24. Manuel

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In un attimo giunse la mattina. Cavolo era tardissimo!

Quando Eli e Stefano passarono a prendermi ero ancora senza scarpe. Scesi di corsa le scale e raggiunsi i ragazzi in macchina. Arrivati a scuola mi accorsi di aver dimenticato il cellulare. Ricordavo di averlo sentito squillare ma non avevo nemmeno controllato chi mi avesse carcato. Dopo la scuola tornai da sola a casa e appena rientrata mi recai verso il cellulare. La batteria era quasi scarica e la cartella dei messaggi era piena. C'erano alcuni messaggi di news, un messaggio di Eli ma quello che mi colpì furono i molteplici messaggi di Paolo. Controllai prima le chiamate, poi eliminai le news senza nemmeno leggerle e infine mi dedicai ai messaggi. Nel primo Paolo mi dava il buongiorno, negli altri mi chiedeva perché non gli rispondessi. Prima che riuscissi a leggere l'ultimo messaggio il cellulare squillò.

"Finalmente, pensavo ti fossi già stancata di me"  disse Paolo.

"No per niente, stamattina ho fatto tardissimo e ho lasciato a casa il cellulare"

"Mi sono mancati i tuoi messaggi, il viaggio è stato un po' vuoto senza la tua compagnia"

"Mi dispiace però appena sono rientrata ho ripreso il cellulare"

"Ci hai messo comunque troppo"

"Perdono!"

"Ci devo pensare"

"Se prometto di non farlo più?"

"Ci posso pensare, ma tu non eri avversa alle promesse?"

"Ultimamente qualcuno mi ha ricordato che è bello fidarsi e che c'è ancora qualcuno sulla faccia della terra che le promesse le mantiene"

"Vedo che impari presto"

"Ho un buon maestro"

"E vedrai quante altre cose ti insegnerò"

"Non vedo l'ora"

"Tranquilla, ti sto organizzando una bella sorpresa"

"A me?"

"Mm mm"

"Di che si tratta?"

"Se te lo dico che sorpresa è?"

"Nemmeno un dettaglio?"

"Calcio!"

"Ah bhè... Adesso è tutto chiaro"

"Che fai mi prendi in giro? Porta pazienza e capirai"

"Non resisto"

"Provaci almeno"

"Ok, fino a quando devo aspettare?"

"Fino al mio ritorno"

Ogni volta che mi rispondeva così diventavo triste. Le mie giornate senza di lui erano così vuote...

Aspettavo con ansia il giorno in cui l'avrei rivisto. Quello che più mi mancava era il suo modo di parlarmi. Era sicuro, non abbassava mai lo sguardo e riusciva a trasmettere la sua sicurezza anche agli altri. Paolo mi faceva sentire più forte, era il suo modo di fare che mi metteva a mio agio. Quando lui non c'era tutto tornava a prima del suo arrivo nella mia vita. Io tornavo la ragazzina timida e insicura di sempre. Purtroppo ero uguale ai miei, come loro ero riservata e mi bastava un niente per arrossire. Mi intimidiva qualsiasi cosa, il confronto col mondo mi rendeva nervosa. Non reggevo lo sguardo degli altri, per questo evitavo di guardare le persone negli occhi. Almeno le persone che avevano su di me un certo effetto. Paolo era una di queste. Quando parlavo con lui non lo guardavo mai realmente negli occhi, guardavo oltre lui come se potessi attraversarlo. Avevo bisogno di sembrare forte, non potevo lasciare che il resto del mondo mi leggesse dentro. Mi facevo schermo da sola perché non volevo permettere a nessuno di conoscere la vera me. Quella non la conoscevo nemmeno io, era rinchiusa nel profondo. Sapevo però che da un momento all'altro sarebbe saltata fuori e forse per me sarebbe stato un grande sollievo!

Prenditi cura di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora