59. Ti ho dato quella parte di me direttamente in mano

325 9 11
                                    

Il silenzio all'interno della mia stanza è imbarazzante. Probabilmente sto ancora tremando, nel secondo in cui abbasso lo sguardo sul pavimento. Thomas è in piedi, qualche metro davanti a me, mentre si maledice visibilmente.

Ethan, però, è quello che mi spaventa maggiormente.

Nessuno dei due risponde, alterando ulteriormente mio fratello, che si passa una mano sul viso, nervoso. «E' chiaro» dice, come se fosse ovvio. «Da quanto va avanti questa storia?» domanda semplicemente, ma sono ancora incapace di rispondere.

«Un-»

«Un giorno?» mio fratello interrompe Thomas. «Certo, ci sarai andato a letto mentre io non ero qui» esclama convinto.

«Una settimana» concludo io, in un sospiro. Non dovevo dirlo.

«Una cosa?» sbotta. «Mi stai dicendo che ti sei fatto mia sorella sotto il mio stesso tetto e non ha nemmeno avuto le palle di dirmelo?» continua ad urlare.

«Puoi smettere di parlare come se io non fossi qui?» lo fulmino.

«Senti un po' da che pulpito» scocca la lingua contro il suo palato. «Non hai niente da dire?» si rivolge completamente a me, con aria delusa. «Hai lasciato che si approfittasse di te come una stupida?» percuote le mie spalle con violenza, ma non riesco a reagire. Lo guardo semplicemente dispiaciuta, mentre i suoi occhi iniettati di sangue mi strappano il cuore.

«Ma che diavolo stai dicendo?» si intromette Thomas, avvicinandosi leggermente. Se ne pente subito, però, indietreggiando. «Cosa ti fa pensare che mi sia approfittato di lei?» chiede. Le sue narici si dilatano, facendomi pensare per un solo secondo che stia per piangere. «Non avrei mai fatto una cosa del genere, pensavo lo sapessi» continua. «Ogni volta che mi sono avvicinato, è stato perché entrambi lo volevamo.»

Mio fratello sembra rilassarsi appena, ma riprende subito a urlare. «Ogni volta? Quante volte ci sono state, scusa?»

E' incredibile. Come fa a trovare sempre un modo per incolpare le persone?

«Non è questo il punto» lo zittisco.

«Ah, allora penso che il punto dovrebbe essere, ad esempio, il fatto che lui si sia avvicinato dopo quello che ti è successo» cambia discorso.

«Sono stata io a volerlo» ribatto.

«Non cambia il fatto che avrebbe dovuto aspettare» trae un lungo respiro. «Sapeva benissimo quello che è successo la sera del ballo, ma chiaramente infilarsi nelle tue mutande era più importante» lo guarda, pieno di disprezzo. «Guarda che bel lavoro hai fatto» indica il mio corpo.

Tiro su col naso, passo un dito sul viso per asciugare le lacrime e mi raddrizzo leggermente, presa alla sprovvista.

«E' soltanto colpa tua» dice, puntando un dito al suo petto, mentre si avvicina lentamente. «Spero tu sia soddisfatto.»

Sono sicura che abbia leggermente sputato su di lui, passandogli accanto, prima di lasciare la stanza. «E tu» dice un secondo prima di oltrepassare la porta, guardandomi. «Non dirmi che non te la sei andata a cercare.»

𝄞

«Non avresti mai dovuto baciarmi, il giorno in cui ti ho medicato» sputo veleno sul suo orgoglio, costretta a distogliere lo sguardo, perché i suoi occhi spezzati mi tradirebbero. «Non ti saresti proprio dovuto innamorare di me, o qualsiasi cosa sia» continuo, incerta riguardo le mie stesse parole.

«Lo dici come se avessi previsto di farlo» una leggera risata lascia le sue labbra.

«Be', dovevi piantarla subito» ribatto, allora. «Perché sapevi dove saremmo finiti» il suo sguardo confuso mi impedisce di continuare. Quegli occhi, quei dannati abissi marroni che ti scrutano l'anima, come se fosse la sua materia scolastica preferita.

«Insieme, intendi?» domanda, mentre la voce gli si spezza e lo sguardo insiste su di me, nella speranza che mi volti a guardarlo, ma non lo faccio. «Perché non era questo volevi?» lascia cadere le mani lungo i suoi fianchi, dopo aver atteso in vano che mi facessi toccare.

«E' l'universo che sembra non volerci insieme, non io!» grido, senza saper dare una risposta vera. Il mio cervello cerca di modellare i pensieri che mi frullano in testa, ma le idee restano confuse. «Guardaci» mormoro, mentre gli occhi iniziano a bruciare. «Tu sei graffiato dentro, e non lo ammetti. A farlo ci ha pensato tua madre, per fortuna, ma tu non lo avresti mai fatto. Confidarsi sta alla base di un rapporto. Come pensavi di poter reggere tutto il dolore che ti porti dentro senza scoppiare prima o poi?» gli urlo contro, mordendomi le labbra, perché questa conversazione è troppo pesante e il mio corpo gracile non riesce a sostenerla.

Il suo sguardo si abbassa, mentre annuisce lentamente. «E io...» la voce mi si incrina, lasciandomi un senso di scoperto sulla mia pelle. Non voglio che mi veda così: insicura, ma non sono così forte da coprire le emozioni con l'orgoglio. «... Io sono completamente a pezzi» tiro su appena con il naso, gettando le braccia all'aria. «Pensavo che una persona distrutta come me avrebbe potuto prestarmi la parte rimanente di lei, per cucirla insieme alla mia e aggiustarci a vicenda. E non so con quale stupidità io mi sia convinta che quella persona fossi tu» un secondo di silenzio regna nel nostro caos interiore, ma riprendo subito a gettare parole taglienti su di lui. «Ma il fatto è che, quando rimane una parte così piccola di qualcuno, non basta a reggere due persone» prendo fiato sospirando pesantemente. «Siamo semplicemente due idioti rotti dentro, che non desiderano essere riparati» concludo, mentre cerco di ricacciare indietro una lacrima.

«Sei tu!» grida, sferrando un pugno in aria, che si schianta, però, contro il muro. «Tu per me sei abbastanza!» continua a gridare, costringendosi a dover prendere fiato. «E, io come un coglione, pensavo di esserlo per te, ma mi sbagliavo» sussurra e, nel buio di casa, riconosco una piccola scintilla provenire dal suo occhio.

«E' per questo che non ti ho chiesto di venire al ballo con me! Ed è sempre per questo che mi sono incazzato quando hai detto a Bethany che era stato soltanto un bacio!» spiega, dopo qualche secondo di attenta riflessione. «Ho sempre avuto paura di non essere abbastanza per te e quando, dopo dieci fottutissimi anni, mi hai fatto pensare che forse potevo esserlo, hai calpestato quell'ultima parte di cui avevi bisogno» conclude e, per la prima volta, oltre alla sera del ballo, una piccola lacrima rotola sulla sua guancia, segnando perfettamente la linea della sua mascella squadrata. «Pensavo glielo avessi detto» sussurra nel silenzio, la voce rotta. «Lo speravo davvero. Credevo che dopo tutto il tempo passato ad amarti in silenzio ti fossi decisa a dire ad Ethan qualcosa. E invece, piuttosto che ammetterlo, hai preferito che mi pestasse. Perché sei solo una stronza egoista.»

Questo è il momento in cui qualcosa, sotto ogni strato del mio orgoglio, attira la mia attenzione, con un piccolo e impercettibile "crack".

«Ti ho dato quella parte di me direttamente in mano e tu me l'hai messa nel culo» sibila infine, girandosi e incamminandosi verso la porta.

«E' di questo che sto parlando» bisbiglio, ad un certo punto, facendolo fermare sul posto. «Avevi bisogno di qualcuno che ti riparasse e ti sei affidato all'unica persona che è riuscita a distruggersi da sola» sospiro, e i suoi occhi si incastrano nei miei per un'ultima volta, prima di lasciare la stanza.





FINE.

sto scherzando hsbshshshshshw, ma non manca molto... sono ad un passo dal piangere fino a Pasqua. Scusate ma necessito qualche opinione. Team Ethan o Thomas?

<33

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 02, 2022 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Il migliore amico di mio fratelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora