quel confronto che lui le aveva chiesto con dolcezza e pacatezza, senza il minimo accenno d'ira. Una richiesta comprensibilissima, dato il modo in cui lei l'aveva ignorato. Come avrebbe potuto uscirne? Cosa sarebbe stato più conveniente dirgli per non ferirlo? Rebecca decise di rimandare interrogatorio. Tuonava di fuori e tuonava nella sua testa, dove i pensieri producevano un rombo di intensità ben maggiore. Per zittirli, Rebecca ricorse all'aiuto del caro amico alcool, che da qualche tempo pareva l'unico in grado di comprenderla, l'unico che non chiedeva spiegazioni, limitandosi ad anestetizzare. Silenziosa come uno spettro, riuscì ad intrufolarsi in cantina, dove Esterina teneva delle pregiate bottiglie di vino, donate da Luigi Boccadamo e da sua madre Teresa. Ne vuotò due, e non vomitò per il sol motivo che a cena non aveva quasi mandato giù nulla. Si trascinò fino al suo letto, dove crollò, incosciente di chi fosse e dove si trovasse. Continuava a tuonare di fuori, ma il buon caro vecchio vino aveva rimboccato le coperte alle angosce di Rebecca.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora