Capitolo 25

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La sua immobilità la disturbava come niente era riuscito a fare prima di quel momento.

Altea camminava su e giù lungo la cucina, con i calzini imbrattati di terra, che la fecero pensare per un fugace momento a Luigi.

Ora che ci pensava, cosa avrebbe ricordato di quella sera? La cena? O Damiano aveva cancellato tutti i ricordi di quella giornata passata insieme?

Il nervosismo la stava soffocando, così aprì la finestra e con l'aria gelida che le sbatteva sulle spalle iniziò a rassettare la cucina, pulendo cose che non avevano bisogno di essere pulite, spostando oggetti qua e là solo per tenere le mani occupate, resistendo così al desiderio di strangolare quel...

La corrente gelida sparì.

«Ti ammalerai.»

Altea sbuffò e prese a massaggiarsi la fronte.

Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

«Luciano è un vampiro.»

Altea alzò la testa.

«È stato trasformato da Dante.»

«Dante?» domandò Altea con fare di scherno. «Veramente?»

Damiano era in piedi, con le braccio incrociate sul petto, rigido come una roccia. Altea dovette concentrarsi per non posare gli occhi sulle sue spalle e le sue braccia muscolose.

«Io l'ho conosciuto con quel nome.»

«Ok, allora parlami di questo Dante» disse, sedendosi con fare svogliato su una sedia.

Lui rimase lì dov'era.

«Ci siamo conosciuti in Spagna. Era un periodo buio della mia vita, avevo da poco perso la donna che amavo e che avevo visto invecchiare affianco a me. Per l'ennesima volta il mio cuore si è spezzato, e in attesa che qualcosa lo rimarginasse, ho fatto uno dei miei soliti viaggi. Quando hai troppo tempo a disposizione, alla fine non fai altro che girare in cerca di una nuova casa, qualcosa che ti faccia sentire al sicuro, completo» aggiunse, fra sé e sé.

«Quando ho conosciuto Dante eravamo giovani. Lui era spregiudicato, disinibito, irresponsabile, eccitato dal suo potere. Abbiamo vissuto in spagna per una ventina d'anni, anni in cui ho toccato il fondo.»

Un peso gravava nella sua voce al ricordo di quegli anni. Altea poteva solo immaginare le cose terribili che aveva fatto.

«Comunque, per fartela breve» continuò, andandosi a sedere sulla sedia accanto a lei. «Una sera io, Dante e altri due vampiri che si erano aggregati in quegli anni, eravamo in giro in cerca di sangue, famelici, ubriachi dal dolore, in cerca di qualcosa che provasse a placarlo. Non bastarono le donne, gli uomini, il sesso, e le droghe e l'alcol per noi sono acqua.»

Altea si irrigidì a quelle parole, ma non si scompose, lasciando che lo stomaco si attorcigliasse dentro di lei senza che la sua espressione la tradisse.

«Avevano preso di mira una coppia. Camminava tranquilla per una strada interna, probabilmente stavano tornando a casa. Li seguimmo.»

Nei suoi occhi passò un'ombra, ma non li staccò mai da quelli di lei, pronto a condividere i segreti più oscuri, come se aspettasse e sperasse che dopo quella confessione, una scure cadesse sul suo collo.

Altea non distolse mai lo sguardo.

«Io presi la ragazza, ma mi fermai. Era incinta.»

Fece una pausa, come per dare la possibilità a lei di distogliere lo sguardo imbarazzata, o magari schifata.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora