Capitolo 47

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Altea sputò terra dalla bocca. Il peso dei sassi nella cinta e nelle fibbie ormai era diventato parte di lei, ma aveva ancora difficoltà a trovare il momento, quell'attimo perfetto che la separava tra la vita e la morte; l'attimo in cui decidi se uccidere o essere ucciso. La mamma di Luigi stava colpendo senza risparmiarsi e così stava facendo Andrea con Matilde. Probabilmente avevano passato entrambe più tempo a terra che in piedi, ma il corpo di Altea dopo quattro settimane di allenamento e cibo si era ripreso, era diventato più grosso, sodo, forte. Le sue cosce erano tornite, le spalle più grandi, i polsi più rigidi.

Erano già cinque giorni che Antonio e Luigi non c'erano. Nic aveva detto che avevano una missione da portare a termine, qualcosa che riguardava uno stregone in una città molto lontano da casa loro. Matilde aveva fatto molte domande in merito, ma Nic era stata concisa e riservata e nessuna di loro aveva più chiesto niente.

Piuttosto, avevano continuato ad allenarsi con Nic e Andrea, affinando l'arte del combattimento, imparando a usare i coltelli e i paletti. Andrea ci andava giù pesante con Matilde, ma questo non faceva altro che caricare la sua amica, portandola a rialzarsi e fare di meglio, finché la loro non era diventata una vera e propria sfida.

«Avrei potuto pugnalarti almeno quattro volte» le aveva detto un giorno Andrea, che continuava ad avere la meglio su di lei.

Matilde aveva soffiato dal naso come un toro infuriato. «Tu non mi stai insegnando, mi stai attaccando e basta.»

«È il modo più efficace per imparare. Se pensi che qualcuno di quegli esseri ti darà il tempo di rialzarti, ti sbagli di grosso» aveva risposto Andrea, con il suo solito cipiglio scocciato e arrogante.

«Tzé. Quanto sei melodrammatico.»

Il volto di Andrea si era fatto scuro, duro. Poi aveva attaccato ancora, con più rabbia, più forza, colpendo Matilde più volte mentre lei cercava di difendersi. Altea aveva notato come cercasse, nonostante la sua rabbia, di dosare la forza, di colpire dove sapeva che si sarebbe ripresa, ma alla fine a Matilde era uscito sangue dal naso. Così, presa dalla rabbia, gli aveva lanciato un coltello come le aveva insegnato Nic. Solo che il suo bersaglio questa volta era Andrea.

La lama stava per conficcarglisi in una spalla, ma lui, con un gesto fulmineo, l'aveva afferrata al volo e rilanciata contro la sua avversaria, andandosi a conficcare sull'albero dietro di lei, lasciandole un graffio sottile sulla guancia. Matilde allora gli si era lanciata addosso e i due avevano iniziato a prendersi a calci e pugni, dimenticando qualsiasi regola e tattica del combattimento. Quando Altea aveva provato ad avvicinarsi per intervenire, Nic l'aveva bloccata.

«Lasciali fare. Secondo me tra quei due c'è chimica.»

«Finiranno per uccidersi» aveva risposto Altea.

Nic aveva fatto spallucce e aveva riso.

Le giornate si erano allungate e la notte arrivava sempre più tardi e quando finalmente calava, portava con sé quell'odore di erba, fragole, pesche, fiori. Ma era aumentato anche il caldo così a fine serata Altea si ritrovava sempre zuppa di sudore.

Quella sera lei, Matilde, Nic e Andrea, avevano deciso di fermarsi a mangiare qualcosa lì. Nic aveva portato una grossa borsa che aveva svuotato sul tavolo, una volta liberato da tutte le armi.

«Quest'insalata di farro è spettacolare» stava dicendo Matilde a bocca piena.

Andrea aveva acceso un fuoco, l'unica luce in mezzo al bosco scuro, e si era seduto lì davanti, in solitudine, mentre loro tre erano rimaste sedute intorno al tavolo.

«Posso?»

Andrea non aveva risposto né alzato lo sguardo verso Altea, ma non aveva nemmeno detto no, così si sedette.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora