Capitolo 9

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La locanda dove si diressero le ragazze era in città. Ogni tanto le capitava di andarci insieme alle sue amiche, magari giusto per qualche occasione quando dovevano festeggiare un evento o un compleanno.

Percorsero la strada buia e fredda a passo rapido e il calore della locanda, quasi interamente fatta in legno, fu una gioia per le loro mani congelate.

L'interno era quasi in penombra. Le luci erano color zafferano e per lo più uomini erano seduti a tracannare birre e a spintonarsi tra loro. Ad Altea sembrò anche di riconoscerne qualcuno del suo paese.

Le ragazze si accomodarono in un tavolino quasi nascosto in un angolo del locale. Da lì Altea aveva la visuale su tutta la sala. Si tolsero i cappotti e presero le ordinazioni.

«Quattro birre e quattro amari, per favore» chiese Matilde.

Giuliana sbarrò gli occhi. «Una birra e un amaro a testa?»

«Guarda che dopo dobbiamo tornare a casa a piedi, mica volando» ironizzò Rosalina.

«A me l'amaro nemmeno piace» sussurrò Altea.

Matilde fece un gesto con la mano «Non fate le femminucce. Gli amari servono per scaldarci.»

L'ordinazione arrivò qualche minuto dopo. Altea si rese conto che avevano attirato lo sguardo di alcuni uomini, ma vide che non erano l'unico tavolo di donne nel locale. C'erano tre ragazze, non troppo lontane da loro, che avranno avuto sul tavolo almeno tre bicchieri di birre vuote a testa. Chissà se se le erano bevute tutte loro o se erano accompagnate da qualcuno.

Il legno dei tavoli del locale era ruvido e scheggiato. In alcuni punti sembrava quasi inciso, come se alcuni uomini, nel mentre che avevano bevuto le loro birre o vino o qualsiasi cosa fosse, distrattamente, con un coltellino, lo avessero graffiato.

Altea ricordava che anche il suo papà ogni tanto andava a bere con degli amici e difficilmente sua mamma lo seguiva. Giusto quando lui insisteva e la convinceva che ci sarebbero state anche le mogli dei suoi amici. In quelle occasioni, quando lei era piccola, veniva lasciata a Silvana che le preparava delle ottime cene, mentre ora era Altea che la preparava a lei.

Matilde afferrò il piccolo bicchiere dell'amaro e lo sollevò a mezz'aria. Tutte la imitarono.

«A noi. Alla nostra amicizia. Al nuovo fidanzamento di Rosalina» brindò sporgendo il bicchiere verso di lei, «e...»

«Alla speranza che anche noi possiamo trovare l'amore della nostra vita» concluse romanticamente Giuliana.

«Sì. Salute!»

Matilde aveva buttato giù il suo amaro tutto d'un fiato e le sue amiche la imitarono. Rosalina fece qualche colpo di tosse. Altea strizzò gli occhi che le presero a lacrimare per quanto era forte.

«Disgustoso» gracchiò.

Matilde si sfregò le mani, come fosse davanti a un banchetto pieno di leccornie, e afferrò la sua birra. Quella era decisamente meglio dell'amaro. Però Matilde non aveva tutti i torti; un po' sembrò come scaldarle dall'interno.

Per poter parlare e sovrastare il chiacchiericcio degli uomini che urlavano dovevano sporgersi l'una verso l'altra e quasi gridare. Ad Altea stava venendo mal di testa, ma la birra era buona e le faceva bene uscire un po' di casa e staccare da tutta la sua solita routine.

Mentre Rosalina raccontava delle sue esperienze con Filippo, Matilde diede dei piccoli colpi con il gomito nel fianco di Altea.

«Ehi. C'è un tipo che ti sta fissando da quando sei entrata» le sussurrò maliziosa.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora