37. Ricominciamo da capo

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Paolo mi accompagnò alla macchina, Andrea dall'interno ci notò ma non si scompose, con le cuffie alle orecchie ci lasciò tutto il tempo necessario.

Io e Paolo ci trovammo uno di fronte all'altra, come spesso ci eravamo ritrovati sotto casa mia. Quella situazione era piacevole, familiare. Stare solo con lui, in silenzio, occhi negli occhi era sempre piacevole per me. Troppo!

In quei momenti dimenticavo tutto il resto, il mondo si fermava, c'eravamo solo io, lui e il mio cuore che batteva leggermente più veloce. Lo sentivo ovunque, fin dentro le tempie.

Quei secondi sembrarono ore.

Non eravamo capaci di staccarci eppure saremmo dovuti salire solamente in macchina.

Fu Paolo a spezzare quell'incantesimo.

-Grazie-  disse.

-E di che cosa?-  chiesi.

-Devo davvero dirtelo?-

Annuii col sorriso stampato in volto.

Lui inclinò la testa da un lato, posò le sue mani sulle mie spalle facendo bloccare il mio respiro. Le sue braccia segnavano la distanza che ci separava, ma io ormai non ci facevo più caso. Non facevo più caso a nulla. 

Ero come immobilizzata dal suo tocco, quel ragazzo aveva su di me un potere incredibile. Di fronte a lui perdevo lucidità e controllo, i suoi occhi si impadronivano dei miei, mi incantava in un certo senso. Ed era tutto terribilmente malsano.

-Allora, vediamo-  cominciò lui  -grazie per essere venuta, grazie per esserti fidata di me, grazie perché, anche se non sembrava, io ti ho osservata ed ho visto che sei stata fantastica coi ragazzi, grazie per avermi perdonato e grazie per avermi dato una seconda possibilità. Ti basta?-

-No-  dissi ironica.

Lui spostò una mano dalla mia spalla, si nascose dietro di essa in un gesto esasperato e con un movimento rapido la posò sul mio viso.

Brividi percorsero tutto il mio corpo, mi sentivo un gattinob bisognoso di andare incontro a quella mano, ma rimasi immobile, bloccata dalle tante sensazioni che mi invadevano. Tutto a causa di quel ragazzo che non sapeva cosa mi stava facendo.

-Come devo fare con te?-  mi chiese.

-Mi stavo proprio chiedendo la stessa cosa-  dissi stuzzicandolo.

Quando eravamo così vicini parlare mi risultava difficile, ma distogliere lo sguardo dai suoi occhi mi aiutava a ritrovare una certa tranquillità. Era così bello giocare con lui, in quel modo che risultava così naturale.

-Eccoci, finalmente ci riconosco-  disse.

Il mio sguardo curioso lo spinse a spiegarsi meglio  -noi siamo questi-

Sorrisi, ancora di più, con gli occhi, col cuore, con qualsiasi cosa si potesse sorridere. Senza pernsare, per una volta, di slancio lo cinsi in un abbraccio.

La mia testa sul suo petto, piccoli movimenti per trovare la posizione migliore. Mi resi conto solo allora di quanto mi fosse mancato il suo profumo e di quanto avessi bisogno delle sue mani strette intorno a me. E Paolo sapeva bene come stringermi.

Lo sentii ridere, quel suonò mi fece sentire estremamente bene. Quella risata era per me linfa vitale!

Quando si staccò da me mi lasciò un bacio sulla fronte, come fossi un bambino. Si allontanò, mi fissò per un attimo e tornò vicino per baciarmi una guancia. Mi stavo sciogliendo, ero, ancora una volta, ufficialmente cotta.

Sentii un'ondata di calore avvolgermi, stavo sicuramente arrossendo in modo imbarazzante ma non me ne curai. Mi beai di quel viso allegro, finalmente spensierato, che sorrideva. Sorrideva a me!

Prenditi cura di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora