Capitolo 13

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Il giorno dopo le sembrava di galleggiare alla deriva di una terra che in realtà non esisteva, destinata a boccheggiare fra le onde, senza mai poter poggiare i piedi a terra.

Quella mattina non aveva mangiato. Dopo essersi fatta la doccia, qualche ora prima di andare con il suo banchetto a vendere le uova e alcuni prodotti, non era riuscita a chiudere occhio. Era rimasta distesa sul suo letto che non sembrava più nemmeno il suo. Le sembrava che le pareti di casa fossero fatte di aria, ormai. Non si sentiva più protetta, né al sicuro. Le sue occhiaie parlavano chiaro.

Una cliente la dovette richiamare due volte prima che Altea si decidesse a porgerle la busta con la spesa.

«Stai bene?» le chiese.

Conosceva quella signora. Al paese si conoscevano un po' tutti. Era una vedova che abitava vicino alla piazza. Aveva due gatti. Andava a messa tutte le domeniche.

Altea annuì. Per quanto la riguardava poteva essere un fantasma anche lei.

Fece tutto quello che avrebbe fatto nella normalità. Vendita al mercato, controllare le sue piante, pulire la gabbia delle galline e dare da mangiare e il pomeriggio andare a prendere Sofia a scuola e portarla a casa. Stare con lei fino alle diciassette e trenta circa, quando sarebbe rientrato il papà dal lavoro, poi tornare a casa.

Percorse la strada del ritorno con la sensazione di stare andando in contro a un destino infausto. Si sentiva pesante esternamente, come se avesse un macigno sulla schiena, ma vuota dentro. Passò davanti allo slargo nel quale delle persone, insieme alle forze dell'ordine, si erano riunite per continuare le ricerca di Luciano. Erano quasi le diciotto e il cielo si stava tingendo di nero.

Riusciva a vedere Giulia Maria, vicina alla mamma, vestita non proprio nel modo adatto per andare a cercare un cadavere.

Solo in quel momento realizzò che lei era l'unica a sapere con certezza che Luciano era morto. E a conoscere il suo assassino, di persona.

Se quello che aveva detto era vero, quella sera avrebbero ritrovato il corpo di Luciano e quel pensiero la fece riflettere sul fatto che quell'uomo non poteva essere un fantasma. Per quanto la sua mente potesse opporsi a tutto ciò a cui i suoi occhi avevano assistito, Luciano era scomparso veramente. Era reale. Quindi quell'uomo era reale. Ma allora, come faceva a sparire in quel modo? Probabilmente avrebbe avuto la sua risposta quella sera stessa.

Di li a pochi minuti il sole sarebbe sparito definitivamente, il cielo si sarebbe fatto sempre più nero e lui sarebbe tornato da lei.

«Sei sola. Come me.» Questa frase le rimbombava in testa.

Quando arrivò nei pressi di casa sua, trovò Matilde ad attenderla davanti alla porta. Quando la vide lì, il panico si impossessò di Altea. Doveva andare via. Doveva andarsene.

Le corse incontro.

«Che ci fai qui?» domandò bruscamente.

«Sono venuta a vedere se stai bene.»

«Si sto bene, ma ora torna a casa. Tra poco si farà buio» la avvertì.

Matilde le sorrise, confusa. «Sì. Non c'è il coprifuoco.»

Altea si guardava intorno. «No, lo so. È che...»

Matilde le si avvicinò. «Ti senti bene? Vuoi che resti con te? Non vorrei che quel malvivente si rifacesse vivo ora che la sua faccia è appesa ovunque.»

Troppo tardi.

«Ma no, figurati. Sarà già scappato via» replicò. «Ora vai, non preoccuparti per me. Sono molto stanca, mi metterò subito dentro al letto.»

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora