Capitolo 53

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Quella stessa sera Altea e Luigi sarebbero dovuti andare al pronto soccorso, ma Damiano gli aveva fatto una proposta strana.

«Se berrete il mio sangue guarirete in pochi secondi.»

Luigi gli aveva sputato sugli scarponi.

Mentre loro discutevano, Altea, sopraffatta dalle sue emozioni, si era seduta in un angolo, indifferente della pozza di sangue e membra sulle quali aveva poggiato il sedere. L'effetto dell'erba del diavolo stava scomparendo e iniziava a sentire un certo dolore al costato, alla testa e... be', a dir la verità, in quasi tutte le parti del corpo.

Il vociare di Luigi che imprecava contro il vampiro, che di contro lo guardava in silenzio, accogliendo tutte le sue accuse senza mai abbassare la testa, sembrava perforarle il cervello.

Nic e Antonio erano corsi in ospedale perché lui necessitava di cure urgenti. Forse anche loro sarebbero dovuti andare.

«Come farete a spiegare quello che è successo al pronto soccorso?» chiese Damiano con tono neutro di chi sa di aver ragione. Se era in imbarazzo per quello che era successo di sicuro non lo dava a vedere.

Quel dannato figlio di puttana era proprio come lei.

«Incidente d'auto?» propose Matilde.

Damiano alzò un sopracciglio mentre Luigi continuava a scavare in mezzo alle armi che trovava a terra, vagliando quelle salvabili e quelle da buttare, mentre con il viso continuava a fare espressioni di dolore, digrignando i denti e strizzando gli occhi. Le ferite stavano continuando a sanguinare e per un momento Altea ebbe come l'impressione che, nonostante non volesse ammetterlo, non riusciva più a tirarsi in piedi.

La voce di Matilde fu come un richiamo per Andrea, che sembrò riscuotersi dalla sua trance di odio e piacere per posare gli occhi su di lei. Matilde si stringeva le mani tra di loro strofinandole, come se in qualche modo potesse lavare via quel sangue che in realtà l'aveva macchiata molto più profondamente. I suoi occhi erano dapprima vacui, poi si guardavano intorno con paura, poi le palpebre si chiudevano e lei inspirava una grande boccata d'aria e espirava dalla bocca per calmarsi e tutto ricominciava da capo. Finché non si avvicinò Andrea.

Le afferrò le mani con un gesto deciso, impedendole di continuare quella tortura. Altea guardava tutto come dietro una grande telecamera mentre il dolore aumentava e la vista si offuscava.

La sua migliore amica e l'assassino più letale che avesse mai conosciuto si guardavano negli occhi. Solo dopo Altea capì cosa stava facendo Andrea. Lo capì quando vide il respiro di Matilde sincronizzarsi con quello di lui, diventando regolare, finché le ombre dentro ai suoi occhi non si diradarono.

«È stata dura» le disse Andrea, sotto i borbotti e le imprecazioni di Luigi e il tentativo di Damiano di convincerlo a farsi aiutare, probabilmente per redimersi.

Matilde aveva annuito e in quel momento era stato come rivederla quando aveva dieci anni. Innocente, ignara della cattiveria che c'era nel mondo, triste come quando la mamma la sgridava perché aveva fatto qualche pasticcio o come quando il fratello le rubava i giocattoli.

«Puoi tirarti indietro se vuoi» le disse. «La prima uccisione serve anche per sapere se siamo in grado di affrontare tutto questo.»

Altea sospirò pesantemente. Stava facendo esattamente quello che aveva fatto con lei; stava cercando di farla tirare indietro.

Matilde distolse lo sguardo per pensare e i suoi occhi si posarono su Altea. Lei le sorrise come a dire che andava bene, che qualsiasi scelta avrebbe fatto sarebbe stata al suo fianco. Poi riposò gli occhi su di lui, che non le lasciava le mani.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora