"Rebecca!"-chiamò Letizia, in cima alle scale, una volta che la porta si fu richiusa alle spalle della nipote.
"Nonna! Credevo stessi ancora riposando!"- esclamò la giovane, ignara di tutto.
Letizia scese le scale, con quell' eleganza che, a differenza delle energie giovanili, non le era mai venuta meno. "Ora mi sembra giunto il momento di fare una bella chiacchierata da donna a donna!"- esordì, invitando la nipote a sederle di fianco.
Rebecca si accomodò sul divano: "Dimmi pure, nonna. Spero non sia accaduto nulla di grave".
È accaduto qualcosa, sì, ma la sua gravità dipende dall'angolazione da cui la si osserva!"- rispose Letizia.
"Nonna, così mi spaventi!" - esclamò Rebecca, iniziando a tremare.
Letizia sospirò: "Il problema, nipote mia, sono le bugie. Quelle bugie che io ho sempre detestato, e da cui, insieme a tua madre e alla buon'anima di tuo padre ti ho sempre insegnato a stare alla larga!"
Il bel viso di Rebecca mutò colorito.
La nonna proseguì: "Giulio Svaldi a me non era mai stato simpatico, ma mi ero detta tra me che se mia nipote ne era innamorata, se al suo fianco aveva ritrovato la serenità e il sorriso, non potevo che essere grata a quel ragazzo".
"Nonna, ma... cosa c'entra Giulio?"- Impaurita oltremisura, Rebecca finse in maniera pessima di cascar dal pero.
Letizia, ignorò quella disdicevole prova d'attrice, e proseguì con apparente calma: "Tu non lo ricorderai, ma il mattino dopo il furto, appena riprendesti i sensi, ti chiesi se qualcuno t'avesse fatto del male, e tu biascicasti il suo nome. Quel nome che si è insediato nella mia mente fino ad oggi. Ascoltando la conversazione con la tua amica Irene, ho avuto la prova che il mio intuito non sbagliava!".
Rebecca balzò in piedi, come investita da una scarica elettrica: "Come sarebbe a dire hai ascoltato la nostra conversazione? Non posso più neanche confidarmi con un'amica? Che delusione!"- disse con la voce già incrinata da un pianto mosso dalla rabbia.
"Tesoro, ti avrò anche delusa, ma mai quanto tu hai deluso me! Non ti pare che io e tua madre avremmo dovuto sapere quanto accaduto quella notte? Forse, se tu ce ne avessi portate a conoscenza e avessimo denunciato non degli ignoti ma una persona specifica, a quest'ora Giulio sarebbe dietro le sbarre"- disse, con il tono di chi sa di esser sulla sponda della ragione.
Spossata, come se le ginocchia non le reggessero, Rebecca tornò a sedersi e ponderò la sua risposta: "Nonna, ho sbagliato a non confidarmi, e riguardo a questo, non posso cercar nessuna giustificazione. Però ascolta: se io stessa ho provato vergogna e ribrezzo nei miei confronti; se io stessa avrei voluto prendermi a schiaffi; se io stessa ho maledetto la mia buona fede, come avrei potuto trovare il coraggio di confidarmi con te o con la mamma? Hai constatato quanto tempo mi ci sia voluto per parlarne con Irene, fino a oggi all'oscuro di tutto?".
Dopo un paio di pesanti sospiri, continuò: "Nonna, tu credi davvero che se avessi denunciato Giulio, mi avrebbero creduta? Io, per mia sfortuna, sono nata donna!".
Letizia tenne lo sguardo basso: sapeva di non poter contestare in nessuno modo quanto asserito dalla nipote. Si limitò ad abbracciarla e ad ammettere: "Tesoro, non posso darti torto sul fatto che essere donne non sia semplice. Ma le cose semplici sono noiose e frivole. Essere donne deve renderci ancora più orgogliose e più coraggiose. Rebecca mia, il tuo problema è che ti sei sempre declassata. Dimmi, dove abbiamo sbagliato tua madre ed io? Non abbiamo saputo infonderti la giusta fiducia in te stessa? C'è qualche nostro atteggiamento che ti abbia ferita in passato o continui a ferirti? Se così fosse, ti pregherei di faccelo presente senza riserve!"-
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L'amore avvelenato
General FictionPuglia, anni '20 del '900. Rebecca Vicenti è innamorata persa di Andrea Colaleo. Tutto è pronto: abito bianco ricamato, lista degli invitati e lauto banchetto. Custodita nel cassetto di un armadio, c'è la cospicua dote che la ragazza, figlia di una...