Capitolo 8

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Era metà ottobre. Il rosso era diventato marrone e gli alberi si stavano spogliando di tutte le loro foglie. Dal bosco vicino casa proveniva un intenso odore di funghi e terra. Nonostante le grandi piogge, l'orto di Altea era tutto in piedi. L'aria si era fatta fredda, così tutti avevano tirato fuori vestiti invernali, cardigan, cappelli e calzettoni.

In quel periodo Altea non faceva che mangiare zuppe calde, minestre e vellutate, ma anche patate bollite, uova e formaggio. Aveva trovato al mercato un bel grappolo d'uva e l'aveva comprata per mangiarla insieme al formaggio, magari con un po' di miele sopra.

Il camino ormai era sempre acceso e ogni tanto Luigi andava a casa sua a portarle della legna. Aveva scoperto, tramite Filippo ‒ l'ormai fidanzato ufficiale di Rosalina ‒ che Luigi, insieme al papà e al fratello, vendeva la legna. Ad Altea la portava a casa già tagliata in piccoli pezzi. Di solito ci pensava da sola a tagliarla, ma era una faticata che aveva deciso si sarebbe risparmiata, così aveva chiesto aiuto a Luigi, che con un rimorchio attaccato dietro alla sua macchina, le scaricava un tot di legna e gliela sistemava dentro al magazzino.

Aveva scoperto un ragazzo gentile e alla mano, forse troppo silenzioso, difficile da inquadrare, ma sempre disposto ad aiutare gli altri. Le faceva sempre lo sconto e non era mai inopportuno con lei.

Quel giorno il cielo era grigio, ma era abbastanza sicura che non avrebbe piovuto. Luigi aveva appena finito di scaricare e si stava chiudendo la pesante porta di legno alle spalle.

«Hai altri giri da fare?»

«Sì» rispose, infilando in tasca i guanti sporchi. «Devo andare in altre quattro case, una delle quali è quella di Rosalina.»

«Sembra che lei e Filippo siano felici insieme.»

Luigi annuì. «Sembra di sì.»

«Dici che si sposeranno? Filippo è il tipo da matrimonio?»

Luigi sorrise. «Filippo è il tipo da famiglia.»

Altea aveva saputo da Rosalina che Luigi e Filippo si conoscevano da quando erano piccoli e di conseguenza poteva immaginare quante cose avessero condiviso insieme.

«E tu?»

La guardò distrattamente. «Io?»

«Sì, tu. A te piacerebbe farti una famiglia?»

Luigi sospirò. I suoi occhi, così come le sue movenze, trasmettevano un senso di saggezza. Le dava l'impressione di essere un ragazzo che fin da piccolo aveva approcciato al mondo degli adulti, al lavoro, alla fatica e alle difficoltà. Di fatti, anche alla festa del paese, quando lo aveva conosciuto, sembrava viverla un po' dal di fuori, senza troppo entusiasmo. Le ricordava uno di quei papà che porta il figlio al parco giochi; al bambino brillano gli occhi, il papà invece guarda le cose senza vedere più la loro magia. La magia di Luigi forse si era spenta. Non era mai sorpreso, né meravigliato.

«Forse. Un giorno. Ma avere dei figli è impegnativo. È una spesa che dovrai portare avanti per molti anni.»

«Ma possono dare un mano nel lavoro, se serve» osservò Altea.

«Sì, ma se devi fare figli per farti aiutare a lavoro e non fargli vivere la loro età, è meglio cavarsela da soli.»

La sua risposta fu secca e amara.

«A te è successo questo?»

Luigi si guardava intorno, un po' distratto. Il vento gli smuoveva un po' i capelli, il volto era duro mentre la natura lo accarezzava.

«Io non ho mai giocato con i miei amici. Forse quando ero piccolo, piccolo» ricordò. «Sento ancora la voce di mio padre dirmi che devo darmi da fare, che devo aiutare, che non c'è tempo per i giochetti stupidi.» Sospirò e si girò a guardarla. «I miei compagni andavano a giocare a palla. Io invece avevo tutte le mani spaccate e piene di calli.»

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora