Capitolo 2

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Quel giorno c'era un sole particolarmente caldo e le cicale cantavano tutte insieme, formando un coro altisonante, quasi fastidioso. Il cielo era limpido, di un celeste delicato e il vento leggero che soffiava fra le piante dell'orto era una mano santa che la faceva tornare a prendere fiato.

Insieme a lei c'era Matilde, una coetanea con la quale Altea era andata alle medie. Le due erano rimaste molto amiche. Matilde aveva una grande fattoria; cioè, era del padre la fattoria. Lei, insieme ai suoi fratelli, vi lavoravano tutti i giorni, producendo latte, formaggi di mucca e pecora, e carne. Le mani di Matilde, così come quelle di Altea, non erano perfettamente lisce e spesso e volentieri presentavano qualche piccola ferita, ma avevano le dita lunghe e sottili, delicate, come disegnate dalle nuvole.

Quel giorno Matilde aveva portato mezza forma di formaggio semi stagionato ad Altea, il suo preferito. In cambio lei le avrebbe dato una cesta con un misto di prodotti del suo orto, anche se Matilde non voleva mai niente in cambio; doveva quasi costringerla.

Matilde era sempre rimasta accanto ad Altea dopo la morte dei suoi genitori. A volte restava a casa con lei, anche in silenzio, a volte rintronandola di pettegolezzi ai quali Altea non rispondeva mai, ma la ascoltava, un po' distrattamente forse, però almeno le passavano le giornate. Spesso e volentieri sedevano sul letto insieme, leggendo qualche vecchio libro che Altea aveva buttato in camera sua, quella che una volta era dei suoi genitori. I libri erano sempre gli stessi, ma quando non avevano niente da fare li rileggevano volentieri. Matilde le cucinava la cena, e l'aveva aiutata anche a rimettere in piedi l'orto, finché Altea non aveva ripreso in mano la situazione rimboccandosi le maniche. Da allora non le aveva più chiesto aiuto e si era ripromessa che ce l'avrebbe fatta da sola.

Stava raccogliendo gli ultimi pomodori della stagione. Le piante erano ormai secche e ingiallite e nei prossimi giorni avrebbe dovuto toglierle per far posto a nuove colture. Allo stesso modo le melanzane e le zucchine, mentre i peperoni se la cavavano ancora bene.

«Allora, ci vieni alla festa, sabato?» le chiedeva Matilde con l'entusiasmo tipico di quel periodo dell'anno.

«Penso di sì. Non ho nulla di meglio da fare» rispose, asciugandosi la fronte con il dorso della mano. «L'unica cosa che mi infastidisce è il pensiero di vedere Luciano.»

«Ho saputo che si è fidanzato.»

Altea alzò un sopracciglio disgustata. «E chi è la povera sfortunata?»

«Non so quanto possa essere definita sfortunata.»

«Per i soldi, dici?»

Matilde annuì. Indossava una lunga gonna celestina e una camicetta a maniche corte bianca sopra. Aveva i capelli biondi, con ciocche più scure e gli occhi di un castano chiaro, tipo il cioccolato al latte. Era bella e formosa, e nonostante facesse un lavoro di fatica, teneva molto al suo aspetto e cercava sempre di essere composta e sistemata.

«Sarà anche un viscido prepotente, ma è affascinante e benestante. Molte donne gli facevano la corte.»

Altea strappò una pianta di pomodori e la accatastò vicino a delle altre. «Quanto pensi che durerà? Lo sai come è fatto Luciano. Anche se vive in città, le voci girano. Cambia una donna a sera, semmai sia vero, quindi non vedo come possa sperare di avere un rapporto stabile.»

«Altea» la ammonì Matilde, con sguardo di chi ne sa una più del diavolo. «Pensi che a donne di quel genere interessi veramente se Luciano le tradisce o no? Quando ti metti insieme a un uomo per i soldi lo metti in conto che si intrattenga con altre donne.»

«Non guardarmi come se fossi un'ingenua. Lo so questo» ribatté, piccata. «È solo che non capisco come si possa stare con una persona solo per soldi e accettare di condividere il letto con un uomo che la sera prima è stato con un'altra.»

Raccolse l'ultima manciata di pomodori e sollevò la cesta, poggiandola sul fianco destro e incamminandosi verso la casa. Matilde afferrò un lato della cesta, così la portarono insieme fino a destinazione, per poi poggiarla sul tavolo in legno che Altea aveva dentro il suo magazzino.

Si sgrullarono le mani entrambe e Altea se le passò anche distrattamente sulla gonna marrone che usava per lavorare. Ne aveva sollevato un lembo e l'aveva infilata dentro la cintola, lasciando scoperte le ginocchia. Aveva veramente troppo caldo.

Preparò la cesta a Matilde mettendovi dentro un misto tra, insalata, pomodori, peperoni, cetrioli e così via.

«Le persone per soldi fanno questo e altro, amica mia.»

«Io preferisco di gran lunga i miei abiti di seconda mano e spaccarmi la schiena nella mia terra, piuttosto che sposare un essere del genere.»

«Anche io.»

«Quindi devo sperare che stasera non ci infastidirà» suppose.

«Credo che potremo stare tranquille, sia noi che le altre ragazze.»

«Oh» sospirò. «Allora sì che ci vengo volentieri alla festa!»

«Anche perché c'è la nonna di Rosalina che fa le ciambelle fritte con lo zucchero» le ricordò Matilde, entusiasta.

Rosalina era una loro amica. La sua famiglia era rinomata per la buona cucina, infatti erano tutti particolarmente rotondi in casa, compresa Rosalina, che aveva delle gote paffute e rosse.

«Mio Dio» sussurrò estasiata Altea. «Non vedo l'ora. Vengo su a stomaco vuoto, solo per rimpinzarmi di dolciumi.»

Spettegolarono un altro po' di chi avrebbero visto quella sera. La festa attirava sempre un po' di gente; non molta, certo, ma abbastanza per rivedere un vecchio fidanzato, un ragazzo di cui si erano infatuate, un'amica che si vede di rado e così via. Era un giorno di festa in un paese dove non succedeva mai niente di eccitante, quindi, volente o nolente, anche Altea doveva ammettere che lo aspettava con entusiasmo.

Con l'aiuto di Matilde, Altea legò la cassetta dietro al sellino della bicicletta dell'amica.

«Mi sembra stabile» commentò scuotendola un po' per vedere se cedeva.

«Ora vatti a fare la doccia, sistema i capelli e metti quella gonna blu che tieni per le occasioni speciali.»

«Ma metto sempre quella alla festa.»

«Tesoro, anche io metto sempre quella rosa. Sono le uniche che abbiamo» rispose Matilde. Le due amiche risero tra loro, con complicità.

«Va bene, allora ci vediamo tra un paio d'ore in piazza.»

«Lava i capelli» le urlò Matilde mentre si allontanava in bici.

«Ma li ho lavati due giorni fa!»

«Lavali lo stesso. Non si sa mai, potremmo incontrare l'uomo della nostra vita.»

Sparì dietro la curva, lasciando un polverone di terra galleggiare a mezz'aria.

«L'uomo della vita» ripeté Altea con cinismo. «Voglio vedere se sa prendere in mano una pala.»

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora