«Allora» poggio le mani sul tavolo. «Secondo la li-» mi interrompo quando lo vedo implodere nel tentativo di soffocare l'ennesima risata. «Piantala di ridere!» gli grido contro, lanciandogli una pallina di carta addosso.
«Josh sembrava soddisfatto» borbotta il suo nome in modo buffo, tanto che cerco di serrare le labbra il più possibile per non ridere e rimanere seria.
«Che bel lavoro di merda, quello di Josh» pronuncio anche io il suo nome in modo abbastanza buffo lasciandomi cadere sulla sedia.
«Okay, ora faccio il serio» si raddrizza sul divanetto di fronte a me e incrocia le braccia al petto. Lo guardo storto e sblocco il cellulare per leggere la prossima tappa sulle note, ma appena apro bocca per annunciarla, qualcuno si strozza con il cappuccino. «Scusa, è più forte di me» ride di cuore fino ad avere gli occhi lucidi.
«Hai intenzione di rinfacciarmelo per tutta la vita?» lo fulmino, tornando al mio cellulare.
«Fin quando il nostro rapporto non si sarà ravvivato» mi prende per il culo. Brutto idiota troglodita.
«Dicevo» ringhio lasciandolo perdere. «Adesso andiamo in un bel posto» batto le mani entusiasta per poi raccogliere la giacca e alzarmi.
Lo afferro per un polso e lo trascino fuori dalla caffetteria talmente velocemente che per poco non rovescia il cappuccino a terra. «Calmati!» grida cercando di stare al mio passo, ma io procedo spedita e non lo calcolo.
«Dovremmo arrivare in una decina di minuti, se prendiamo la metro» comunico senza dare ascolto alle sue continue lamentele.
«Se cammini così in fretta ci arriviamo anche a piedi» bofonchia, ma lo trascino per le scale che portano sottoterra.
Faccio passare la mia tessera sull'aggeggio che le legge, per permettere alla gente di salire sul mezzo. «Hai la tessera della metro?» nota lui, calmandosi per un attimo.
«No, è una padella. Che cazzo di domanda è?» lo guardo storto e salgo sulla metro.
Rotea gli occhi al cielo e mi segue. «Okay, e va bene, è il tuo giorno. D'ora in poi starò zitto» fa finta di chiudere una zip sulle sue labbra e finalmente sento un senso di sollievo.
Quando parla è proprio insopportabile.
«Era ora» mi lascio sfuggire, ma lui non ribatte.
-
New York Whisper Museum. Ho sempre desiderato visitarlo. E' una di quelle gite da un pomeriggio che desideri fare, ma non hai mai l'occasione giusta da cogliere. Oggi mi è sembrato un giorno più che perfetto.
Apro la porta girevole e cerco i biglietti prestampati nella mia borsa, attenta a non muovermi troppo: il braccio di Thomas è avvolto intorno alle mie spalle e non voglio scomodarlo.
«Che cos'è questo posto?» domanda curioso, incastrando lo sguardo nel mio.
«Il museo dei sussurri» dico con tono teatrale, per poi scoppiare a ridere. «Ogni punto del museo ha un corrispondente. Da lì potrai sentire le persone dall'altro lato parlare, come se si trovassero accanto a te» spiego, mentre faccio vedere i biglietti alla cabina, in cui vengono bucati.
«Quindi se io in questo momento ti dicessi che ho voglia di saltarti addosso, quella vecchietta laggiù sentirebbe?» ridacchia, stringendomi più forte tra le sue braccia.
Lo sguardo della signora muta da un'espressione curiosa ad una più che inorridita. Arrossisco violentemente al pensiero che altri possano aver sentito e mi separo da Thomas, che resta leggermente spiazzato.
«Resta qui» gli dico. Seguo la linea tracciata a terra che segna il punto in corrispondenza a quello in cui si trova lui, in modo tale che sia l'unico a sentire. Mi appoggio al muro e faccio segno a lui di sistemarsi sul bollino. «Mi senti?» dico sottovoce.
«Forte e chiaro, tesoro» ricevo in risposta. Sorrido soddisfatta della mia scelta di visitare questo posto. «Vediamo se qualcun altro ci può sentire...» dice, prima di sussurrare: «Che giorno è?»
Attendo che qualcuno risponda, ma sembrano non aver notato nulla. Ciò significa che soltanto la persona in corrispondenza al tuo bollino può sentirti. «Fantastico» sorride furbo, per poi lasciarsi andare contro il muro. «Voglio sentire quello che dice la gente» annuncia, prima di avvicinarsi ad un altro bollino e origliare il discorso di una coppia di amici. Decido di andargli incontro.
Noto questi seguirmi con lo sguardo, probabilmente perché li sto fissando. Bisbigliano qualcosa, che Thomas chiaramente ascolta, mentre lo affianco. Arrivo troppo tardi per capire cosa si stanno dicendo, ma scorgo Thomas serrare un pugno, che rilassa subito dopo avermi vista arrivare.
«Che c'è?» domando.
«E' minorenne» ringhia ai due, che essendo sul bollino opposto riescono a sentire. Sta parlando di me?
«Pure noi» sghignazza uno dei due, dando una pacca sul petto al suo amico. Il suo sguardo scivola lungo il mio corpo, nonostante non ci sia granché da vedere. Mi avvicino istintivamente a Thomas, cercando di distogliere lo sguardo,
«Ma lei ha standard più alti» ribatte il rosso, lasciandoli spiazzati per qualche secondo. Si sono accorti che sono qui, o no?
«E saresti tu?» sibilano i due ragazzi, troppo presuntuosi, per i miei gusti. Ora basta. Chi diavolo si credono di essere? Insultano lui per avere la mia attenzione? Patetici.
Sbottono il cappotto in pelle, lasciando scoperti gli evidenti segni sul collo lasciati dal rosso appena due giorni fa'. I loro occhi lanciano saette, ma non sembrano voler mollare la presa. Così decido di ancorarmi letteralmente al torace di Thomas e lasciare che sia lui a fare quello che gli viene meglio: posa una mano sulla mia vita e l'altra leggermente più vicina al mio sedere. Sussurro un clamoroso: «Baciatemi il culo», mentre il mio dito medio si eleva verso il soffitto.
«Ah, no! Ci pensa già lui» accenno a Thomas, che sorride altezzoso, trascinandomi via.
«Razza di depravati» borbotto, mentre ci avviamo verso l'uscita.
«Ti stavano spogliando con gli occhi» soffia, serrando la mascella.
«Be', tu puoi farlo anche con le mani, quindi di che ti lamenti?» cerco di farlo rilassare, notando l'aria tesa, e riesco nel mio intento.
«Andiamo a casa?» si riprende in un nanosecondo, afferrandomi per la vita e caricandomi vivacemente sulle sue spalle come un sacco di patate. Scaccio un urletto, ma cerco di trattenermi per non disturbare la gente.
NDA
* Per quanto riguarda il museo che hanno visitato, credo che il vero nome sia "Whishpering Gallery", ma non ho voluto inserire il nome per motivi di copyright, non so come spiegarlo. E, inoltre, ho preferito dire che ogni bollino ha il suo corrispondente, dal quale si può sentire perfettamente una conversazione. In realtà, però, nella vera galleria basta posizionarsi nell'angolo opposto della sala. Ma ho comunque preferito descriverlo in questo modo, perché mi sembrava più comodo.
Volevo solo chiarire questa cosa e citare questo fantastico posticino, in caso voleste mai visitarlo ;)
ATTENZIONE EHEH - il prossimo capitolo sarà molto pervyy, told ya'
torno presto,
ELLE
STAI LEGGENDO
Il migliore amico di mio fratello
Romance[ - 𝐞𝐥l𝐞𝐧𝐧𝐞- ] "Avevamo solo una cosa in comune: passavamo i weekend nella stessa stanza in fondo al corridoio a gridare. Lui le parole delle canzoni, io gli insulti per far abbassare il volume" Mi sono sempre sentita la persona migliore per i...