Capitolo 7

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L'autunno era entrato a pieno regime. Gli alberi erano passati da un verde acceso a tutti i colori del tramonto, dal rosso fuoco fino al giallo del sole che sta calando. Le piogge erano particolarmente persistenti e in paese iniziava a sentirsi già quell'inconfondibile odore di camino acceso che faceva venire voglia di caldarroste, thè caldo, calzettoni e cioccolata.

Le persone avevano iniziato a vestirsi con abiti pesanti e il paese iniziava ad essere sempre più deserto. Le piante di Altea dovevano crescere e in quel periodo, per guadagnare qualcosa, si dedicava particolarmente nel preparare pasti caldi per le persone e passava parecchio tempo con Sofia. I Signori Marconi, più arrivava il freddo, più lavoro avevano, di conseguenza Altea era sempre più richiesta e per lei era una fortuna, perché in quel periodo non riusciva mai a guadagnare molto, almeno finché non avesse potuto raccogliere i frutti del suo orto. Per arrotondare vendeva le uova delle sue galline e con i soldi che guadagnava dai pasti caldi e dalla famiglia Marconi, se la cavava egregiamente. D'altra parte lei era sola. Non c'era nessuno con il quale dovesse condividere i suoi guadagni, e questo per lei era sia una fortuna che un motivo per ricordarle che era sola. Che la sua famiglia non c'era più.

Quella sera arrivò in tempo in tempo davanti alla porta di casa. Appena aveva infilato la chiave, le nuvole avevano mandato giù una bella raffica di pioggia. Si chiuse la porta alle spalle e riprendendo fiato si sfilò il cappotto umido per poggiarlo all'attaccapanni.

Non vedeva l'ora di accendere il caminetto e farsi un bel piatto di minestrone. Tutte le verdure che le erano avanzate durante i raccolti le aveva fatte a pezzetti e congelate. Le sarebbero durate tutto l'inverno, dandole la possibilità di farsi dei minestroni caldi ogni volta che ne aveva voglia. In più Matilde continuava a portarle il formaggio e aveva anche le uova delle sue galline. E i legumi. Non poteva lamentarsi.

Si diresse verso la cucina, ma non riuscì a raggiungerla. Proprio quando si era convinta che non fosse vero, che era stato tutto frutto della sua immaginazione, un'ombra, la stessa di qualche settimana prima, era di nuovo nella sua cucina.

In piedi, illuminato solo dalla luce che filtrava attraverso la finestra, un uomo se ne stava lì, con le braccia lungo i fianchi, immobile.

Ad Altea sembrò gelarsi il sangue. Il suo corpo divenne di pietra e di nuovo si insinuò in lei quell'istinto di sopravvivenza che le diceva di non muoversi, di non dargli motivo di scattare, di aspettare il momento giusto.

Il silenzio era soffocante e lei sapeva che anche se avesse urlato, nessuno l'avrebbe mai sentita.

Un fulmine squarciò il cielo, e un lampo di luce illuminò per una frazione di secondo il volto di quel uomo.

Capelli lunghi fino alle spalle, scuri. Occhi neri. Sopracciglia folte. Labbra distese. Nel momento in cui era riuscita a vedere i suoi occhi che la fissavano, il ghiaccio che l'aveva gelata si sciolse e si sentì improvvisamente molle e debole. Una voce nella sua testa le urlò: «Scappa!»

Con tutta la fermezza e la velocità che possedeva, girò su sé stessa e corse verso la porta. Afferrò la maniglia, con la straziante voglia di urlare dalla paura, convita che l'avrebbe presa e squarciata come un lupo con un agnello. Non fece in tempo nemmeno ad abbassare la maniglia che questa tremò dentro la sua mano; qualcosa aveva bloccato la porta come fosse un blocco di cemento.

Era dietro di lei. Poteva sentirlo. Si schiacciò contro la porta. Le lacrime le scorrevano sul viso. Avrebbe voluto diventare invisibile e passarci attraverso. La guancia sinistra era premuta contro il legno freddo, così come il suo corpo. Le braccia schiacciate tra il suo petto e la porta, gli occhi chiusi.

Non riuscì a dire niente, solo a piangere, convinta che fosse arrivata la sua fine. Ma perché? Lei era povera, non aveva niente che potesse interessare a quell'uomo, se non la sua proprietà, che era diroccata e vecchia.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora