Capitolo 16

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La casa di Matilde era veramente grande, almeno cinque volte quella di Altea, e si sviluppava su due piani. Al piano terra c'era una enorme salone con cucina a vista. Era uno di quei tipici casali di campagna, un po' vecchio, tutto interamente in legno e pietra. Un grande camino scaldava tutto il piano terra.

La sera del ventiquattro un lungo e vecchio tavolo di legno era apparecchiato con una tovaglia rossa. C'erano ben undici posti, rispettivamente per la mamma e il papà di Matilde, Matilde, la nonna e il nonno materni, i fratelli e le due sorelle, la moglie del fratello e infine Altea.

In ordine decrescente erano Antonio, Irene, Valerio, Giulia e Matilde, che era la più piccola.

Irene lavorava in città da parecchi anni ormai. Era diventata maestra delle elementari ma non aveva ancora trovato l'amore. Era alta e sottile, indossava occhiali da vista enormi, aveva una voce dolce tanto quanto era maniacale nell'ordine.

Giulia studiava alla scuola di moda. Era in gamba, sveglia come Matilde ed emancipata. La scuola di moda costava molto, ma la famiglia di Matilde guadagnava abbastanza bene e se c'era stato da fare qualche sacrificio i suoi genitori non si erano mai tirati indietro. Era fidanzata con un ragazzo, ma Altea non ricordava né il nome né se fosse delle loro parti perché in pratica la vedeva solo a Natale, poi spariva.

Antonio era la fotocopia della mamma di Matilde. Pacato e gentile, aveva sempre una parola buona per tutti. Era silenzioso e affettuoso con sua moglie, che era incinta del primo figlio. Aveva folti capelli scuri come il padre, al quale però stavano diventando argentei. Lui lavorava con il papà, così come Valerio.

A differenza delle due sorelle, i fratelli di Matilde non avevano avuto alcun interesse ad allontanarsi da casa. Erano entrati a far parte della loro azienda, lavorando in fattoria. Valerio si dedicava più alla produzione di formaggi, mentre Antonio al bestiame.

Matilde, oltre ad essere la più piccola, era quella che ancora non sapeva cosa voleva fare della sua vita. Era quella che molti definiscono una multi-potenziale. Ogni giorno aveva un'idea diversa, una passione diversa che poi svaniva a distanza di poco tempo. Non portava a termine nulla di quello che iniziava ma era sempre felice, entusiasta della vita e maliziosa.

La tavola era imbandita di tutte le leccornie possibili. Insalata di patate, frittelle di broccoli e carciofi, timballi di pasta, arrosto, patate, cicoria di campo, verza con le arance, i formaggi che produceva Valerio... di tutto.

Altea provava un grande senso di calore, ma allo stesso tempo sentiva una certa malinconia avvilupparle il cuore. Ci sarebbero stati così bene due posti in più per i suoi genitori.

La nonna di Matilde la adorava e come sua figlia, l'aveva presa a cuore da quando i suoi genitori erano mancati. Ogni volta che la vedeva la abbracciava e le accarezzava la testa come fosse una bambina. Si preoccupava se stesse bene, se mangiasse, tanto che quella sera si era seduta proprio accanto a lei, così da poterle rimpinzare il piatto come faceva sua nonna quando era piccola.

Ogni volta che Altea finiva qualcosa, infatti, la nonna le metteva altre porzioni di pasta, di carne e di contorni. Tutti sapevano che alla Vigilia avrebbero dovuto mangiare il pesce, come voleva la tradizione, ma quello era veramente troppo caro e la nonna di Matilde diceva sempre che se la tua fede vacilla solo per aver mangiato un pezzo di carne perché non puoi permetterti altro, allora forse non è così forte come credevi. Era una donna straordinariamente moderna, nonostante la sua età. Altea conosceva donne di quaranta e cinquant'anni mentalmente molto più antiche di lei.

«Tieni Altea, assaggia questo. È un caciocavallo con dentro un limone interno. Dovrebbe sapere un po' di limone» le disse Valerio, mentre le porgeva un pezzo di formaggio dalla punta del coltello.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora