«Quanto dura la pozione?»
«Abbastanza.»
«Come facevi a sapere...»
La strega dai lunghi e sottili capelli biondo platino guardò Andrea con un sorrisetto malizioso. «Lo sai, cacciatore, che io so sempre tutto.»
Quella giovane ed eterea ragazza tirò fuori dalla gonna una boccetta da mezzo litro di un liquido color melma. Tirò via il tappo di sughero e porse la bottiglietta a Nic.
«Due sorsate abbondanti a testa. E per te, cacciatore» aggiunse porgendo una manciata di foglie secche a Luigi, «erba del diavolo.»
Luigi la prese senza obiettare, mettendola in bocca e masticando velocemente. Le foglie secche dapprima avevano fatto un serie di scricchiolii asciutti mentre venivano spezzate sotto i suoi denti, poi il rumore era diventato compatto, come la consistenza delle foglie nella sua bocca. Doveva essere quello che Altea chiamava mappazzone.
«Sono erbe curative» disse la strega rispondendo a una domanda che Altea non aveva fatto. Almeno non ad alta voce. «Non guariscono le ferite, ma fanno sparire il dolore, come se non avessi nulla.»
«La parte negativa è che le ferite continuano a sanguinare lo stesso, solo che non te ne rendi conto. Almeno finché non è troppo tardi» si intromise Andrea.
La strega fece spallucce, la lunga chioma bionda le ricadde davanti alle spalle. «Ogni cosa richiede un equilibrio. Non puoi prendere senza dare nulla.»
Quando la boccetta arrivò a lei, Altea non riuscì nemmeno ad allungare la mano. L'odore che ne fuoriusciva era nauseabondo.
«In effetti credo che lei non debba berlo» ragionò la strega, le braccia bianche e sottili ripiegate sotto al petto in una posa delicata. «La pozione vi rende invisibili ma non nasconde rumori e odori, e Dante deve credere che stia andando tutto secondo i suoi piani, quindi è essenziale che la ragazza entri e si faccia vedere.»
La strega, che aveva scoperto chiamarsi Amelia, le tolse la boccetta di mano e la passò a Matilde, che senza esitazione, ne bevve due sorsi abbondanti.
«Perché ci stai aiutando?» chiese Altea.
Tutti si fermarono a fissarla, ma fu Luigi a rispondere. «Ti avevo detto che collaboravamo con delle streghe.»
«E tu cosa ottieni in cambio?»
La ragazza sorrise, un sorriso a metà tra il dolce e l'amaro. Quando fece per avvicinarsi a lei, Altea allungò la mano alla pistola che Luigi le aveva fissato sulla fondina ascellare. Paradossalmente, tutte quelle armi sembravano pesare più delle pietre che aveva usato fino a quel giorno per simularle.
Amelia si fermò, con le mani si aggiustava la gonna in un movimento etereo, come se questa svolazzasse intorno a lei.
«La protezione da coloro che in teoria dovrebbero cacciarmi.»
Il suo tono di voce sembrava come il sibilo di un serpente nella sua testa. La vista iniziò ad annebbiarsi, qualcosa le stava grattando dentro il cervello. Ma Amelia non perse quel sorriso da bambina malefica nemmeno quando Altea estrasse la pistola puntandogliela in mezzo agli occhi.
«Per favore, Amelia» intervenne Nic. «Non farci caso Altea. Ad Amelia piace scherzare.»
La strega fece una risatina stridula che sembrava provenire da ovunque e da nessuna parte, rimbombando fra gli alberi, come se di lei ce ne fossero mille.
«Perdonami tesoro» disse allora, avvicinandosi ancora, fino a che la pistola non le si piantò esattamente dove Altea aveva mirato. «È solo che tu mi piaci. Molto. Sono sicura diventeremo grandi amiche.»
STAI LEGGENDO
Quando cala il buio
FantasyItalia, 1960. Altea è una ragazza di ventun anni che vive in un piccolo paesino di campagna, dove la cosa più emozionante che possa succedere durante tutto l'anno è la festa di fine estate, quando ci si riunisce in piazza a mangiare pizzette e ciamb...