A letto con la morte.

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Rebecca lo seguì, varcando assieme a lui la soglia. Teneva lo sguardo basso e tremava. Beppe scostò una sedia in legno di ciliegio, dal tavolo intarsiato dello stesso materiale, invitandola ad accomodarsi. Rebecca si sedette, incrociando per un breve istante gli occhioni di lui. Ebbe paura. Con orrore, in quelle iridi, le parve per un istante di ritrovare gli sguardi di Andrea Colaleo e Giulio Svaldi. No, non poteva essere! Non c'era nulla in lui di quei due mostri... lui era il suo Beppe!

La Vicenti si sforzò di vincere la paura, e tornò a cercare quei due neri magneti, da cui ormai non sapeva più staccarsi, sperando di scorgervi una luce diversa. Beppe la guardava invece serio, mentre tracannava il vino che le aveva offerto. Subito, il Guglielmi intuì che dovesse avere qualche serio problema. Che fosse per via della sua stretta amicizia con l'alcool che lo stava respingendo? Ma del resto, come faceva ad esserne sicuro? Magari, quello era il primo bicchiere che toccava dopo la festa della vendemmia, dove bere era normale e non lo sarebbe stato invece il contrario. Magari, stava bevendo perché aveva paura di quanto lui stesse per dirle.

Beppe si schiarì la voce con un colpettino di tosse: "Rebecca, non voglio indugiare oltre, quindi verrò subito al punto. Non credo che la nostra relazione abbia ragione di proseguire!"

"C-cosa?"- biascicò atterrita la ragazza.

"Ascolta, ho avuto fino ad ora tutta la pazienza di questo mondo. Ho voluto darti modo di superare quel blocco interiore che a ragion veduta avvertivi. Ho anche cercato di farti capire che noi uomini non siamo tutti uguali. Dato però che continui a respingermi, nonostante io avverta che una parte di te vorrebbe appartenermi, c'è molto poco che io possa ancora fare"- spiegò Beppe con fredda chiarezza.

"Ma... se davvero mi ami come dici, allora dovresti..."- tentò di intervenire Rebecca, ergendosi ad avvocatessa di sé stessa.

"Cosa dovrei fare, Rebecca? Aspettare in eterno? Accettare che tu abbia quasi vergogna di noi? Accettare che spesso e volentieri, tu sia sul punto di dovermi rivelare una qualche importante verità, taciuta poi al momento buono? Io, ahimè, sono umano. Quindi... potremmo restare sempre buoni amici, confidarci ma quello in cui (almeno io) avevo sperato, mi pare ovvio che non possa a questo punto mai sussistere!".

"Diglielo, tieni fede alla promessa fatta a te stessa. Compi questo atto d'amore!"- l'impertinente vocina dentro di lei, le ricordò i propositi con cui era partita da casa.

La testa iniziò a girarle: la stanza non voleva saperne di fermarsi, come una giostra da cui una bimba impaurita voglia affrettarsi a scendere. I contorni delle cose divennero sfocati, ma non così tanto da impedirle di distinguerle. Il vino stava forse sortendo il suo pericoloso effetto.

Dimenticò ogni paura, ogni angoscia... e perfino di essere malata. Ricordava solo che lei era Rebecca Vicenti e che aveva di fronte l'uomo che amava.

"Ti prego, aspetta prima di decretare la fine di tutto!"- lo implorò.

Avanzò quindi un po' caracollando verso di lui, gli si sedette in braccio, attirò il volto del giovane al suo, per poi baciarlo avidamente.

"Spero che questo ti aiuti a capire quanto in realtà io ti desideri"- gli sussurrò.

Beppe non rispose: si limitò a ricambiare dapprima quel bacio, a cui ne seguirono molti altri. Labbra, collo, spalle, seno: l'inizio del tragitto era lo stesso su cui Rebecca aveva apposto più volte il segnale di "STOP" a caratteri cubitali. Questa volta fu diverso. Questa volta, lei, invece di bloccargli i polsi e allontanarlo, lo lasciò fare. Lui la sollevò in braccio, come se toccasse quanto di più delicato e prezioso esistesse. Nessuno le aveva mai riservato un simile tocco.

"Sicuro che siamo soli?"- volle accertarsi la giovane.

"Come se fossimo su di un'isola deserta!" - la rassicurò Beppe.

In quella meravigliosa stanza, tra quelle lenzuola candide, Rebecca cedette a quel profumo che le aveva rapito i sensi, e che da tempo desiderava portare anche sulla sua pelle. Si spogliò anche di ogni sua paura. E il corpo scultoreo di lui, la sua pelle fresca a morbida, finalmente le appartennero. Non avrebbe mai immaginato che tra due corpi potesse esistere una così perfetta sincroni, come tra uno strumento musicale e la voce di un cantante. Tutto in contemporanea: pause, slanci e poi il culmine. Per Rebecca fu come un bellissimo sogno; come se prendesse forma tutto ciò che avrebbe voluto accadesse. Uno di quei sogni con sensazioni fin troppo reali, ma pur sempre un sogno. Così lo fece apparire l'anestetico vino. Si addormentò tra le sue braccia, con il corpo intrecciato al suo. Formavano uno di quei nodi così perfetti, che neppure il più esperto dei marinai sarebbe riuscito a scioglierlo. Una pioggia inaspettata aveva iniziato a battere con furore sui vetri delle finestre, quasi a voler preannunciare la catastrofe. E il cielo pianse! Pianse per ciò che sarebbe accaduto a quel giovane innocente, che ebbe l'unica colpa di essersi innamorato.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora