Capitolo 48

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Uno scricchiolio di rami spezzati proveniva dal buio oltre la foresta. Chiunque stesse arrivando non era interessato a mantenere segreta la sua presenza.

Mentre Nic rimaneva in piedi, rigida come una statua della Dea della guerra, con la mano sul manico del coltello legato alla coscia, Andrea invece andava incontro a quel rumore con passo felino, la testa leggermente piegata da un lato, gli occhi che brillavano, come pregustandosi un lauto pasto dopo giorni di digiuno.

Matilde cercava di stare al passo con Nic imitando la sua postura, ma senza riuscire a nascondere il tremore alle mani e il panico negli occhi. Altea invece se ne stava in disparte, spaventata.

Che fosse Dante?

«Luigi!»

Andrea corse verso il fratello, il viso ridotto a una maschera di sangue, la maglietta strappata sul collo e sull'addome. Prima che potesse cadere a terra, Andrea lo afferrò sul busto e lo portò fino al tavolo, dove lo fece sedere.

Nic si procurò prontamente acqua e bende con un sangue freddo che di solito non ci si aspetterebbe di vedere sul volto di una madre che ha appena visto il figlio in una maschera di sangue. Andrea esaminava il corpo del fratello, alcuni punti in particolare come collo e polsi.

Altea era con loro, ma a una ragionevole distanza, perché qualcosa dentro di lei era come bloccato. Una strana sensazione di panico le impediva di parlare, di muoversi, ma non era la stessa sensazione che aveva provato nei sotterranei della chiesa. Era qualcosa di più profondo, qualcosa che aveva già provato, ma non riusciva a ricordare quando, esattamente.

«Cosa è successo?» chiese Andrea, mentre Nic cercava di pulirgli il viso dal sangue.

«Lo abbiamo trovato» biascicò Luigi, una fitta di dolore che spezzava la sua voce.

«Dov'è tuo padre?» chiese Nic.

Altea non avrebbe saputo dire se le lacrime negli occhi di Luigi fossero per il dolore che veniva celato da tutto quel sangue o per la paura di dover rispondere a quella domanda. Le lacrime scesero mischiandosi al sangue, formando delle striscioline rosee.

«Dov'è?» insistette Nic con tono duro.

«Lo ha preso» sussurrò Luigi. Poi guardò Altea. «E ha preso anche Damiano.»

Per un attimo nel bosco scese il silenzio, solo il rumore delle bende che Nic continuava a bagnare e strizzare per pulire le ferite del figlio scandiva il tempo che passava. Lo faceva in modo meticoloso, senza distogliere gli occhi, senza tentennare alla notizia del sequestro del marito. Sembrava cercare di mantenere un certo distacco dalle sue emozioni per evitare che la travolgessero e Altea non poteva nemmeno immaginare che tipo di sforzo richiedesse una cosa del genere.

In tutto quello, Altea cercava di capire di chi stesse parlando esattamente Luigi, perché aveva nominato Damiano, ma da quello che le avevano detto, Luigi e il padre erano in viaggio per una missione. Cosa c'entrava Damiano?

Luigi non staccava gli occhi da lei, come se facendolo Altea sarebbe potuta scappare via. Erano ancorati ai suoi, anche quando digrignava i denti per il dolore il suo sguardo non vacillava.

«Spiegaci cosa è successo» ordinò Andrea con tono macchinoso.

«Lo abbiamo trovato in una struttura abbandonata a cinquantadue chilometri da qui. Ci ha preso alla sprovvista e non era solo.» I suoi occhi tornarono a guardare quelli di Altea. «C'era una veela con lui.»

Veela. Questo nome le suonava familiare. Una bella donna che si trasformava in arpia, la testa d'uccello o una cosa del genere. Glielo aveva raccontato proprio Luigi, quando le aveva svelato la sua vera identità.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora