Quando Damiano se ne era andato, alle prime luci dell'alba, lui e Altea si erano salutati sull'uscio della porta, come una coppia normale.
Dopo tanto tempo, Altea si era sporta verso di lui e gli aveva dato un prolungato bacio a stampo, non troppo lascivo, ma nemmeno troppo casto.
«Grazie» le aveva sussurrato, mentre Luigi aspettava Altea in cucina.
«Per cosa?» aveva chiesto Altea.
Damiano le aveva accarezzato il viso. Il suo profumo era accompagnato dal profumo della notte. Rugiada. Corteccia. Pino. «Per tutto» aveva detto alla fine, ma sembrava pensare ad altro. Così aggiunse: «Per il tuo coraggio. La tua testardaggine. La tua lealtà.»
Altea aveva abbassato lo sguardo, imbarazzata.
«Tu sei...»
Non trovava le parole per descrivere quanto fosse diventato importante per lei durante tutti quei mesi. Aveva imparato ad amare i suoi silenzi, la sua immobilità, la sua rabbia. Eppure c'era qualcosa che continuava a scalfirle la curiosità. Dante aveva accennato a Damiano, quel giorno nei sotterranei. Accennato al fatto che lei non lo conosceva veramente e che sarebbe stato meglio per lui non farsi trovare in quella stanza. Ma a cosa si riferiva?
Altea aveva percepito la forza di Damiano, la magia che permeava nel suo corpo. Anche Damiano aveva accennato a un lato del suo carattere particolarmente irascibile, incontrollabile, ma non le aveva mai dato modo di capire veramente di cosa fosse capace.
«Cosa?» le aveva chiesto.
Lei aveva posato gli occhi sulla sua mascella perfetta, sugli occhi profondi contornati da lunghe ciglia, le labbra carnose, le mani possenti... per un attimo, le immaginò scorrerle lungo tutto il corpo.
Lui aveva sorriso, come se avesse capito a cosa stava pensando, e la aveva accarezzato un fianco, portandola a pochi millimetri da lui. L'aveva schiacciata contro di sé e ad Altea era sembrato di sentire... qualcosa.
Poi, prima di sparire, le aveva sussurrato sul collo:
«Quando sarai pronta.»
Altea era rientrata non poco scombussolata, ancora preda dei brividi di desiderio.
Aveva preparato un tè mentre il sole sorgeva e illuminava la vallata intorno a lei. Luigi aveva ritirato su il tavolo e raccolto i ciocchi rotti con espressione a dir poco accigliata.
Ora erano seduti al tavolo, sorseggiando tè e mangiando biscotti, un vecchio pacco che era rimasto ad Altea nella dispensa, anche se dopo tutti quei giorni si erano un po' ammosciati.
Altea aveva chiesto a Luigi di spiegarle da quanto tempo fosse un cacciatore di vampiri, di raccontarle la sua storia, le sue avventure.
Mentre lui le spiegava, Altea lo ascoltava con interesse, rapita da tutto quello che le stava dicendo. Non avrebbe mai pensato che quel ragazzo, così silenzioso, potesse essere un cacciatore di vampiri.
«Creature magiche» l'aveva corretta più volte.
«Cosa intendi per creature magiche?»
Luigi sembrava soppesare la forza di Altea, come a chiedersi quanto potesse dirle o quanto lei avrebbe potuto reggere.
«Sono in ballo, ormai» sussurrò Altea, alzando le spalle. «Non credo ci sia più niente che possa sconvolgermi.»
Luigi abbassò gli occhi e sorrise. Un sorriso amaro, che sembrava dire "quanto ti sbagli" e anche ‒ con un po' di disappunto da parte di Altea ‒ "quanto sei ingenua".
Poi, dopo aver preso un lungo respiro che sembrava essere un concentrato di stanchezza di tutti i suoi ricordi, aveva iniziato a spiegare.
«Ci sono diverse creature magiche nel mondo. La magia è ciò che li rappresenta, non importa di che genere siano. Purtroppo per gente come noi, gente cresciuta in piccoli paesi, nelle periferie di città... non è facile capire. Siamo sempre un po' chiusi nelle nostre nicchie, sempre a contare gli spicci, a spaccarci la schiena per arrivare a fine mese. Non ci sogniamo neanche di viaggiare, esplorare. Di solito queste creature non vengono in posti così sperduti, però ci sono delle eccezioni. Come tu ben sai.»
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Quando cala il buio
FantasyItalia, 1960. Altea è una ragazza di ventun anni che vive in un piccolo paesino di campagna, dove la cosa più emozionante che possa succedere durante tutto l'anno è la festa di fine estate, quando ci si riunisce in piazza a mangiare pizzette e ciamb...