Capitolo 37

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Altea non aveva capito molto chiaramente cosa diavolo stesse succedendo. Ma in un modo o nell'altro era riuscita a entrare dentro casa con Damiano.

Luigi sembrava abbastanza determinato a premere il grilletto. Altea lo guardava e non lo riconosceva. Era sempre Luigi, il ragazzo gentile, ma era anche qualcun altro. Il suo sguardo non era mai stato così determinato e minaccioso, il suo corpo duro, teso, pronto a scattare. C'era una certa consapevolezza nei suoi occhi, che quando aveva aperto la porta l'aveva investita come un'aria bollente.

Damiano non si era nascosto da lui come faceva di solito.

I due, che in quel momento erano in cucina, a separarli solo lo spazio vuoto dove una volta c'era il tavolo, ora rovesciato dall'altra parte della stanza, si guardavano in cagnesco, ma come se si conoscessero.

«Mi spiegate che diavolo sta succedendo?» sbottò Altea.

Luigi indossava un paio di pantaloni color sabbia aderenti con grandi tasche laterali, una cinta marrone alla quale era appeso da un lato quello che le sembrava proprio essere un pugnale e dall'altro... paletti?

Il fucile era sempre stretto fra le sue mani, ma puntato verso il basso.

Sopra indossava una maglietta bianca che gli lasciava leggermente scopeto il petto e sulle spalle una specie di cinghia che Damiano le disse chiamarsi fondina ascellare.

Be', a quella fondina erano appese due pistole, una su entrambe i lati.

«Luigi?» sbraitò Altea.

«Stai bene?» chiese lui, senza togliere gli occhi da Damiano.

«Sì. Sto bene. Mi spieghi tutto questo?» domandò indicando con un gesto delle mani tutto il suo corpo ricoperto di armi.

«Luigi è un cacciatore» spiegò Damiano per lui.

Quando lo disse i due si scambiarono uno sguardo colmo di odio e di qualcos'altro che Altea non riusciva a decifrare.

«Un cacciatore? Vai a caccia?»

Luigi fece un cenno del capo.

«Mmh» fece Altea, mentre passava con lo sguardo da uno all'altro. «E perché sei in casa mia con tutte quelle armi?»

Per un attimo pensò che forse voleva chiederle di andare a caccia con lei, anche se erano le... guardò l'orologio.

Le quattro di notte.

Il silenzio che caratterizzava Luigi era l'unica cosa che Altea riusciva a riconoscere di lui.

«È un cacciatore di vampiri» precisò Damiano.

Solo allora Luigi si permise di distogliere lo sguardo dal vampiro e posarlo su quello di Altea, come per valutare la sua reazione.

«Cacciatore di vampiri?» sussurrò lei. «In che senso?»

«Nel senso che il tuo amico uccide quelli come noi» ringhiò Damiano, gli occhi bianchi come la nebbia.

Luigi tornò con gli occhi alla sua preda, lo sguardo colmo di un odio che Altea non riusciva a riconoscere.

«Caccio gli assassini. Vampiri, licantropi o streghe, non mi interessa il genere.»

La sua voce era bassa, gutturale, sembrava quasi strisciare sulle pareti e avvolgersi intorno alle sue caviglie, pronta a trascinarla via in qualche buco nero.

«Licantropi e streghe?» domandò Altea guardando Damiano.

«Perché non ti ho mai percepito?» gli domando quest'ultimo, ingnorandola.

Quando cala il buioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora