Le sue labbra erano incredibilmente morbide mentre scivolavano sulle sue. Non aveva mai immaginato il suo primo bacio, o forse sì, ma non ne aveva ricordo. L'unica cosa che sapeva in quel momento, era che le sembrava di galleggiare dentro a una nuvola, con delle gocce di pioggia che le ricadevano sul viso.
La sua lingua era stranamente fredda e avvolgente e le sue mani la stringevano fino a farle male, ma non le importava. Lo voleva, desiderava quasi fondersi con lui, semmai fosse stato possibile.
Aveva l'impressione che avrebbe potuto stritolarla da un momento all'altro ma che mantenesse una certa compostezza. I suoi movimenti erano lenti e sinuosi mentre l'avvolgeva con le braccia come fossero due serpenti. Le sembrava come di scivolare dentro alle sabbie mobili. Il suo corpo era freddo, rigido, il suo petto duro contro il suo seno.
Il loro bacio sembrò durare ore, le sue labbra erano bagnate della sua saliva. Talmente lo desiderava che ogni tanto non riusciva a resistere e gli mordeva il labbro inferiore, provocandogli dei mugolii più simili a un ringhio sommesso.
Premeva il suo corpo con quello di lei, le teneva il collo con una mano, impedendole di allontanarsi e prendere aria, ma era l'ultima cosa che avrebbe voluto. Di fatto, quando lui si staccò da lei ‒ di sicuro non per prendere aria, perché sapeva che non ne aveva bisogno ‒ protestò. Fu solo quando i suoi occhi si posarono in quelli di lui che, presa dalla paura, istintivamente posò le mani sul suo petto e lo spinse per farsi indietro. Solo di un passo, senza interrompere quel contatto, quel tanto che bastava per restare in guardia e allo stesso tempo confidare che non ci fossero pericoli, combattuta tra il desiderio e la paura.
Dapprima rimasero in uno dei loro lunghi silenzi durante i quali sembravano parlarsi con lo sguardo. Come al solito le lasciava il tempo di metabolizzare, come per farle decidere se scappare o restare.
«Che significa?» domandò con voce spezzata.
Lui non tolse mai le mani dai suoi fianchi, ma erano morbide, pronte a lasciarsi cadere se si fosse allontanata.
«Questo accade quando mi nutro. O quando sono eccitato. O ho fame» spiegò con voce roca.
«E adesso sono così perché...»
Di tutta risposta si leccò le labbra, lasciando intravedere due piccole punte bianche e affilate. Quella era una risposta più che sufficiente.
«E oltre gli occhi che diventano... così, succede altro?»
Allora lui ghignò. «Beh, qualcos'altro succede in effetti.»
Altea divenne tutta rossa e distolse lo sguardo.
«Ti fa impressione?» le domandò con tono serio.
«È... strano.»
Si riavvicinò a lui, gettandosi dentro quegli occhi del colore del ghiaccio. Erano diventati bianchi striati da venature azzurre. Un azzurro freddo, glaciale. Le venne in mente che forse erano diventati bianchi come gli occhi dei morti, ma non erano di un bianco opaco. La pupilla era nera e brillante, così come l'azzurro, che disegnava i confini dell'iride.
«Come faccio a capire quando diventano bianchi perché hai fame?»
«Spero non capiterà un'occasione del genere.»
«Perché?»
«Perché se ho talmente fame al punto da avere gli occhi in questo modo vuol dire che non potrei non riuscire a controllarmi, uccidendo la prima cosa che mi trovo davanti.»
Altea corrugò le sopracciglia. «Lo dici apposta per spaventarmi.»
Lui scosse la testa lentamente, in modo inquietante.
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Quando cala il buio
FantasyItalia, 1960. Altea è una ragazza di ventun anni che vive in un piccolo paesino di campagna, dove la cosa più emozionante che possa succedere durante tutto l'anno è la festa di fine estate, quando ci si riunisce in piazza a mangiare pizzette e ciamb...