17. Non farti illusioni

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Un rumore violento.

Uno spazio indefinito e vuoto.

Un volto.

Luca.

Lui parla, ride, scherza.

Con tutti ma non con me.

Io lo chiamo.

Luca non mi sente.

Non mi ascolta.

Voci confuse.

Sguardi nascosti.

Rumori.

Mani.

Sussulto.

Mamma!

-Piccola cosa c'è?-  mi risvegliò mamma.

-Mamma, ho fatto un brutto sogno-

-Scusami, ti ho svegliata perché ti agitavi e mi sono spaventata-

-E' stato molto meglio così-

-Ti faccio una camomilla?-

-No, lo sai che la camomilla poi non mi fa dormire-

-Dimenticavo le tue stranezze. Vuoi che ti faccia un po' di compagnia?-

-Ma mamma, non ho più 10 anni. Comunque se ti va puoi sederti un po' qua con me-

-Ah la mia bambina! Crede di essere già grande e poi sobbalza per un incubo-

-E' che ho sognato Luca e...-

-Scusami-  mi interruppe lei, accarezzandomi i capelli  - non potevo saperlo, non ci pensare più. Rimettiti a dormire, io resto qui ancora un po'-

-Dai ho capito infilati che ci stiamo-  sapevo che in fondo stava aspettando solo quello.

Si imbucò nel mio letto abbracciandomi. Aveva come al solito i piedi ghiacciati. Rabbrividii a quel contatto ma subito fui invasa da un piacevole tepore e caddi in un sonno profondo.

A svegliare me e mamma fu la voce di papà che, agitato come pochi, ci avvisò del nostro ritardo. Era davvero troppo tardi. Mi diedi una rinfrescata, indossai un paio di jeans e una felpa, afferrai una brioche e scesi ad aspettare Ste ed Eli.

Prima di unirmi ai miei compagni nel cortile della scuola raggiunsi la caffetteria, quella mattina avevo davvero bisogno di caffeina per combinare qualcosa. Col mio cappuccino caldo tra le mani raggiunsi uno dei molteplici capannelli di ragazzi che si formano davanti agli istituti scolastici prima della campanella di inizio lezioni.

Parlavamo del più e del meno quando Eli mi chiamò. Mi voltai per guardarla e notai che mi stava indicando, con piccoli movimenti della testa, l'esterno del cortile.

Spostai lo sguardo e davanti a me si materializzò la figura di Paolo.

Splash.

Le mie mani non trattennero il bicchiere di cartone.

Il cappuccino era finito tutto ai miei piedi.

"Che figura" pensai "perché devo essere sempre così imbranata?"

Mentre mi occupavo delle mie scarpe vidi la mia "visione" avvicinarsi tutto sorridente.

-Era buono?-  mi chiese indicando il liquido che un tempo giaceva tra le mie mani  -sembra che tu abbia visto un fantasma-

-In effetti è quello che mi sembra di vedere. Tu non dovevi partire?-  dissi sorvolando sul discorso cappuccino.

-Si, devo scappare. Papà mi sta aspettando in macchina però ho letto il tuo messaggio e volevo salutarti-

Prenditi cura di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora