La bicicletta l'aveva lasciata nei pressi della chiesa quando Giuliana l'aveva portata in quel bar. Poi era salita sull'ambulanza con Rosalina, quindi per tornare da Padre Norman dovette prendere un autobus e percorrere una distanza, che di solito avrebbe fatto in una venticinquina di minuti a piedi, in massimo quindici.
Il sole era una palla di fuoco rossa all'orizzonte e ad Altea le sembrava di vederlo bruciare. Le sembrava di vedere le fiamme, le stesse che avrebbe dovuto appiccare al corpo di Dante.
A tal proposito, una volta arrivata in chiesa, aveva chiesto a Padre Norman se avesse una bottiglia di alcol. Lui gliene aveva data una nuova, che di solito usavano per disinfettare le superfici.
«A cosa ti serve?» le chiese titubante, mentre gliela porgeva.
Altea l'aveva guardato con occhi pieni di compassione e il prete aveva deciso che forse sarebbe stato meglio per lui non saperlo.
Una volta messa la bottiglia nello zaino, si affacciarono furtivamente dalla finestrella della camera di Padre Norman, osservando Padre Flavio che, proprio in quel momento, saliva sulla macchina e sfrecciava via.
Padre Norman la condusse velocemente al piano di sopra, dove era la stanza di Padre Flavio. Una volta arrivati davanti alla sua porta, estrasse da sotto la tonaca un piede di porco.
Altea gli lanciò uno sguardo sorpreso, e Padre Norman spiegò: «Non puoi nemmeno immaginare quante cose si possano nascondere sotto questi vestiti.»
Il parroco infilò il piede di porco nella piccola rientranza vicino alla serratura e fece pressione. La faccia gli divenne tutta rossa, il sudore gli imperlava la fronte calva.
Altea poggiò le mani vicino alle sue e lo aiutò a tirare. Quando la porta finalmente cedette, per poco non caddero all'indietro entrambi.
La stanza di Padre Flavio era spoglia e triste. Per lo meno, era come Altea si sarebbe aspettata una stanza di un prete di una piccola città. Niente oro o argento. Solo legno e cotone.
Mentre Padre Norman si avvicinava alla cassettiera, come se sapesse precisamente dove andare, Altea poteva sentire ogni secondo che passava il freddo scivolarle lungo le ossa, che scandiva perfettamente il tempo che scorreva imperterrito, sempre più vicino alla fine.
Al buio.
«Come immaginavo» pronunciò Padre Norman. «Chiuso.»
Altea riprese il piede di porco e con un colpo secco aprì il cassetto.
Il grosso mazzo di chiavi arrugginite era proprio lì.
Quando lo prese fra le mani... pesava. Non sapeva se era solo il peso del metallo freddo che sentiva o piuttosto, se fosse qualcosa di più. Il peso di quello che stava facendo, qualcosa che l'avrebbe segnata per sempre. Nell'anima.
Chissà cosa avrebbero pensato i suoi genitori di lei.
Chissà se Matilde la stava cercando dopo non averla vista né sentita tutto il giorno.
Chissà se sapevano di Rosalina.
Altea non l'aveva chiamata. Non voleva rischiare di incontrare nessun altro, tanto meno attirarli in quel gioco malefico che aveva messo su Dante. Sempre che lui non lo avesse già fatto.
Padre Norman la guidò alla porta che conduceva nei sotterranei. La veste gli svolazzava intorno, dandogli un aspetto etereo, nonostante fosse marrone.
Fu quando le prese le chiavi dalle mani, che una voce alle loro spalle li fece sobbalzare e immobilizzare.
«Che cosa succede qui?»
La voce roca di Padre Flavio arrivò alle loro spalle come una mano ghiacciata che gli scorse lungo la spina dorsale.
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Quando cala il buio
FantasyItalia, 1960. Altea è una ragazza di ventun anni che vive in un piccolo paesino di campagna, dove la cosa più emozionante che possa succedere durante tutto l'anno è la festa di fine estate, quando ci si riunisce in piazza a mangiare pizzette e ciamb...