Capitolo 23

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Due settimane dopo, di Damiano neanche l'ombra.

Altea non sapeva cosa pensare, né tanto meno come gestire le sue emozioni che sembravano essere state infilate tutte in un frullatore e ridotte in un tremendo ammasso di ansia. Di conseguenza l'affrontava come affrontava tutto il resto; creando un muro di indifferenza, un muro rattoppato, fatto di terra e paglia, pronto a sbriciolarsi con la prima pioggia in arrivo. Ma era pur sempre il suo muro, e il suo cuore lì dietro era protetto.

Aveva ripreso a lavorare come se nulla fosse, come se non si aspettasse di rientrare una sera a casa e trovarci un morto vivente pronto ad ucciderla, stuprarla, o qualsiasi altra cosa avesse voluto fare per vendicarsi. Come se il ragazzo per il quale aveva iniziato a provare qualcosa, quello per il quale aveva deciso finalmente di aprirsi, non fosse sparito all'improvviso, lasciandola sola a galleggiare in quel mare di merda che era diventata la sua vita.

Lo sapeva. Sapeva che avrebbe dovuto resistere, mandarlo via, fuori dalla sua vita e dedicarsi al lavoro, ai suoi amici e magari valutare un possibile futuro con Luigi. In quegli ultimi giorni aveva passato davvero tanto tempo con lui, e forse proprio per quello aveva iniziato a pensare che a lei serviva un tipo come lui. Semplice, buono, gentile. Un tipo senza segreti, che respirava, che aveva fatto la sua stessa vita e che, come lei, sarebbe morto da vecchio, nel suo letto, o in mezzo a un campo.

Era così che vedeva la sua vita. Una vita presa a lavorare per mantenersi, e poi forse per mantenere qualche figlio. In mezzo ai campi con suo marito, un tipo come Luigi, una vita come quella che avevano avuto i suoi genitori, ma con un finale diverso. Non certo una vita passata ad escogitare un modo per farsi vedere insieme, per far finta di essere una coppia normale. Una vita passata a chiedersi "Mi uccideranno stasera o domani?".

Forse era proprio per il grugno che teneva che Luigi era stato parecchio insistente nell'aiutarla con la raccolta nei campi. Non le aveva chiesto niente, né perché aveva quel muso, né perché per parecchi giorni non si era fatta vedere, sembrando evasiva e distratta. Non la conosceva abbastanza bene da sapere cosa le passasse per la testa, ma era abbastanza attento da capire che qualcosa non andava. In più era sola, indifesa, e Luigi sembrava avere un po' quel fare da principe azzurro che ti salva nel momento del bisogno. Non che Altea avesse bisogno di essere salvata, ovviamente. Aveva tutto sotto controllo, o almeno era quello che continuava a ripetersi. Ci avrebbe pensato lei, non aveva bisogno di nessuno che le risolvesse le magagne che la vita le serviva sempre su un piatto di legno.

Non aveva nemmeno rinunciato al suo lavoro presso la famiglia Marconi. Sapeva che in città c'erano altri vampiri, sapeva che era pericoloso, soprattutto con Luciano in giro. Luciano... le faceva così strano pensare a lui come se fosse vivo. E lo era... o almeno era un morto vivente. Un morto vivo. Vivo anche se morto...

Era tutto così assurdo.

Luigi stava caricando sul suo camioncino ceste di legno piene di spinaci e broccoletti. L'indomani avrebbe accompagnato Altea al mercato, aiutandola a sistemare lo stand e perché no, anche a venderli.

«Ma non hai da fare con tuo padre e tuo fratello? Con questo freddo ne avrete di lavoro da fare» gli aveva chiesto.

Solo durante quelle giornate passate insieme Altea aveva notato quanto Luigi fosse forte e muscoloso. Probabilmente i maglioni che aveva indosso tendevano a nascondere il suo aspetto. Quel giorno però si era tolto quel pesante maglione di lana ed era rimasto solo con una miseria maglietta a maniche corte bianca, nonostante facessero cinque gradi. Così aveva notato i bicipiti e gli avambracci muscolosi e sodi.

Era forte, una forza dovuta dal lavoro, dal sollevare motoseghe, tronchi e sacchette di legno. Le braccia erano ricoperte da piccoli segni rossi e sottili, graffi tipici del mestiere, prodotti dallo sfregamento con le cortecce e le lame.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora