L'amore non chiede spiegazioni

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Gli occhi di Valenti non tardarono a posarsi su Rebecca. "E voi cosa ci fate qui?" - chiese, come se stesse assistendo a un fenomeno paranormale.

Donna Ginevra, impugnò le redini della situazione, impedendo alla ragazza di rispondere al suo posto.

"Dottore, mi ripropongo di fornirvi spiegazioni in merito, ma prima visitate mio figlio. La situazione è tutt'altro che migliorata nell'arco dell'ultima settimana"- lo incitò la Marchesa.

"Come desiderate!"- annuì il medico con fare sottomesso, per poi salire in camera dal giovane paziente.

Fu invitato a entrare da Attilio Guglielmi. Questo padre, ormai devastato, ogni pomeriggio leggeva per suo figlio, in modo da distrarlo. Viaggiare con la fantasia, era in fondo l'unico modo in cui quello sventurato poteva evadere dal letto cui era inchiodato. La malattia, infatti, aveva ridotto Beppe Guglielmi a un corpo immoto, in cui erano vivi solo il cervello, il cuore, e gli occhini neri, limpidissimi e profondi, per quanto esautorati da quella loro luce peculiare, che vi aveva sempre brillato fervida.

"Dottore, potrei chiedervi di essere presente durante la visita? Capite... sono suo padre"- implorò Attilio Guglielmi. Il Valenti accondiscese, e iniziò quindi la sua meticolosa visita. Partì dall'ascolto del respiro e dalla verifica dei riflessi delle gambe, totalmente assenti. Giunse poi il momento peggiore: quello della dolorosissima iniezione di mercurio. Don Attilio prese la mano del figlio: "Stringila!"- lo esortò. Erano sempre un tormento, quelle dannate iniezioni, nonostante il Valenti cercasse di adoperare la maggior delicatezza possibile. Anche questa volta, il giovane strinse le palpebre e digrignò i denti, mordendo il lenzuolo ricamato.

"Beppe, credo che d'ora in poi sia inutile continuare con le iniezioni di mercurio"- annunciò il dottore in tono serio. Quell'annuncio provocò un grosso sospiro di sollievo da parte del marchesino. Sorriso che, tuttavia, venne subito sostituito da un'espressione alquanto cupa. Interrompere la terapia a base di mercurio, considerato il "generale supremo" della lotta alla sifilide, non poteva che risuonare come un dantesco "Lasciate ogni speranza".

"Dottore, ma.... Perché sospendere?"- osò chiedere Attilio.

"Io... ecco, mi sono permesso di consultarmi con un collega francese, il Dottor Pierre Dubois, che è espertissimo in tutto ciò che concerne le malattie infettive. Egli, in risposta alla dettagliata diagnosi che gli inviai per lettera, consigliò di interrompere l'utilizzo dei mercuriali, dal momento in cui essi non si sono rivelati efficaci fino a questo stadio del male"- spiegò Valenti. Consegnò poi un foglietto a Don Attilio: "Qui ci sono le prescrizioni che insieme abbiamo concordato essere le più efficaci"

L'uomo intuì che ci fosse qualcosa che il Valenti non volesse rivelare in presenza dell'ammalato. Si limitò, quindi, a mormorare "Vi attendo di sotto, assieme alla mia signora!"

In realtà, restare a tu per tu col Valenti era ciò che Beppe desiderava.

"Dottore, vi farà trasalire quanto vi dirò. Oppure indignare, questo non lo so. Però... non potreste somministrarmi qualcosa che mi aiuti a.... a finirla qui? A finirla e basta? Sarebbe un atto di grande e cristiana generosità, credetemi!"- supplicò

Valenti rimase impietrito: "Figliolo, che razza di richiesta mi porgete? Un medico non ammazza, ma cerca di salvare con ogni mezzo! Ahimè, non avrebbero dovuto farvi leggere di quanto accaduto a quel giovane, il Palazzi, che si è tolto la vita!

"Non lo hanno fatto, per l'appunto"- precisò Beppe- "Sto apprendendo ora da voi la notizia, e come si può biasimare il suo gesto? Voi che avete visto soffrire e morire altri giovani come me, ve la sentireste di affermare che questa sia vita?"- s'infervorò poi, tirando fuori tutte le poche energie che gli erano rimaste.

L'amore avvelenatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora